Patto di stabilità, mercoledì le nuove regole Ue: la Germania riuscirà a imporre il ritorno dell’austerity?

Stefano Rizzuti

24/04/2023

24/04/2023 - 17:47

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La Commissione europea presenterà mercoledì il testo della riforma del Patto di stabilità: prevarrà la linea che garantisce maggiore flessibilità agli Stati membri o quella tedesca pro-austerity?

Patto di stabilità, mercoledì le nuove regole Ue: la Germania riuscirà a imporre il ritorno dell’austerity?

La proposta legislativa per la riforma del Patto di stabilità della Commissione europea arriverà mercoledì. “Siamo sulla buona strada”, assicura il vicepresidente dell’esecutivo comunitario, Valdis Dombrovskis. Secondo il quale serve trovare un buon bilanciamento: “Da una parte fornire più flessibilità per gli Stati membri e dall’altra parte preservare trasparenza, un trattamento paritetico e punti di riferimento comuni”.

Il testo è atteso quindi per mercoledì, poi tra venerdì e sabato verrà probabilmente discusso per la prima volta dai ministri finanziari dell’Ue a Stoccolma. L’obiettivo, ambizioso ma concordato da tutti, è quello di far entrare in vigore la riforma già dal 2024.

Si ripartirà dall’accordo raggiunto dall’Ecofin, sicuramente. La linea della Commissione dovrebbe essere quella più vicina all’Italia, ma dall’altra parte c’è chi - a partire dalla Germania e dai Paesi Bassi - non vuole cedere troppo sul fronte dell’austerità. Chi la spunterà e cosa prevederà il testo della Commissione?

Riforma del Patto di stabilità, la proposta della Germania

L’accordo dell’Ecofin sembra non soddisfare la Germania che, non a caso, ha presentato una controproposta nelle scorse settimane. Per Berlino è necessario mantenere degli obblighi prefissati sulla riduzione del debito pubblico: per l’Italia vorrebbe dire un taglio da quasi 20 miliardi di euro l’anno.

Per il governo tedesco la proposta di Bruxelles non è adeguata perché non garantirebbe una riduzione dei livelli di debito pubblico. Per questo vengono chieste “regole di spesa semplici e trasparenti”. La Germania punta a un obbligo di riduzione del rapporto debito/Pil di almeno un punto percentuale l’anno per i Paesi più indebitati, quelli che superano la soglia del 60% del Pil. Per quelli meno indebitati potrebbe bastare una riduzione di mezzo punto percentuale l’anno.

Inoltre Berlino chiede una salvaguardia ex post per garantire l’efficacia delle regole, ovvero una clausola di revisione legata all’effettiva riduzione del rapporto debito/Pil: se non ci sarà il calo, si rivedrà completamente il quadro dopo massimo quattro anni. In sostanza la Germania vuole limitare la discrezionalità per i singoli Stati membri e le eccezioni che possono essere stabilite dall’Ue, mantenendo intanto la procedura d’infrazione in caso di violazione del criterio del deficit oltre il 3% del Pil.

L’Ue ascolterà Berlino sul Patto di stabilità?

La posizione della Commissione appare abbastanza distante da quella di Berlino. Non sembra che Bruxelles possa accettare le richieste tedesche, a cui si è accodata anche l’Olanda. L’Ue sembra viaggiare in un’altra direzione, andando verso una parzialeabolizione della regola del debito.

L’idea è quella di sostituire l’obbligo vigente con un percorso su misura per ogni Stato membro. Resterebbero, probabilmente, le regole sul rapporto deficit/Pil al 3%, con un debito al 60%, ma con un approccio differenziato per ogni Paese, andando incontro soprattutto a chi è più indebitato. Un piano ben diverso da quello di Berlino, che vorrebbe regole univoche senza eccezioni e trattamenti diversi.

Patto di stabilità, la posizione dell’Italia

L’Italia è sicuramente sul fronte opposto della Germania. E certamente può trovare alleati in tutti quei Paesi che hanno un debito alto: la Grecia (vicina al 180%), la Spagna (116%), la Francia (113%) e persino il Belgio (oltre il 100%). Inoltre la media europea del debito è superiore al 90%, ben al di là del limite del 60%.

La posizione dell’Italia è sicuramente più vicina a quella della Commissione, ma è altrettanto vero che l’influenza di Roma oggi sulle decisioni comunitarie non è poi così incisiva. Pesano tutti gli scontri aperti con l’Ue: dalla trattativa sul Pnrr al Mes non ancora ratificato, dallo stop alle auto a benzina e diesel nel 2035 alle case green, passando per la questione balneari. Insomma, Roma è presa da altri dossier in Ue: siamo sicuri che riuscirà a far sentire la sua voce?

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