I Paesi Ue stanno importando sempre meno petrolio. Ecco chi ne ha comprato di più

Luna Luciano

20 Agosto 2025 - 22:50

Le importazioni di petrolio nell’Ue toccano un minimo storico. Calano i volumi, ma alcuni Paesi aumentano gli acquisti: ecco i dati e perché contano per il futuro energetico europeo.

I Paesi Ue stanno importando sempre meno petrolio. Ecco chi ne ha comprato di più

Le importazioni di petrolio nell’Europa hanno raggiunto i minimi storici. Nel giugno 2025, secondo i dati Eurostat analizzati, l’Unione Europea ha registrato un calo di circa il -10% su base annua, con un volume complessivo pari a 236 milioni di barili. Si tratta della quantità mensile più bassa mai rilevata da quando esistono statistiche ufficiali, confermando una tendenza che mette in evidenza la trasformazione in atto nel panorama energetico europeo.

In termini economici, la contrazione è altrettanto significativa: il valore delle importazioni si è fermato a 15,3 miliardi di euro, un livello che non si registrava da quattro anni e che rappresenta un calo del -27% rispetto allo stesso mese del 2024. A pesare sono diversi fattori, tra cui il rallentamento della domanda interna, la spinta verso le fonti rinnovabili e l’effetto di lungo periodo delle sanzioni e delle tensioni geopolitiche che hanno ridisegnato le rotte dell’energia.

Eppure, la dinamica non è uniforme. Alcuni Paesi hanno ridotto drasticamente i volumi, altri invece hanno incrementato gli acquisti, spesso partendo da livelli molto bassi. Per comprendere come l’Europa stia cambiando la propria geografia energetica, è fondamentale guardare da vicino chi importa meno, chi importa di più e perché.

Paesi Ue importano sempre meno petrolio: ecco perché

Il dato principale emerso dalle rilevazioni di giugno 2025 è chiaro: l’Unione Europea dipende sempre meno dal petrolio importato. La riduzione di quasi l’11% rispetto a maggio e del 9% rispetto allo stesso mese del 2024 testimonia una tendenza strutturale. Questo calo non è imputabile a un solo fattore, ma piuttosto a un insieme di dinamiche che stanno modificando il mix energetico europeo.

Innanzitutto, c’è la transizione ecologica. L’Europa ha posto obiettivi ambiziosi di decarbonizzazione e di crescita delle energie rinnovabili. La diffusione di auto elettriche, il rafforzamento delle politiche di efficienza energetica e l’incremento della produzione da fonti eoliche e solari riducono progressivamente il fabbisogno di petrolio.

Un secondo elemento è di natura geopolitica. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, le forniture energetiche da Mosca sono state drasticamente ridotte e il blocco europeo ha diversificato le fonti, privilegiando Paesi come Stati Uniti, Norvegia e Kazakistan. Questo processo ha reso l’approvvigionamento più stabile, ma anche meno dipendente dal greggio tradizionalmente importato via pipeline.

Infine, il fattore economico. La crescita rallentata in alcune grandi economie europee, insieme a politiche di contenimento dei consumi energetici, ha ridotto la domanda complessiva. A giugno, i 15,3 miliardi di euro spesi rappresentano non solo un calo dei volumi, ma anche una conseguenza del prezzo del petrolio relativamente più basso rispetto agli anni precedenti. Il quadro complessivo conferma dunque un’Europa che consuma meno greggio, in linea con i suoi obiettivi climatici e con le nuove esigenze di sicurezza energetica.

Quale Paese ha importato più petrolio nel 2025?

Nonostante la contrazione complessiva, alcuni Paesi restano protagonisti negli acquisti di petrolio. Scopriamo insieme la classifica dei primi 5 Paesi:

  • la Germania è in testa, avendo importato a giugno 2025 32,2 milioni di barili, pari a circa il 14% del totale delle forniture Ue;
  • l’ Italia è al secondo posto con 29,4 milioni;
  • la Spagna si classifica al terzo posto con 28,2 milioni ;
  • la Francia con 25,5 milioni ;
  • la Polonia, infine, con 13 milioni.

Questi cinque Paesi, insieme, rappresentano circa il 60% di tutte le importazioni del blocco. Ma perché è importante conoscere chi importa di più? Innanzitutto, perché rivela la distribuzione dei pesi economici e industriali all’interno dell’Unione. La Germania, con la sua economia manifatturiera avanzata e fortemente energivora, rimane il principale polo di consumo, e quindi di dipendenza. L’Italia si distingue invece per un incremento del 18% rispetto allo stesso mese del 2024, segnale di una domanda interna che, nonostante la transizione verde, resta sostenuta in settori strategici come trasporti e industria.

Interessante anche il caso di Paesi minori come Irlanda e Slovacchia, che hanno visto crescere esponenzialmente i loro acquisti: da quasi zero a 1,8 milioni di barili per Dublino e oltre tre volte tanto per Bratislava. Questi incrementi mostrano come piccoli mercati possano essere soggetti a forti oscillazioni legate a esigenze specifiche o a contratti di fornitura particolari. Per l’Europa, insomma mantenere un equilibrio tra riduzione dei consumi e sicurezza dell’approvvigionamento resta una sfida cruciale.

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