L’oltraggio a pubblico ufficiale è l’offesa all’onore, durante l’attività e in presenza di terzi con dolo specifico; fuori da questi casi non vi è reato.
Como, marzo 2025. Un 50enne ubriaco, blocca con la sua auto l’uscita di un parcheggio in centro città. All’arrivo della polizia, invece di calmarsi, inizia a urlare insulti e minacce agli agenti, incurante della presenza di passanti. Risultato? Denuncia per oltraggio a pubblico ufficiale e ordine di allontanamento.
Ma quali sono i limiti tra una semplice protesta e un reato? Vediamolo insieme.
Chi è il pubblico ufficiale?
E’ un pubblico ufficiale chi esercita una funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa (art. 357 c.p.) . Sono pubblici ufficiali coloro che, pur senza potere di decisione autonoma, concorrono a formare o manifestare la volontà della pubblica amministrazione, come agenti di polizia, carabinieri e funzionari statali. L’art. 357 c.p. stabilisce che:
“Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.”
Pertanto, il pubblico ufficiale è investito di una funzione che contribuisce in maniera diretta al perseguimento di interessi pubblici. Diversa è la figura dell’incaricato di pubblico servizio, disciplinata dall’art. 358 c.p. Si tratta di chi svolge un’attività di pubblico interesse senza le prerogative proprie del pubblico ufficiale. Gli incaricati di pubblico servizio non esercitano poteri autoritativi o certificativi, ma svolgono comunque compiti rilevanti per l’interesse collettivo (ad esempio: dipendenti delle società partecipate o il personale sanitario di strutture convenzionate).
La distinzione tra le due figure è di rilievo: l’oltraggio ai danni di un incaricato di pubblico servizio non integra il reato di cui all’art. 341 bis c.p., che tutela solo il pubblico ufficiale.
Cosa si intende per offesa, ingiuria e insulto?
“L’offesa consiste in qualsiasi espressione o comportamento che lede l’onore o il prestigio di un soggetto.”
Nel caso di oltraggio a pubblico ufficiale, l’offesa deve essere idonea a ledere l’onore o il prestigio connesso al ruolo pubblico esercitato, non solo la dignità personale.
L’ingiuria, prima della sua depenalizzazione avvenuta con il D.lgs. n. 7/2016, era il reato che puniva l’offesa rivolta direttamente alla persona, anche in privato. Oggi, l’ingiuria, non costituendo più reato, può dar luogo a responsabilità civile. Tale responsabilità civile (art. 2043 c.c.) può comportare l’obbligo di risarcire il danno non patrimoniale subito dalla persona offesa. Infine, l’insulto è un termine più generico che può ricomprendere tanto l’offesa penalmente rilevante quanto l’ingiuria civile, a seconda delle modalità con cui si manifesta e dell’ambito in cui avviene.
Riassumendo:
- oltraggio a pubblico ufficiale: offesa all’onore o al prestigio di un pubblico ufficiale in luogo pubblico e alla presenza di più persone.
- ingiuria: offesa diretta a una persona presente, depenalizzata, oggi rilevante solo civilmente.
- diffamazione (art. 595 c.p.): offesa a una persona assente, comunicata a più persone.
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Quando una critica o una protesta possono superare i limiti della liceità
La libertà di manifestare dissenso o critiche nei confronti dell’operato della P.A. è garantita dall’ordinamento. Tuttavia, tale libertà incontra dei limiti quando la manifestazione del dissenso travalica i confini del rispetto dovuto al pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni.
Una critica, anche aspra, è lecita se rimane circoscritta a fatti e comportamenti oggettivamente contestabili. Quando invece si passa a offese personali, insulti gratuiti o espressioni che ledono il prestigio dell’istituzione rappresentata, si entra nell’ambito della rilevanza penale e può configurarsi il reato di oltraggio a pubblico ufficiale. La valutazione circa il superamento della soglia della liceità è sempre affidata al giudice, il quale tiene conto del contesto, della forma e del contenuto delle espressioni utilizzate.
Oltraggio a pubblico ufficiale: la definizione
L’oltraggio a pubblico ufficiale è disciplinato dall’art. 341 bis c.p., introdotto dalla l.n. 94 del 2019.
Il reato consiste:
“nell’offendere l’onore o il prestigio di un pubblico ufficiale mentre questi svolge un’attività istituzionale o a causa delle funzioni esercitate, purché l’offesa avvenga in luogo pubblico o aperto al pubblico, o comunque in presenza di più persone.”
Perché si configuri il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, deve concorrere:
- offesa: è necessario che vi sia un comportamento o un’espressione che leda l’onore o il prestigio del pubblico ufficiale, non limitandosi a una semplice critica.
- esercizio delle funzioni: il pubblico ufficiale deve trovarsi nell’atto di esercitare una funzione o un servizio pubblico, o l’offesa deve essere direttamente connessa a tali funzioni.
- presenza di più persone: la condotta deve avvenire alla presenza di almeno due soggetti estranei oltre all’offeso, oppure in luogo pubblico o aperto al pubblico.
Necessità del dolo specifico
La configurazione del reato di oltraggio richiede la presenza del dolo specifico, consistente nella:
“volontà cosciente di ledere l’onore o il prestigio del pubblico ufficiale in relazione alla funzione esercitata.”
In altre parole, l’autore deve agire con la precisa volontà di offendere il pubblico ufficiale in quanto tale, ledendo non solo la sua persona, ma soprattutto il ruolo istituzionale che ricopre.
Deve emergere, anche attraverso il contesto, l’intenzione consapevole di umiliare o screditare il pubblico ufficiale nello svolgimento delle sue funzioni.
Le pene previste per oltraggio a pubblico ufficiale
Il reato di oltraggio a pubblico ufficiale è punito con la pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni. L’entità della pena viene determinata dal giudice sulla base della gravità del fatto, tenendo conto sia delle modalità dell’offesa sia delle circostanze in cui si è verificata.
È importante sottolineare che il legislatore ha previsto una forma di estinzione del reato attraverso il risarcimento del danno e il compimento di una condotta riparatoria (art. 162 ter c.p.).
Se l’imputato risarcisce integralmente il danno alla parte offesa e adempie alle prescrizioni impartite dal giudice, può ottenere l’estinzione del reato. Ciò consente, in presenza di determinati presupposti, di evitare il processo penale o di concluderlo con una sentenza dichiarativa di estinzione del reato.
Eventuali aggravanti e attenuanti
La pena per oltraggio a pubblico ufficiale può essere aumentata o diminuita in presenza di circostanze aggravanti o attenuanti. Tra le circostanze aggravanti può rientrare, la gravità dell’offesa, l’importanza del ruolo svolto dal pubblico ufficiale, lo svolgimento dell’azione (in una cerimonia pubblica).
Le attenuanti, invece, possono derivare da:
- il comportamento successivo dell’imputato, come le scuse o il risarcimento spontaneo del danno;
- l’assenza di precedenti penali;
- la minore gravità dell’offesa rispetto al ruolo ricoperto.
Il bilanciamento tra aggravanti e attenuanti incide direttamente sulla determinazione della pena finale applicata dal giudice. Il giudice procede al bilanciamento secondo i criteri stabiliti dall’art. 69 c.p., valutando comparativamente la gravità delle circostanze aggravanti e attenuanti.
Insultare un pubblico ufficiale: quando è reato?
Non ogni offesa rivolta a un pubblico ufficiale configura il reato di oltraggio.
Perché si integri la fattispecie prevista dall’art. 341 bis c.p., devono ricorrere specifiche condizioni di legge.
Non si configura reato quando l’offesa è rivolta a un pubblico ufficiale non in servizio o fuori dall’esercizio delle sue funzioni, quando il fatto avviene in un contesto privato privo di terzi o quando manca il dolo specifico, ossia l’intenzione di ledere il prestigio dell’istituzione rappresentata. In simili casi, potrà eventualmente sorgere una responsabilità civile per danno non patrimoniale, ma non si procederà penalmente.
Diventa invece reato di oltraggio l’insulto rivolto a un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, in presenza di più persone o in un luogo pubblico, e con la volontà di offenderne l’onore o il prestigio. Rientrano in questa ipotesi, ad esempio, le offese a un agente durante un controllo stradale o a un insegnante nell’ambito dell’attività scolastica.
Importanza della presenza di testimoni per dimostrare l’oltraggio
La presenza di testimoni è un elemento dirimente per la configurazione del reato di oltraggio a pubblico ufficiale.
Il requisito della presenza di più persone non solo è richiesto dalla legge, ma incide anche sulla possibilità di provare in concreto l’esistenza dell’offesa.
I testimoni possono confermare:
- che il pubblico ufficiale stava esercitando le sue funzioni;
- che l’offesa è stata percepita da più persone;
- che l’intenzione dell’offensore era effettivamente quella di ledere l’onore o il prestigio istituzionale.
In assenza di riscontri testimoniali o di altre prove oggettive, come registrazioni audio o video, dimostrare l’avvenuto oltraggio può risultare difficile.
La presenza di testimoni qualificati, pertanto, assume un ruolo centrale sia nella fase delle indagini che nell’eventuale processo.
Casi pratici di oltraggio a pubblico ufficiale
Un insulto rivolto a un agente di polizia stradale durante un controllo su strada configura il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, ai sensi dell’art. 341 bis c.p., quando avviene in presenza di più persone o in un luogo aperto al pubblico.
In una recente pronuncia, la Cassazione ha confermato:
«la condanna di un conducente che, fermato per un controllo, aveva offeso verbalmente gli agenti davanti ad altri automobilisti presenti (Cass., sent. n. 22095/2021)».
In particolare, il reato sussiste anche se l’offesa non è percepita dal pubblico ufficiale, purché sia udibile da altri presenti.
La presenza di terzi e il fatto che l’agente stesse esercitando le sue funzioni hanno reso penalmente rilevante l’offesa.
Insulto a vigile urbano dopo una multa
La Corte ha precisato che l’espressione offensiva rivolta a un vigile, mentre questi svolge attività di controllo e sanzione in strada, integra una lesione del prestigio della funzione pubblica (Cass. sent. n. 30567/2018). Non rileva il disaccordo sul provvedimento ricevuto: la contestazione deve avvenire nei limiti della correttezza formale.
Lite in ospedale: offese agli infermieri pubblici
Un altro caso riguarda gli infermieri degli ospedali pubblici. Quando l’infermiere svolge attività sanitaria in un ente pubblico, riveste la qualifica di pubblico ufficiale ai sensi dell’articolo 357 c.p.
La Cassazione ha affermato che rivolgere espressioni gravemente offensive a un infermiere durante lo svolgimento dell’attività sanitaria, in presenza di altri pazienti o personale, può integrare il reato di oltraggio (Cass. sent. n. 43330/2019).
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I consigli difensivi dell’avvocato
In caso di fermo o richiesta di dichiarazioni da parte delle autorità, è fondamentale astenersi dal parlare senza la presenza dell’avvocato di fiducia. Anche dichiarazioni apparentemente innocue possono essere utilizzate nel procedimento penale. È sempre opportuno chiedere espressamente di essere assistiti da un difensore prima di rilasciare qualsiasi dichiarazione, esercitando un diritto fondamentale previsto dal codice di procedura penale.
Registrazioni ambientali: sì o no?
Qualora sia possibile documentare la scena mediante testimoni, telecamere o registrazioni ambientali, è consigliabile procedere immediatamente. L’attivazione discreta della registrazione audio del cellulare, soprattutto in luoghi pubblici, può costituire un valido supporto difensivo. Pur non essendo sempre utilizzabile in giudizio, tale documentazione può risultare utile per ricostruire fedelmente il contesto e distinguere tra un’offesa grave e una semplice protesta animata.
Conciliazione preventiva con l’autorità
In presenza di fatti di non elevata gravità, è spesso conveniente tentare una conciliazione preventiva, ad esempio mediante scuse formali o risarcimenti simbolici. Un’iniziativa spontanea di riparazione, anche prima dell’interrogatorio, può favorire l’estinzione del reato ai sensi dell’art. 162 ter c.p., migliorando sensibilmente la posizione dell’indagato.
Puntare su contesto e intenzione
Nel reato di oltraggio, la legge richiede il dolo specifico, ovvero la volontà di ledere l’onore istituzionale del pubblico ufficiale. È essenziale, quindi, insistere sulla concitazione del momento e sull’assenza di volontà deliberata. Un’adeguata difesa potrà richiamare eventuali stati emotivi alterati, come stress o ansia, per escludere l’elemento soggettivo richiesto dalla norma.
Testimoni neutrali: meglio dei familiari
La credibilità dei testimoni è un elemento centrale: risultano più efficaci i testimoni estranei ai fatti, come passanti o negozianti, rispetto a familiari o amici. È utile identificare tempestivamente tali soggetti e, se possibile, ottenere una loro dichiarazione scritta che descriva quanto osservato.
Negare il dolo specifico
La difesa può puntare sull’assenza di dolo specifico, dimostrando che l’insulto non era finalizzato a ledere il prestigio istituzionale ma era frutto di un’alterazione emotiva momentanea. In questi casi, può essere richiesta una perizia psicologica o prodotti referti medici che attestino condizioni di stress o ansia acuta.
Contestare il requisito della «presenza di più persone»
Affinché si configuri il reato di oltraggio, l’offesa deve avvenire in presenza di più persone. Se l’episodio si è svolto in un contesto ristretto, alla presenza esclusiva di agenti senza veri terzi estranei, è opportuno contestare questo requisito, analizzando registrazioni e rapporti di servizio.
Minimizzare la portata lesiva delle parole
Non tutte le espressioni dure costituiscono reato. È importante contestualizzare il linguaggio utilizzato, evidenziando un tono colloquiale o una bassa gravità intrinseca delle parole pronunciate. La difesa può richiamare il principio secondo cui l’amministrazione pubblica è tenuta a tollerare manifestazioni di dissenso che, pur accese, non siano sistematicamente offensive.
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