I posti a concorso per studiare medicina saranno disordinati: il MIUR ignora la normativa e sbaglia conteggi e distribuzione. Protestano i professionisti del SSN. Cosa succede?
I posti a concorso per studiare medicina all’Università sono stati decisi dal MIUR per numero e distribuzione senza considerare le indicazioni del Ministero della Salute, ignorando i dati inviati dal comparto Sanità sul fabbisogno occupazionale delle singole regioni e presidi del SSN.
Collegi e associazioni di lavoratori del SSN come Conaps e Ipasvi hanno infatti contestato la ripartizione del MIUR, ricordando che esso non è l’ente preposto dalla normativa a ripartire i posti a concorso per diventare un professionista sanitario, medico, odontoiatra o tecnico.
Il famigerato test di medicina non sarà la sola preoccupazione per i futuri lavoratori della Sanità, dato che anche le opportunità di preparazione e l’effettiva possibilità di frequentare non devono essere sottovalutati.
Vediamo quali problemi sono stati riscontrati sui posti messi a concorso per studiare medicina e in cosa avrebbe sbagliato il MIUR.
Il fabbisogno del personale sanitario: i posti a concorso devono combaciare
I posti messi a concorso per studiare medicina all’Università hanno mutato quadro geografico, disegnando una mappa senza l’approvazione del Ministero della Salute, delle Regioni e dei sindacati. Il numero e la distribuzione dei posti disponibili non sembra corrispondere al fabbisogno occupazionale del SSN.
Il Decreto Legislativo 502/1992 prevede dei criteri specifici per l’identificazione del fabbisogno del personale sanitario, criteri scanditi nell’Art. 6 ter cui sindacati e federazioni si appellano contro l’iniziativa del MIUR.
Sono gli organi della Sanità deputati al monitoraggio a trasmettere i dati al Ministero della Salute per elaborare una stima dei posti a concorso per accedere al corso di Laurea in Medicina. Essi devono infatti corrispondere al fabbisogno del personale sanitario espresso a livello regionale, in base all’utenza dei presidi ospedalieri.
L’Art. 6 ter del Decreto Legislativo 509/1992 prevede che sia la Federazione Nazionale degli Ordini di Medici Chirurghi e Odontoiatri congiunta con le altre rappresentanze dei lavoratori della Sanità a trasmettere i dati entro il 30 aprile di ogni anno per garantire alla macchina organizzativa di funzionare.
I posti a concorso imposti dal MIUR valgono ovviamente per i corsi di Laurea in Medicina, da qui la citazione al temuto test di ingresso, ma anche per le professioni sanitarie e per i corsi di laurea in Odontoiatria.
Così come posta, la situazione per l’anno accademico 2017/2018 si prevede più che confusionaria.
Dettagli sui posti a concorso: la distribuzione geografica è scorretta
Il Decreto 509/1992 specifica che la responsabilità dell’affidamento dei posti disponibili è del dicastero della Sanità, non vi è riferimento al MIUR. Malgrado si tratti di Università, la speciale condizione degli atenei di medicina rende l’organizzazione più complessa, in quanto presidi del SSN.
La distribuzione dei posti messi a concorso per l’anno scolastico 2017/2018 difetta di armonizzazione a causa dell’iniziativa solitaria del MIUR, che ha stabilito il numero dei posti messi a concorso senza l’ausilio degli organi deputati al monitoraggio del fabbisogno occupazionale in Sanità.
I posti a concorso delle professioni sanitarie con riferimento alla classe di Radiologia possono fornire un esempio: il MIUR ha imposto 750 posizioni senza tener conto del fabbisogno regionale, tanto che in Lombardia sono stati assegnati 73 posti contro i 130 richiesti.
Alessandro Beux, presidente della Federazione Nazionale responsabile della radiologia medica ha giustificato il MIUR ipotizzando la volontà di premiare gli atenei più virtuosi. Tuttavia, ciò non giustifica la violazione della normativa.
Non si tratta soltanto di insegnamento, ma del SSN: la confusione che si creerà non gioverà alle prestazioni della nostra Sanità già sfiancata da revisioni, tagli e carenza endemica di personale.
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