Non solo debito pubblico: l’Italia ha un problema da 123 miliardi sui crediti alle imprese

Violetta Silvestri

28 Novembre 2022 - 13:04

Italia e debito aziendale: perché può esplodere un altro problema per il nostro Paese, oltre a quello dei conti pubblici? Il tema sono i crediti a garanzia statali alle aziende, dal valore di 123 mld.

Non solo debito pubblico: l’Italia ha un problema da 123 miliardi sui crediti alle imprese

L’Italia e i suoi conti pubblici ancora nel mirino degli esperti: non solo debito pubblico, c’è anche un problema di credito alle imprese. Di cosa si tratta?

L’analisi è di Bloomberg e si sofferma su un tema importante: mentre in gran parte di Europa si stanno riducendo i prestiti garantiti dallo Stato elargiti ai tempi della pandemia, le aziende italiane ancora ne stanno beneficiando. Questo complicherà gli sforzi del governo per aiutarle a superare l’ultima crisi legata all’aumento vertiginoso dei costi energetici.

Il punto è il seguente: le società italiane avevano un record di 123,2 miliardi di euro di linee di credito statali dell’era Covid ancora in essere al 30 giugno, rispetto ai 118 miliardi di euro del trimestre precedente, secondo un rapporto dell’Autorità bancaria europea pubblicato il mese scorso. Il Belpaese è quello con più debito garantito dal governo ancora da rimborsare nella zona euro.

La questione ha posto un interrogativo ad alcuni analisti: come e fino a che punto il Governo può continuare a sostenere le aziende ora alle prese con costi più elevati, soprattutto delle bollette energetiche, in un contesto economico in rapido rallentamento? Cosa rischia l’Italia.

L’Italia e il debito delle imprese: cosa può succedere?

Stefano Caselli della Bocconi School of Management di Milano ha parlato chiaramente in un articolo di Bloomberg: qualsiasi ulteriore sostegno alle imprese sotto forma di debito non fa altro che aggravare la situazione, lasciandole con strutture aziendali fortemente indebitate che potrebbero diventare insostenibili se entrate e profitti venissero colpiti in un contesto di frenata del Pil.

“Siamo come su un ghiaccio molto sottile...Se il sistema entra in recessione e le tensioni sui prezzi dell’energia restano alte, il debito delle imprese diventerà un problema”, ha detto l’esperto.

I prestiti pandemici garantiti dallo Stato sono stati concessi nel 2020, quando il coronavirus ha causato interruzioni improvvise e diffuse alle imprese di tutto il mondo e le aziende avevano urgente bisogno di fonti di liquidità a basso costo.

Tuttavia le cose ora sono cambiate e, in un’era di tassi d’interesse più alti e di rallentamento della crescita, molte aziende italiane stanno scoprendo che i prestiti sono difficili da sostituire o rimborsare. Alcuni addirittura non riescono a soddisfare le condizioni allegate ai loro prestiti.

Ad esempio, l’azienda di giocattoli Giochi Preziosi, stando a quanto affermato da Bloombeg, nel 2020 ha ottenuto dalle banche un prestito di 85 milioni di euro, il 90% dei quali è stato garantito dallo Stato. All’inizio di quest’anno, non era in grado di rispettare i covenants collegati alle linee di credito, secondo il suo ultimo rapporto annuale. La società ha anche segnalato potenziali rischi per le sue operazioni derivanti da una prolungata recessione.

“Guardando indietro a quanto è stato fatto negli anni del coronavirus, ciò che è mancato è stata la convinzione di intraprendere un percorso di capitalizzazione per le aziende, fornendo loro, invece, nuovo debito”, ha affermato Caselli. “Il problema con il debito societario italiano è la scarsità di mezzi propri nei bilanci”.

Italia e resto di Europa: le nostre aziende le più indebitate?

Secondo l’articolo, la garanzia statale italiana ha coperto tra il 70% e il 90% delle nuove linee di credito.

Il nostro Paese ha la percentuale più alta coperta dalla garanzia statale, ovvero l’84,8% del totale dei prestiti emessi contro il 78,9% e il 65,8% rispettivamente di Spagna e Francia, secondo il rapporto EBA. Complessivamente, Italia, Spagna e Francia rappresentano circa il 90% dei prestiti garantiti dallo Stato ancora in essere in tutta l’Ue.

Il punto è che sono state offerte garanzie alle società di tutto lo spettro del credito, anche a quelle con rating spazzatura. Le banche erano disposte a fornire linee di credito sapendo che sarebbero state coperte per una grande maggioranza dallo Stato. Intesa Sanpaolo, UniCredit e Banco BPM SpA sono tra le banche con le maggiori esposizioni.

Cosa accadrà ai debiti societari?

La domanda chiave è quando e come verrà ripagato tutto questo debito.

“C’è un crescente riconoscimento da parte dei Governi che alcuni di questi prestiti dovranno essere ristrutturati, il modo più semplice è estendere le scadenze”, ha affermato Justin Holland, amministratore delegato di DC Advisory.

In Italia, tali prestiti hanno una posizione elevata nella struttura del capitale, il che significa che hanno una priorità di pagamento rispetto ad altri debiti in uno scenario di ristrutturazione. Ci sono state proposte da parte di esperti sullo sviluppo di un quadro per il loro trattamento in caso di deterioramento, ma finora non esiste una politica concreta, ha affermato un avvocato specializzato in ristrutturazioni con sede a Milano.

I due soggetti che rilasciano le garanzie, SACE e Mediocredito Centrale, non sono attrezzati per gestire eventuali crediti deteriorati. CosìAMCO-Asset Management, di proprietà del Ministero delle Finanze italiano, sta lavorando a una piattaforma chiamata Progetto Glam attraverso la quale le banche possono scaricare i prestiti garantiti all’agenzia di gestione del debito. Il progetto deve ancora essere finalizzato.

C’è da dire, comunque, che la maggior parte del debito garantito dallo Stato scade dopo il 2024, secondo un rapporto separato dell’EBA.

Siamo in un momento di tensione, i tassi di interesse stanno salendo e stiamo entrando in un periodo in cui la pressione sulle imprese continuerà a crescere e in cui la componente finanziaria peserà di più, ha dichiarato Carlo Massini, partner milanese di Hogan Lovells. “Per ora, non c’è un allarme immediato quando si tratta di rimborsi”.

Ma l’Italia dovrà prima o poi affrontare la questione.

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