Ecco cos’è successo a questa azienda, perché è stata multata e cosa prevede la legge in questi casi.
Chi assume dei dipendenti deve assicurarsi di conoscere molto bene la legge e soprattutto di rispettarla, rischiando altrimenti sanzioni elevate. Non c’è soltanto il diritto del lavoro da considerare, ma anche la normativa in materia di privacy, che di recente è costata una multa salatissima. Un’azienda spagnola è stata condannata al pagamento di ben 70.000 euro, soltanto per aver aggiunto una dipendente a un gruppo WhatsApp aziendale. Può sembrare una violazione di poco conto, ma il corretto trattamento dei dati personali è un aspetto piuttosto serio e meritevole di tutela. Certo, la cifra è indubbiamente importante, ma tanto ha stabilito l’Agenzia spagnola per la protezione dei dati (Aepd) nonostante le contestazioni dell’azienda. Scopriamo cos’è successo e cosa prevede la legge.
Multa da 70.000 euro per aver aggiunto una dipendente a un gruppo WhatsApp
L’Agenzia spagnola per la protezione dei dati ha multato un’azienda di cosmetici per aver aggiunto una dipendente a un gruppo Whatsapp aziendale. Al giorno d’oggi quasi tutti sono inseriti, proprio malgrado, in vari gruppi per le comunicazioni più disparate. Un’abitudine diffusa di cui molti si lamentano, pensando soprattutto al fastidio delle notifiche e all’eccesso di messaggi, ma quasi mai alla privacy. Il numero di telefono è in realtà appartenente alla categoria dei dati personali e come tale deve essere trattato nel rispetto della riservatezza e dei diritti dei cittadini. Un punto in comune alla maggior parte degli ordinamenti, specialmente europei, come notiamo con questo caso spagnolo. Proviamo però a riassumere gli eventi per comprendere al meglio l’accaduto.
L’azienda protagonista della vicenda avrebbe dovuto fornire al personale un cellulare aziendale con annesso numero di telefono, affinché i dipendenti potessero farne uso per motivi di lavoro. In particolare, il telefono era necessario per comunicare con i clienti e i colleghi, ma anche ricevere indicazioni dai vertici aziendali. A causa di un importante ritardo nella consegna, tuttavia, è stato chiesto al personale di utilizzare temporaneamente il proprio cellulare personale. Una richiesta che il dipendente in questione ha accolto, almeno fino all’inizio delle ferie. Poco prima delle vacanze la lavoratrice ha informato l’azienda che non avrebbe più acconsentito all’uso del proprio cellulare personale per ragioni lavorative.
La dipendente ha in particolare comunicato che avrebbe continuato a utilizzare il numero privato per continuare a dialogare con i clienti che già lo avevano, restando anche disponibile a essere contattata in caso di necessità aziendali, ma ha negato il numero a nuovi clienti. Contestualmente, dopo qualche giorno dal preavviso, la donna si è rimossa da alcuni gruppi Whatsapp di lavoro di cui faceva parte. Nonostante ciò, pochi giorni dopo è stata aggiunta a un nuovo gruppo Whatsapp aziendale “senza preavviso o comunicazione al riguardo”.
Alla fine, è stata tolta dal gruppo contestualmente alla cessazione del rapporto di lavoro, ma la violazione non è stata comunque perdonata dall’Aepd, che ha comminato una multa salatissima nonostante il tentativo di difesa dell’azienda. Ciò che è contato, alla fine, è che la lavoratrice non avesse dato il suo consenso all’inserimento nel gruppo, il quale ha esposto il numero di telefono a molte altre persone.
Non puoi aggiungere le persone nei gruppi Whatsapp senza consenso
La vicenda può sembrare curiosa, ma anche gli italiani devono sapere che non è possibile aggiungere le persone nei gruppi Whatsapp senza il loro consenso. Il Gdpr vieta severamente questa violazione della riservatezza e dei dati personali, con conseguenze maggiori proprio per le aziende e in generale tutti gli operatori con scopi commerciali o professionali. A questi ultimi non si applica infatti la cosiddetta “esimente domestica”, che evita le sanzioni per violazione della privacy agli utenti privati per scopi personali. Resta comunque la possibile azione civile per la rimozione, la cancellazione e l’eventuale risarcimento del danno.
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