Uno sguardo al 2026 dei mercati tra outlook macro, ciclo presidenziale USA, limiti dei cicli storici e le diverse letture di Buffett, Dalio e Kiyosaki, senza fare pseudo-previsioni.
Ogni fine anno i mercati cercano un nuovo totem. Ieri era il “pivot” delle banche centrali, oggi lo sguardo è già puntato sul 2026. Report patinati, frasi ad effetto e scenari colorati riempiono le presentazioni, ma dietro la sovrastruttura di storytelling resta una domanda molto semplice: che cosa possiamo dire del 2026 usando solo ciò che è davvero misurabile, documentato e verificabile, evitando di trasformare opinioni in certezze travestite da numeri?
Il contesto reale: cosa sappiamo oggi su macro e mercati
Il primo punto fermo è che non esiste – né può esistere – una previsione “ufficiale” e univoca sul 2026. Le grandi banche d’affari pubblicano regolarmente outlook e scenari, ma si tratta sempre di intervalli probabilistici, non di promesse. Alcuni documenti più recenti hanno iniziato a spingersi esplicitamente al 2026, soprattutto sugli Stati Uniti e sui mercati azionari globali, ma con toni molto diversi: da un lato c’è chi immagina un proseguimento del ciclo rialzista, sostenuto da utili legati agli investimenti in intelligenza artificiale e da politiche economiche relativamente favorevoli; dall’altro non mancano analisi che insistono sul fatto che le valutazioni non sono più “a saldo” e che il profilo rischio/rendimento è meno generoso rispetto al passato. [...]
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