Maxi multa da €3,5 milioni per Armani. La società incredula

Giorgia Paccione

1 Agosto 2025 - 16:24

L’Antitrust multa Armani per pubblicità ingannevole legata alla responsabilità sociale. Il gruppo respinge le accuse: “Sanzione ingiusta, faremo ricorso al TAR”.

Maxi multa da €3,5 milioni per Armani. La società incredula

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha inflitto una sanzione da 3,5 milioni di euro a due società del gruppo Armani. Giorgio Armani S.p.A. e G.A. Operations S.p.A., per pratica commerciale scorretta, ritenuta in violazione del Codice del Consumo.

Secondo l’Antitrust, tra aprile 2022 e febbraio 2025 le società avrebbero veicolato messaggi fuorvianti relativi alla responsabilità sociale d’impresa, dando ai consumatori un’immagine non corrispondente alla realtà delle condizioni di lavoro nella propria filiera produttiva.

Nel mirino dell’Autorità sono finite alcune dichiarazioni presenti nel codice etico aziendale, nei documenti pubblicati sul sito Armani Values e nelle comunicazioni promozionali del brand, in cui veniva esaltato l’impegno del gruppo per la tutela dei lavoratori e per pratiche sostenibili. Tuttavia, le risultanze istruttorie hanno portato l’AGCM a ritenere tali affermazioni “non veritiere e presentate in modo non chiaro, specifico, accurato e inequivocabile”, poiché in contrasto con le condizioni riscontrate presso i fornitori e subfornitori.

La decisione è arrivata anche grazie a un esposto presentato dal Codacons nell’aprile 2024. L’associazione aveva denunciato una serie di criticità che avrebbero configurato una violazione della concorrenza e una forma di pubblicità ingannevole a danno dei consumatori, legata a salari sotto i minimi contrattuali, mancanza di dispositivi di sicurezza, orari fuori norma e contributi non versati.

Le accuse dell’Antitrust contro Armani

Uno degli elementi più gravi emersi durante l’indagine riguarda l’esternalizzazione della produzione da parte di G.A. Operations, in particolare per borse e accessori in pelle. Secondo l’Antitrust, la società si è affidata a fornitori che, a loro volta, hanno coinvolto subfornitori privi di adeguati standard di sicurezza e legalità. Le indagini hanno messo in luce ambienti di lavoro definiti come “al limite dell’accettabilità”, con operai senza formazione, né visite mediche obbligatorie e condizioni igienico-sanitarie precarie.

L’AGCM ha sottolineato che mentre l’azienda faceva leva su claim come “le persone e la salute vengono prima di tutto” o “etica ed estetica coincidono”, in realtà tollerava, o non controllava efficacemente, pratiche fortemente lesive della dignità dei lavoratori. In un caso, è stata rilevata la presenza ricorrente di un dipendente Armani all’interno di un laboratorio subfornitore, a testimonianza, per l’Autorità, della consapevolezza da parte dell’azienda sulle criticità presenti.

Il caso rientra in un filone più ampio di attenzione istituzionale alla filiera del lusso, già emerso nel 2024 con la decisione del Tribunale di Milano di disporre l’amministrazione giudiziaria per G.A. Operations, seppur limitatamente ai rapporti con i fornitori. In quell’occasione, era emerso un “sistema strutturato volto all’abbattimento dei costi tramite il ricorso a manodopera sfruttata”, in contrasto con i principi etici dichiarati.

Il ruolo del Codacons e le ripercussioni per i consumatori

Il Codacons, promotore della segnalazione accolta dall’AGCM, ha ribadito la gravità del comportamento delle società sanzionate. “I consumatori spendono cifre elevate per prodotti che, sulla carta, dovrebbero rappresentare l’eccellenza, ma le reali condizioni di produzione raccontano un’altra storia”, afferma l’associazione.

La contraddizione tra l’immagine etica del marchio e la realtà dei fatti avrebbe, secondo il Codacons, alterato la libera concorrenza tra aziende e indotto i clienti a effettuare acquisti sulla base di informazioni non veritiere. Un danno duplice, dunque, per chi opera correttamente sul mercato e per i consumatori finali.

La risposta del gruppo Armani: “Decisione che ignora i nostri sforzi”

Il gruppo Armani ha reagito con durezza alla decisione dell’Antitrust. In una nota ufficiale, Giorgio Armani S.p.A. ha espresso “amarezza e stupore” per una sanzione considerata ingiustificata, annunciando l’intenzione di impugnare il provvedimento davanti al TAR.

La società contesta anche il metodo con cui è stata condotta l’istruttoria:

Durante tutta l’indagine, durata un anno, Armani ha risposto a tutte le richieste dell’Autorità, senza tuttavia avere la possibilità di instaurare un rapporto costruttivo finalizzato a far comprendere compiutamente le ragioni della propria posizione.

Secondo il gruppo, l’Antitrust avrebbe inoltre ignorato un elemento chiave, ovvero la revoca anticipata, da parte del Tribunale di Milano, dell’amministrazione giudiziaria di G.A. Operations. Il decreto, come evidenzia l’azienda, ha riconosciuto i progressi compiuti nella strutturazione e nel rafforzamento dei controlli sulla filiera, giudicando “già operativi” sistemi di controllo efficaci.

Nel frattempo, Armani ha avviato un piano di revisione della supply chain: razionalizzazione dei fornitori, cessazione dei rapporti con partner a rischio, implementazione di una piattaforma digitale per la tracciabilità e rafforzamento degli audit ESG. Tuttavia, per l’Autorità garante, tali interventi sono arrivati solo dopo le inchieste e, quindi, “a nulla valgono codici etici e certificazioni se non seguiti da controlli efficaci”.

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