Materie prime: perché le sanzioni Ue colpiscono (solo) carbone e ferro russi?

Violetta Silvestri

08/04/2022

08/04/2022 - 15:04

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Materie prime russe e sanzioni: in Ue c’è il dilemma sull’embargo a gas e petrolio per bloccare le entrate energetiche di Putin. Perché, finora, solo carbone, ferro, acciaio russi sono stati colpiti?

Materie prime: perché le sanzioni Ue colpiscono (solo) carbone e ferro russi?

Il dilemma delle sanzioni europee sulle materie prime energetiche russe continua: perché fermare i flussi di gas e petrolio da Mosca verso l’Ue è così difficile?

In parte la risposta è stata ampiamente offerta da dati e riflessioni: l’Europa dipende per il 41% dal gas russo, il quale non è una risorsa facile e veloce da sostituire. Per la stessa Russia non è una commodity fungibile, ovvero vendibile facilmente a nuovi acquirenti poiché passa per lo più in gasdotti.

Proprio per questo bloccarla avrebbe un impatto immediato per le casse di Putin. Stesso discorso per il petrolio, ampiamente venduto dalla Russia.

Finora l’Ue ha sanzionato acciaio, ferro e carbone russi nel settore materie prime: perché e con quali - deboli - conseguenze? Le risposte in un grafico Ispi.

Sanzioni Ue solo su carbone, ferro, acciaio russi: motivi e conseguenze

Al momento, il sistema sanzionatorio europeo sulle materie prime russe ha individuato tre target: carbone, acciaio e ferro.

Per le ultime due risorse il blocco delle importazioni dalla Russia è attivo dal 15 marzo, mentre il carbone sarà messo al bando da agosto.

Con quali conseguenze? Deboli, sia per l’Europa che per la nazione di Putin.

In effetti, come mostra il grafico elaborato da Ispi su dati Eurostat, osservando le esportazioni russe di materie prime in Ue, il peso di carbone, acciaio e ferro è trascurabile in valore rispetto alle altre risorse:

Esportazioni in Ue di materie prime russe Esportazioni in Ue di materie prime russe

Il consumo europeo di carbone russo rappresenta il 19%, per un valore di incasso per Mosca di 5,2 miliardi di euro. Sebbene lo stop significherà comunque uno sconvolgimento del mercato con prezzi anche in aumento, non sarà così impattante, nemmeno per le casse statali di Putin.

Discorso simile per ferro e acciaio, che valgono 2,8 miliardi di euro per la Russia.

Molto più efficace sarebbe lo stop del greggio, che vale 48,5 miliardi di euro secondo le esportazioni russe in Ue del 2021. Una sfida non facile, però, quella del petrolio.

Occorre considerare, infatti, che sebbene questa risorsa sia fungibile e trasportabile con le petroliere (rispetto al gas, per esempio, che viaggia in gasdotti soprattutto), le raffinerie europee, come suggerisce l’analisi Ispi, sono calibrate nella maggior parte per la lavorazione di greggio russo.

Oltre a sottolineare che alcune strategiche raffinerie tedesche e polacche, senza sbocco al mare, ricevono petrolio russo da oleodotti. Come sostituirlo?

Ne consegue l’attuale titubanza comunitaria a bandire gas e petrolio di Mosca.

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