Niente più assegno di mantenimento al figlio maggiorenne che ha un contratto di lavoro a tempo determinato. La Cassazione ribalta la precedente decisione in merito.
Il genitore non è tenuto a versare l’assegno di mantenimento al figlio/a maggiorenne se ha un contratto di lavoro a tempo determinato con cui guadagna 900 euro. Con questa decisione (ordinanza n. 11746/2021) la Corte di cassazione ha dato ragione ad un padre che aveva interrotto il mantenimento nei confronti della figlia con un impiego a termine.
Viene, così, ribaltato quanto stabilito in una precedente decisione nella quale i giudici avevano stabilito che i contratti a termine non garantiscono l’indipendenza economica del figlio e, di conseguenza, l’assegno non può essere interrotto.
Resta, tuttavia, la necessità di valutare caso per caso la presenza di ulteriori redditi che possano consentire al figlio una vita indipendente e dignitosa.
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Se il figlio ha un contratto a termine gli spetta il mantenimento?
Tra le controversie successive al divorzio o alla separazione coniugale, il mantenimento dei figli è una delle più frequenti. Da anni la Corte di cassazione è concorde nel confermare che ne hanno diritto anche i figli maggiorenni (spesso fino ai 27-30 anni) purché non abbiano raggiunto l’indipendenza economica.
Dunque, per parere costante della Corte Suprema, i contratti di apprendistato e i tirocini formativi non fanno perdere il diritto all’assegno, tutt’al più possono giustificare la riduzione dell’importo.
Per quanto riguarda i contratti a termine, invece, gli orientamenti sono discordanti: con l’ordinanza numero 19077/2020 è stata confermata la continuità del mantenimento in caso di lavoro precario del figlio, assunto, ad esempio, a tempo determinato o a progetto; con l’ultima sentenza però (la n. 11746/2021) tale orientamento è stato ribaltato: anche i contratti a termine possono garantire l’indipendenza economica e quindi segnare la fine dell’obbligo per il genitore di versare il mantenimento. Nel caso di specie, i giudici hanno cancellato l’assegno nei confronti di una ragazza maggiorenne con contratto a termine per il valore di 900 euro netti mensili.
La valutazione “caso per caso”
La decisione della Cassazione non significa che qualunque tipologia di contratto possa determinare la fine del mantenimento dei figli. Infatti gli obblighi genitoriali non si esauriscono né al compimento della maggiore età, né dopo la laurea e nemmeno quando il figlio trova un lavoro, se questo non è sufficiente a garantire l’essenziale per vivere.
Spetta al giudice valutare le buste paga percepite e l’impegno dei figli nel cercare un impiego stabile. Quindi un contratto a termine o part-time in alcuni casi potrà essere valutato come idoneo a garantire l’indipendenza economica, in altri no. Ciò, ad esempio, in presenza di altri redditi o di una stabile convivenza dalla quale deriva un aiuto economico.
Si ricorda infatti che, anche se il principio del tenore di vita non vale più nella determinazione dell’assegno di separazione o divorzio verso l’ex coniuge, questo invece è ancora in vigore per quanto riguarda il mantenimento dei figli: alla prole - quando è possibile - deve sempre essere garantito uno stile di vita in linea con il patrimonio e il reddito della famiglia di origine.
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