Licenziamenti per colpa dell’intelligenza artificiale. I settori a rischio secondo Sam Altman

Luna Luciano

24 Settembre 2025 - 21:43

Sam Altman, CEO di OpenAI, avverte: l’IA potrebbe sostituire milioni di posti di lavoro. Ecco i settori più a rischio e cosa potrebbero fare le aziende per limitare i danni.

Licenziamenti per colpa dell’intelligenza artificiale. I settori a rischio secondo Sam Altman

Dopo la lista di 40 lavori che non sopravviveranno all’IA di Bill Gates, è il turno di Sam Altman. Il CEO di OpenAI teme che l’intelligenza artificiale potrebbe effettivamente essere responsabile della diffusa perdita di posti di lavoro.

In una recente intervista rilasciata al The Tucker Carlson Show, Altman ha confessato di non riuscire a dormire la notte pensando alle conseguenze dell’IA sulla forza lavoro mondiale. Non si tratta soltanto di un tema tecnologico, ma di una questione che riguarda l’etica, la società e il futuro stesso dell’economia globale.

Il leader di OpenAI ha dichiarato che i modelli di intelligenza artificiale, sebbene possano migliorare l’efficienza e aprire nuove opportunità, rischiano di spazzare via intere categorie professionali in tempi molto più rapidi rispetto ai cambiamenti storici del mercato del lavoro. Altman si è detto particolarmente preoccupato per i piccoli dettagli quotidiani del funzionamento dei modelli, che possono avere effetti a catena nel mondo reale.

E se a oggi alcuni lavori sembrano relativamente al sicuro, come quelli che richiedono forti legami umani, altri rischiano di subire trasformazioni irreversibili.

L’IA causerà numerosi licenziamenti: ecco cosa teme Altman

Secondo Sam Altman, il settore maggiormente esposto agli effetti dirompenti dell’intelligenza artificiale è quello del servizio clienti. Le attività di assistenza svolte via telefono o computer sono considerate facilmente sostituibili da modelli di IA avanzata, capaci di rispondere più velocemente, con maggiore precisione e senza i limiti tipici degli operatori umani. “Gran parte dell’attuale assistenza clienti porterà le persone a perdere il lavoro” ha affermato senza mezzi termini il CEO di OpenAI.

A preoccupare Altman non è soltanto la sostituzione di posti di lavoro, ma la velocità con cui questo processo potrebbe avvenire. Una ricerca da lui citata ricorda che, storicamente, circa il 50% dei lavori cambia radicalmente ogni 75 anni circa. Tuttavia, l’intelligenza artificiale rischia di accelerare enormemente questo ritmo, lasciando alla forza lavoro pochissimo tempo per adattarsi. Questo scenario potrebbe tradursi in ondate di licenziamenti improvvisi, con conseguenze sociali ed economiche difficili da gestire.

Altman non esclude che anche i programmatori e gli sviluppatori possano essere colpiti in futuro. L’IA sta già dimostrando capacità sorprendenti nella scrittura e correzione del codice, riducendo il tempo e il numero di persone necessarie per lo sviluppo di software complessi. Un settore un tempo ritenuto “intoccabile” rischia dunque di vivere un ridimensionamento significativo.

Non tutti i lavori, però, sono ugualmente vulnerabili: professioni che si basano su interazioni umane profonde, come il settore infermieristico, sembrano per ora più difficili da replicare con le macchine.

Licenziamenti a causa dell’IA: quali possibili soluzioni

Nonostante lo scenario delineato da Altman possa apparire cupo, esistono prospettive che lasciano intravedere soluzioni. Da un lato, molte aziende si stanno muovendo verso una maggiore automazione, seguendo l’esempio di colossi come Salesforce. Quest’ultima ha recentemente sostituito circa 4.000 operatori del servizio clienti con sistemi di intelligenza artificiale, puntando su efficienza e riduzione dei costi. Tuttavia, non tutte le realtà imprenditoriali sembrano pronte a un cambiamento così drastico.

Infatti, secondo le previsioni di Gartner, entro il 2027 la metà delle aziende potrebbe addirittura invertire le decisioni di riduzione del personale nel customer care. Questo significa che, nonostante la spinta tecnologica, il valore del capitale umano potrebbe tornare centrale, almeno in determinati contesti. Le interazioni autentiche, la capacità di gestire situazioni complesse e il legame empatico con i clienti rimangono aspetti difficili da replicare con algoritmi.

Un’altra possibile via è quella di un modello ibrido, in cui agenti umani e sistemi di IA collaborano fianco a fianco. In questo scenario, l’IA si occuperebbe dei compiti più ripetitivi e standardizzati, lasciando agli operatori umani il ruolo di gestire problematiche complesse e instaurare rapporti di fiducia.

Altman stesso sottolinea che il vero problema non è soltanto l’IA, ma la mancanza di tempo a disposizione per preparare la forza lavoro al cambiamento. La sfida principale sarà dunque quella di accompagnare la transizione con politiche aziendali e sociali che proteggano i lavoratori, trasformando un rischio in un’opportunità.

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