Utilizzo dell’intelligenza artificiale al lavoro, ecco quando è legale, quali sono i limiti e cosa rischia chi non li rispetta.
L’avvento dell’intelligenza artificiale pone una riflessione importante, specialmente per quanto riguarda alcuni ambiti lavorativi.
D’altronde, l’intelligenza artificiale offre strumenti utili e vantaggiosi, trovando applicazione in numerosi settori professionali, spaziando da quello medico a quello produttivo-logistico. L’utilizzo dell’IA al lavoro è una conseguenza naturale del progresso e un’opportunità davvero conveniente, ma si tratta pur sempre di uno strumento. Ciò vuol dire che tutto dipende dal modo in cui l’intelligenza artificiale viene sfruttata dal datore di lavoro o dal lavoratore, che devono rispettare alcuni limiti.
Utilizzare l’intelligenza artificiale al lavoro non è sempre legale e può comportare sanzioni, tanto a carico di datori di lavoro e aziende quanto per i lavoratori dipendenti e i professionisti. Ecco cosa c’è da sapere.
Uso dell’intelligenza artificiale al lavoro per i datori
I datori di lavoro hanno obblighi estremamente specifici nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, soprattutto dalla recente entrata in vigore di una parte delle disposizioni contenute nell’Ai Act EU (regolamento Ue n. 2024/1689). In particolare, dal 2 febbraio 2025 sono vietate le pratiche AI con rischio inaccettabile e vige l’obbligo di alfabetizzazione del personale sull’intelligenza artificiale. Nel dettaglio, sono vietate le pratiche che sfruttano l’intelligenza artificiale minando i diritti fondamentali dei cittadini, quindi:
- manipolazione subliminale o ingannevole;
- sfruttamento delle vulnerabilità facendo leva su condizioni personali e meritevoli di tutela (disabilità, fragilità economica, età e così via);
- sistemi di punteggio sociale, il cosiddetto social scoring, con cui dedurre o utilizzare dati sensibili, personali e liberi del cittadino (come etnia, ideologia politica, orientamento sessuale, appartenenza sindacale) con fini o modi discriminatori;
- identificazione biometrica remota in tempo reale e categorizzazione, fatte le dovute eccezione per le autorità di pubblica sicurezza;
- profilazione criminale e riconoscimento facciale non integrati da valutazioni di professionisti;
- analisi delle emozioni sul luogo di lavoro o nelle scuole;
- creazione di database basati sul riconoscimento facciale senza autorizzazione, con immagini estrapolate da internet o dalle telecamere di sorveglianza.
Non è tutto, il personale che utilizza l’intelligenza artificiale deve essere adeguatamente formato, con un aggiornamento professionale costante, adeguato e documentato. I datori di lavoro che violano le disposizioni rischiano le seguenti sanzioni economiche:
- fino a 35 milioni di euro (o fino al 7% del fatturato annuo precedente per le aziende, se superiore) per l’uso delle pratiche vietate con rischio inaccettabile;
- fino a 15 milioni di euro (o fino al 3% del fatturato annuo precedente, se superiore, per le aziende) per la violazione degli obblighi di trasparenza e informazione a carico degli organismi notificati;
- fino a 7,5 milioni di euro (o fino all’1% del fatturato annuo precedente se superiore) se vengono fornite informazioni fuorvianti, incomplete o scorrette alle richieste delle autorità.
Uso dell’intelligenza artificiale al lavoro per dipendenti e professionisti
I lavoratori dipendenti che utilizzano l’intelligenza artificiale devono tenere conto prima di tutto dei regolamenti e delle direttive aziendali, che possono vietare completamente o limitare in maniera specifica l’uso dell’IA.
Anche in assenza di regole apposite, però, il lavoratore deve usare l’intelligenza artificiale nei limiti di etica, correttezza e buona fede, senza compromettere il vincolo fiduciario con il datore di lavoro. In caso contrario, si rischiano sanzioni disciplinari fino al licenziamento.
Per esempio, non è possibile produrre un elaborato scritto con l’IA e spacciarlo per proprio o farsi sostituire da un chatbot nell’interazione con i clienti di nascosto.
Farsi aiutare dall’IA per avere delle idee o strutturare una presentazione, invece, è tutt’altra cosa. Gli stessi limiti valgono anche per i liberi professionisti, che devono rispettare gli impegni contrattuali con i clienti e la deontologia, assicurandosi di fornire il proprio servizio in maniera corretta e professionale.
Si rischia altrimenti la risoluzione anticipata del contratto o addirittura una richiesta di risarcimento danni se il cliente ha patito dei disagi, e non sono da escludere ripercussioni professionali legate alla violazione del codice deontologico del caso.
© RIPRODUZIONE RISERVATA