È legale addebitare gli aumenti dei costi in bolletta nello scontrino?

Antonella Ciaccia

30/08/2022

31/08/2022 - 14:54

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Aumento dei costi bolletta sullo scontrino: accanto al prezzo della pizza e del coperto spuntano anche anche luce, gas e affitto. Ma è legale addebitare in scontrino i costi triplicati per le utenze?

È legale addebitare gli aumenti dei costi in bolletta nello scontrino?

Era annunciato da mesi che il 2022 avrebbe visto generalizzati rincari nel costo della materia prima energia: 55% in più per l’elettricità e 41% in più per il gas, si diceva. Ora tutto questo sta accadendo sotto i nostri occhi un po’ sorpresi.

Ci sono costi quasi ormai triplicati nelle nostre bollette e spese diventate già insostenibili per gli esercenti; proprio come segnalato in questi giorni da tanti imprenditori e dai rappresentanti di categoria le cifre rischiano di salire ancora di più nei prossimi mesi.

Gli imprenditori ed esercenti sentono di avere le spalle al muro perché non riescono a sostenere spese di produzione. Ormai dilagano on line proteste di ogni genere e addirittura il caro bollette finisce sullo scontrino: accanto al prezzo della pizza e del coperto spuntano anche anche luce, gas e affitto. È dunque possibile addebitare aumenti costi bollette in scontrino?

Sullo scontrino anche i contributi per le bollette, il caso di Napoli

Tra tutti i casi dimostrativi da parte di imprenditori ed esercenti spicca quello dello scontrino di una pizzeria di Napoli. Il titolare del locale, Salvatore Grasso, ha lanciato una provocazione per denunciare i rincari che hanno colpito il settore.

Oltre alle bevande, alle pizze e al coperto, nello scontrino gli avventori del locale hanno trovato una quota aggiuntiva contabilizzata come: «Contributo per gas», «Energia» e «Fitto».

«Di fronte a questi costi, noi siamo con le spalle al muro», racconta al Corriere della Sera il proprietario della pizzeria. Quella che si è abbattuta sul ristoratore è una vera e propria impennata nelle spese legate a gas e elettricità: Grasso sostiene che l’anno scorso aveva pagato un terzo della cifra in bolletta ricevuta questo mese: 2.500, massimo 2.800 euro a fronte degli 8000 appena pagati.

Il ristoratore si ritrova oggi dunque a fronteggiare un «aumento del 300%» delle spese e per farlo ha pensato di aggiungere delle nuove voci al conto dei clienti.

Oltre alle bevande, alle pizze e al coperto, infatti, nello scontrino i clienti hanno trovato una quota aggiuntiva. Un contributo da pagare per il gas (50 centesimi), uno per l’energia (1,20 euro) e uno per il fitto (1,50 euro). Ma siamo sicuri che questo sia legale?

È legale addebitare aumenti costi bollette in scontrino?

Lo scontrino emesso dal titolare del ristorante di Napoli in realtà era un preconto. Ed è stato quel documento a essere mostrato sui social dall’esercente. Pertanto non è mai arrivato davvero a toccare le tasche dei clienti.

Il perché è presto detto: quel documento non ha nessun valore legale, anche perché, se si inserissero realmente quelle voci sullo scontrino, il titolare dell’esercizio commerciale sarebbe costretto a pagarci l’Iva.

Si è trattato di una provocazione del titolare in risposta alle critiche per aver aumentato il costo delle pizze nell’ultimo mese. Il preconto non ha alcun valore fiscale ma ha soltanto finalità amministrative interne al locale.

L’esercente può aumentare il prezzo dei prodotti che vende, nella fattispecie ci possono essere dei rincari sia nei piatti venduti che nel coperto, ma inserendo le voci di gas, elettricità, affitto del locale, ecc., dovrebbe poi sostenere le spese di imposta anche su queste.

Cosa è il preconto e perché è tanto usato nei ristoranti

Il preconto è uno scontrino non fiscale fatto per sveltire il pagamento del conto, cui deve seguire rigorosamente regolare ricevuta.

Possiamo dire che altro non è che l’evoluzione del block notes su cui si annotava a penna il totale da pagare e per questo ci si può scrivere su qualsiasi cosa. Somiglia in tutto e per tutto a uno scontrino, ma scontrino non è.

Vi sono annotati i piatti ordinati e il rispettivo costo con tanto di totale da pagare. Tutto rigorosamente stampato come se lo avesse battuto la cassa. Eppure di fiscale non ha niente. Pertanto anche se viene viene portato ai clienti al tavolo non può essere equiparato al conto, quello vero con valore fiscale, che ormai non arriva quasi mai ai tavoli.

Questo documento deve invece essere usato come controllo da parte dei clienti per accertarsi che tutto ciò viene addebitato è giusto. Dopo la verifica il cliente deve ricevere lo scontrino fiscale o la fattura.

Il contenuto obbligatorio dello scontrino fiscale

Il tanto noto, quanto odiato, foglietto di carta chiamato scontrino è un documento contabile che un buon 30% dei commercianti italiani è accusato di non rilasciare, è di fondamentale importanza per essere in regola con la contabilità della propria attività.

Lo scontrino altro non è che un’attestazione di una spesa o di un consumo effettuato che non prevede l’emissione di fattura. Esso deve essere emesso dai commercianti al minuto e dai soggetti a essi assimilati: bar, farmacie, ristoranti, parrucchieri, alberghi, ecc., per certificare i corrispettivi percepiti.

La certificazione deve contenere:

  • riferimenti dell’esercente;
  • ditta, denominazione o ragione sociale (nome e cognome dell’esercente);
  • numero di partita Iva dell’emittente;
  • dati contabili;
  • corrispettivi parziali;
  • eventuali sconti o rettifiche;
  • eventuali subtotali;
  • eventuali rimborsi in caso di resi o imballaggi sottoposti a cauzione;
  • corrispettivo totale di spesa preceduto dalla dicitura “Totale” scritta in evidenza;
  • quantità di ciò che è stato acquistato/consumato;
  • descrizione di ciò che è stato acquistato/consumato;
  • elementi temporali della transazione (data, ora di emissione);
  • numero progressivo giornaliero di scontrini emessi;
  • numero del registro di cassa specifico usato dall’esercizio;
  • logotipo fiscale (sigla MF seguita da una serie di lettere e cifre).

Soprattutto nel caso dei registri di cassa evoluti, in fondo alla certificazione cartacea si può eventualmente trovare anche il pagamento tramite Pos, grazie al quale ci si risparmia la stampa apposita di un secondo tagliando.

In generale non è obbligatorio che i singoli articoli siano identificati, per cui è ammessa la dicitura “Reparto 1” senza alcuna specificazione rispetto a natura, qualità e quantità di ogni bene oggetto della vendita. Nel caso si volesse recuperare una parte degli aumenti relativi a elettricità e gas, è comunque possibile variare in proporzione la quota addebitata come coperto e/o servizio specificando la tariffa nel listino prezzi.

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