La cultura tossica del lavoro è presente in ogni continente e ad ogni latitudine. In Asia è tuttavia più pervasiva che altrove.
Lavorare, lavorare, lavorare. Senza un attimo di sosta, senza respiro, senza poter programmare la propria esistenza. Anteponendo i risultati dell’azienda per la quale si presta servizio a tutto il resto. La cultura tossica del lavoro è presente in ogni continente e ad ogni latitudine. In Asia è tuttavia più pervasiva che altrove.
L’ultimo episodio che ha acceso i riflettori su questo problema socio-economico ha chiamato in causa una «manager tigre» di Baidu, il principale motore di ricerca cinese (per capirsi: il corrispettivo cinese di Google). Qu Jing, vicepresidente dell’azienda, è stata licenziata, in Cina, per aver innescato una “crisi di pubbliche relazioni”.
Nello specifico, Miss Qu è stata immortalata in vari filmati – poi diffusi sul web e divenuti virali – nei quali la si vede adottare una gestione lavorativa dittatoriale con i suoi sottoposti. In una clip la manager grida ad un collega, alle prese con un problema personale, di non essere un suo parente e di essere interessata soltanto ai risultati. In un altro filmato Qu critica i suoi subordinati perché non vogliono lavorare nei fine settimana, mentre in un altro ancora respinge una lamentela di un dipendente infastidito per i messaggi (di lavoro) ricevuti a tarda notte. [...]
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