Inflazione USA e tassi Fed, PCE core dà ragione a Powell, ma Trump torna all’attacco: “Troppo stupido!”

Laura Naka Antonelli

31/07/2025

Reso noto il dato relativo all’inflazione USA preferito dalla Fed di Jerome Powell. Che ieri ha lasciato i tassi fermi, indispettendo di nuovo Trump.

Inflazione USA e tassi Fed, PCE core dà ragione a Powell, ma Trump torna all’attacco: “Troppo stupido!”

Diffuso oggi l’indice PCE core, il dato preferito dalla Fed per monitorare il trend dell’inflazione negli Stati Uniti, relativo al mese di giugno.

Il dato è salito del 2,8% su base annua, accelerando il passo rispetto al +2,7% e confermandosi più alto del +2,7% atteso dal consensus degli analisti.

Su base mensile, l’indice è salito dello 0,3%, come previsto.

Inflazione USA: non solo PCE core, anche PCE headline si conferma più alto delle attese

A confermarsi superiore alle previsioni su base annua è stato anche il PCE headline, che ha riportato una crescita annua del 2,6%, rispetto al +2,5% stimato, avanzando invece su base mensile, così come ha fatto la componente core, in linea con le stime, ovvero dello 0,3%.

Gli indici PCE core e headline sono stati diffusi con la pubblicazione del rapporto relativo alle spese per consumi e ai redditi personali.

Le spese per consumi sono salite dello 0,1%, rispetto al -0,2% del mese precedente (rivisto lievemente al rialzo rispetto al -0,3% diffuso inizialmente), mentre i redditi personali sono avanzati dello 0,3%, meglio del +0,2% stimato e in rafforzamento rispetto alla flessione di maggio, pari a -0,4%.

I numeri sono stati diramati all’indomani della riunione della Fed del mese di luglio che, come da attese, e per la quinta volta consecutiva, si è conclusa con la conferma dei tassi sui fed funds, lasciati fermi all’interno della forchetta compresa tra il 4,25% e il 4,5%.

La riunione di ieri del FOMC, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve, è stata comunque storica in quanto, per la prima volta dal 1993, due governatori hanno dissentito dalla maggioranza.

Si è trattato di Christopher Waller e di Michelle Bowman, che avrebbero preferito entrambi che la Fed sforbiciasse i tassi di 25 punti base.

Ma il presidente della Fed Jerome Powell e gli altri esponenti del FOMC hanno detto ancora no.

Non solo: dalle dichiarazioni che Powell ha rilasciato durante la conferenza stampa seguita all’annuncio sui tassi, è emerso che la banca centrale non considererebbe urgente agire neanche a settembre.

Esplode di nuovo l’ira di Trump VS Powell: “TROPPO STUPIDO, TROPPO POLITICO”

Non è mancato l’ennesimo attacco del presidente americano Donald Trump contro Powell, sferrato di nuovo via social, su Truth Social, nella giornata di oggi, giovedì 31 luglio.

Jerome Too Late Powell lo ha fatto ancora!!! E’ ancora troppo in ritardo e, davvero, TROPPO IN RITARDO e, davvero, TROPPO ARRABBIATO, TROPPO STUPIDO, TROPPO POLITICO, per avere come lavoro la presidenza della Fed ”, ha tuonato Trump su Truth Social. “Sta costando al nostro Paese TRILIONI DI DOLLARI, in aggiunta a uno dei processi di ristrutturazione più incompetenti o corrotti della storia delle ristrutturazioni! Per dirla in un altro modo, ”Too Late” è un TOTAL LOSER, e il nostro Paese ne sta pagando il prezzo!”.

Sui mercati scendono probabilità di taglio tassi Fed a settembre

Detto questo, con Powell che ha mantenuto il punto, insistendo sulla necessità di aspettare prima di apportare variazioni ai tassi sui fed funds, sui mercati le scommesse su un primo taglio del 2025 nella prossima riunione di settembre si sono immediatamente ridimensionate.

A confermarlo è il trend dei futures sui fed funds, da cui emerge la probabilità di una riduzione dei tassi a settembre pari soltanto al 46%, rispetto al 65% di appena un giorno fa, stando ai dati del FedWatch del CME Group.

I mercati non prezzano inoltre più due tagli dei tassi pari a -25 punti base entro la fine del 2025, contrariamente a quanto era stato messo in conto prima del Fed Day di ieri.

Parla il gestore, approccio prudente Fed di fronte a incertezza dazi e politica fiscale

All’indomani della riunione del FOMC, continuano ad arrivare da più parti i commenti sull’ennesima decisione della Federal Reserve di confermare i tassi al 4,25%-4,5%.

Paul Saint-Pasteur, gestore del Team Global Fixed Income di Payden & Rygel, ha fatto notare che la Banca centrale americana ha mantenuto “un approccio prudente di fronte all’incertezza macroeconomica legata a dazi e politica fiscale ”, aggiungendo che la “conferenza stampa del Presidente Powell ha avuto un tono lievemente restrittivo, ridimensionando le aspettative di un taglio a settembre e ribadendo l’approccio data-dependent della Fed”.

D’altronde, ha segnalato il gestore, “l’economia statunitense continua a mostrarsi resiliente, con una crescita superiore all’1% e segnali di accelerazione, mentre l’inflazione rimane su un trend crescente”. (come dimostrato tra l’altro proprio dal dato macro di oggi, relativo all’indice PCE core).

Di conseguenza, “ in assenza di un indebolimento evidente del mercato del lavoro, la Fed non ha al momento motivazioni convincenti per procedere con un allentamento della politica monetaria nel breve periodo”.

Di per sé, “il comunicato ufficiale non ha introdotto novità rilevanti, anche se due membri hanno votato a favore di un taglio”, mentre “i mercati hanno reagito con volatilità: gli asset rischiosi sono scesi dopo l’intervento di Powell, i rendimenti obbligazionari sono saliti e il dollaro si è rafforzato, sostenuto da dati economici solidi e dal tono complessivamente hawkish della Banca Centrale ”.

Tassi Fed, cosa succede ora. Il commento di Generali Investments

A commentare l’esito del Fed Day anche Paolo Zanghieri, senior economist di Generali Investments, che ha scritto in una nota che “la riunione della Fed ha smorzato le aspettative di una rapida ripresa dell’allentamento della politica monetaria”.

Di fatto, anche “se il FOMC ha riconosciuto segnali evidenti di un rallentamento della crescita”, i fari sono puntati “sui rischi al rialzo per l’inflazione dovuti ai dazi”.

E così, ha riassunto Zanghieri, “il presidente Powell ha sottolineato che un orientamento ’moderatamente restrittivo’ rimane appropriato”, con due membri che “si sono opposti alla decisione di non tagliare i tassi a luglio, ma la maggior parte del comitato” che si confermata “ fortemente favorevole ad attendere e osservare ”.

L’economista di Generali Investments ha ricordato che, a questo punto, “considerando l’ampio intervallo tra la riunione di luglio e quella di settembre, la Fed avrà a disposizione due mesi di dati sull’occupazione prima di decidere, e i prossimi dati sui prezzi saranno molto indicativi per valutare l’impatto dei dazi”.

Da non perdere a questo punto il discorso (di Jerome Powell) al meeting di Jackson Hole (21 agosto), che “sarà ancora una volta cruciale”.

Secondo Zanghieri, “ le probabilità di un taglio dei tassi a settembre (finora il nostro scenario di base) si sono ridotte a poco più del 50%, e rivedremo la nostra previsione con i dati sull’occupazione di luglio. Tuttavia, continuiamo a prevedere un tasso terminale compreso tra il 3,25% e il 3,5% ”.

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