Pubblicato l’indice PCE core, il dato preferito dalla Fed per monitorare il trend dell’inflazione USA. Il punto sui tassi.
Nel mese di agosto, l’inflazione core degli Stati Uniti è salita al ritmo annuo del 2,9%, in linea con le attese. È quanto è emerso dalla pubblicazione del PCE core, il dato preferito dalla Fed per monitorare il trend delle pressioni inflazionistiche negli Stati Uniti. E un dato che dà dunque informazioni cruciali sulla possibile direzione dei tassi di interesse stabilita da parte della Banca centrale americana.
Va ricordato che lo scorso 17 settembre, per la prima volta nel 2025 e dal dicembre del 2024, la Fed di Jerome Powell ha tagliato i tassi sui fed funds al nuovo range compreso tra il 4% e il 4,25%, con una sforbiciata di 25 punti base, che era stata messa in conto dai mercati.
PCE core +2,9% ad agosto, target Fed ancora lontano. Ma almeno l’inflazione non accelera
Il PCE core dà una informazione in più oggi agli investitori sulle possibili mosse di Powell & Co.
La notizia confortante è che non c’è stata una accelerazione dell’inflazione core negli States, visto che il ritmo di crescita del dato PCE core è stato pari esattamente uguale a quello del mese precedente.
Su base mensile, l’indicatore è aumentato dello 0,2%, anche in questo caso in linea con le previsioni. Rimane il fatto che una crescita al ritmo annuo del 2,9% è decisamente superiore al target dell’inflazione fissato dalla Federal Reserve al 2%. Insomma, non ci siamo ancora.
L’indice PCE headline è salito invece ad agosto del 2,7% su base annua, come da attese, riportando un rialzo dello 0,3% su base mensile, anche in questo caso in linea con le previsioni. I numeri relativi all’inflazione americana sono stati diffusi attraverso la pubblicazione del rapporto relativo alle spese per consumi e ai redditi personali.
Non solo indice PCE core, il trend dei redditi personali e delle spese per consumi
Da questo rapporto è risultato che i redditi personali sono aumentati dello 0,4%, più del +0,3% previsto dal consensus degli economisti, ma allo stesso ritmo del mese di luglio, mentre le spese personali sono salite dello 0,6%, più del +0,5% previsto e in accelerazione rispetto al +0,5% precedente.
Non si può certo parlare, sulla base dei dati appena arrivati e all’indomani della pubblicazione del PIL USA, che l’economia degli States versi in condizioni serie di difficoltà, anche se i dati a cui la Fed sta guardando, in quest’ultimo periodo, non sembrano essere più tanto quelli dell’inflazione, ma quelli relativi al mercato del lavoro.
Un’altra conferma della resilienza dei fondamentali economici americani è arrivata dal tasso di risparmio degli americani, diffuso sempre con il rapporto sulle spese per consumi e sui redditi personali, che è sceso ad agosto al 4,6%, rispetto al 4,8% precedente.
Tornando a esaminare l’indice PCE, dal trend è emerso, nonostante la persistenza delle pressioni inflazionistiche, che i dazi inflitti dall’amministrazione USA di Donald Trump hanno avuto per ora un effetto solo limitato sul trend dei prezzi.
I prezzi dei beni sono saliti infatti appena dello 0,1%, mentre quelli dei servizi dello 0,3%.
I prezzi dei beni alimentari sono aumentati dello 0,5%, mentre quelli dei beni e servizi energetici sono cresciuti dello 0,8%. I costi delle abitazioni sono avanzati dello 0,4%.
Tassi USA, previsioni immutate sui tagli. Ma attenti al ’neo’ della forza del PIL USA
Le indicazioni arrivate oggi con la pubblicazione dell’indice PCE core non cambiano di molto le aspettative dei mercati sulla direzione futura dei tassi USA.
Stando alle rilevazioni del CME FedWatch, i mercati continuano a prezzare due tagli dei tassi di 25 punti base nei prossimi due meeting del FOMC, il braccio di politica monetaria della Fed. Ma ora c’è meno convinzione rispetto alla necessità che la Federal Reserve sforbici i tassi in modo significativo.
D’altronde, ieri il dato relativo al PIL USA del terzo trimestre del 2025 ha confermato come, nel corso del terzo trimestre del 2025, l’economia americana sia cresciuta al ritmo annuo del 3,8%, il più alto dal terzo trimestre del 2023, ovvero degli ultimi due anni, e dopo una espansione pari a +3,3% nel secondo trimestre dell’anno. Non proprio numeri da economia in crisi, che necessita dell’intervento di Powell & Co.
Greg Wilensky, Head of US Fixed Income di Janus Henderson ha commentato il dato relativo all’inflazione degli Stati Uniti confermando che i numeri “sono risultati molto vicini alle aspettative” e aggiungendo che, “sebbene i livelli su base annua (2,7% complessivo e 2,9% a livello core) siano ancora moderatamente superiori all’obiettivo del 2% fissato dalla Fed, questi ultimi dati non influiranno sulle aspettative, che rimangono elevate, di un nuovo taglio dei tassi da parte della Federal Reserve nella riunione del 29 ottobre”.
Ancora Wilensky:
“Sebbene altri indicatori recenti della forza dell’economia, compresi i dati odierni sulla spesa, abbiano continuato a sorprendere al rialzo, nella riunione di ottobre la Federal Reserve continuerà a sostenere la sua visione secondo cui i rischi al ribasso per il suo mandato di piena occupazione sono ora la preoccupazione maggiore, a meno che non emergano prove convincenti del contrario. Ciò darebbe all’organismo il via libera per continuare a rendere la politica meno restrittiva”.
Il responsabile della divisione di reddito fisso USA di Janus Henderson ha concluso la nota, sottolineando che “la combinazione tra la continua forza dell’attività economica complessiva e una Federal Reserve che rimane propensa ad abbassare i tassi di politica monetaria fornirà probabilmente un sostegno continuo agli asset di rischio, nonostante le valutazioni che, in apparenza, sembrano elevate ”. Come ha fatto notare, d’altronde, lo stesso Powell.
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