Diffuso dall’Eurostat il dato relativo all’inflazione euro, mentre il falco apre all’opzione del taglio finale dei tassi. Poi, Lagarde tornerà a rialzarli.
Nel mese di aprile, l’inflazione dell’area euro misurata dall’indice dei prezzi al consumo, è salita al ritmo annuo del 2,2%, rimanendo stabile rispetto al mese precedente, e indebolendosi rispetto al rialzo del 2,4% archiviato ad aprile del 2024.
Inflazione euro market mover, cosa è emerso dalla lettura finale del dato di aprile
Quella appena annunciata è stata la lettura finale dell’indicatore, comunicata dal’Eurostat, che ha confermato i numeri diffusi con la pubblicazione del dato preliminare di aprile. Confermato anche il trend dell’inflazione core, ovvero dall’inflazione depurata dalle componenti più volatili rappresentate dai prezzi dei beni alimentari ed energetici, salita ad aprile del 2,7% su base annua, rispetto al +2,5% di marzo.
Euro area annual #inflation stable at 2.2% in April 2025 https://t.co/vmocNSg41x pic.twitter.com/Ghuk1lMjDq
— EU_Eurostat (@EU_Eurostat) May 19, 2025
Riflessione dovish dal falco Wunsch della BCE, che apre a taglio tassi sotto soglia 2%
Il dato relativo all’inflazione dell’area euro è stato pubblicato qualche ora dopo l’ammissione dell’esponente falco del Consiglio direttivo della BCE, ovvero del governatore della banca centrale del Belgio Pierre Wunsch che, in un’intervista rilasciata al Financial Times in vista della imminente riunione dell’istituzione, in calendario il prossimo 5 giugno 2025, ha ammesso che, “se guardate all’economia, agli shock a cui facciamo fronte e all’incertezza sulla crescita”, emerge un contesto tale che potrebbe avvalare tagli dei tassi sui depositi a un livello “lievemente inferiore al 2%”.
Da segnalare che il tasso sui depositi dell’area euro è pari al momento al 2,25%, dopo il settimo taglio in meno di un anno varato dalla BCE nell’ultima riunione dello scorso 17 aprile.
È stato dunque lo stesso falco Wunsch della BCE a ripresentare l’opzione che la Banca centrale europea, a dispetto delle chiamate che si sono fatte più hawkish nelle ultime settimane, e che hanno visto protagonista tra le altre le nuove previsioni firmate da Goldman Sachs, decida alla fine almeno di accarezzare l’idea di portare i tassi di interesse al di sotto della soglia del 2%.
Per ora, stando ai dati di Reuters riportati dal Financial Times, i mercati prevedono che la BCE taglierà i tassi di 25 punti base a giugno e, di nuovo, nel secondo semestre dell’anno, fino a portare i tassi sui depositi in particolare, all’1,75%.
Alcuni economisti, segnala tuttavia il quotidiano finanziario, sostengono che l’Eurotower sarà poi costretta a tornare ad alzare i tassi, di nuovo, nel 2026.
Nel commentare l’outlook sui tassi prezzato dai mercati, Wunsch ha riferito all’FT di non essere “scioccato” dalle previsioni, sottolineando che, “verso la fine del 2025, potremmo essere moderatamente a favore” di tagli che portino il costo del denaro dell’area euro al di sotto della soglia del 2%.
Una grande svolta, da parte dell’esponente hawkish della BCE che, soltanto nel mese di febbraio, aveva detto sempre al quotidiano della City che la banca centrale non avrebbe dovuto dirigersi verso la soglia del 2% dei tassi con il pilota automatico, come “un sonnambulo e senza pensarci”.
Prima degli shock positivi, con dazi Trump shock negativo nel breve termine
E invece, evidentemente, anche per Wunsch ci sarebbe spazio per una serie di sforbiciate che portino i tassi di interesse dell’area euro a bucare la soglia del 2%, a causa - ha spiegato il diretto interessato - di quell’annuncio sui dazi reciproci da parte del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump che, a suo avviso, ha creato un chiaro “rischio al ribasso per l’inflazione” dell’area euro, facendo aumentare al contempo le minacce che incombono sulla crescita del PIL.
È dunque probabile, secondo il banchiere centrale che, nel breve termine, si manifesti uno shock negativo per l’economia dell’area euro, seguito poi da “ uno shock positivo nel 2026 e nel 2027 ” che potrebbe successivamente portare Lagarde ad alzare i tassi a partire già dall’anno prossimo, secondo alcuni economisti.
Lo shock positivo deriverebbe nello specifico dai nuovi piani della Germania guidata dal cancelliere Friedrich Merz, che punta a spese finanziate da debiti fino a 1 trilione di euro per rafforzare sia le infrastrutture che il suo esercito. Spese che, secondo Wunsch, comunque non riusciranno a compensare le pressioni deflazionistiche a cui l’economia dell’Eurozona sarà sottoposta a causa dei dazi di Trump, almeno nel breve termine, a causa anche del rafforzamento del cambio euro-dollaro e della valanga di esportazioni cinesi che si riverseranno sul mercato europeo.
Di conseguenza, se da un lato il governatore belga, ha detto lui stesso, non stia “pregando” affinché i tassi di interesse vengano ridotti dalla BCE fino a un valore inferiore al 2%, è altrettanto vero, parole sue, che lo stesso è “aperto a contemplare questa possibilità”, dal momento che “le politiche fiscali richiedono del tempo prima di diventare un sostegno” all’economia.
La verità, insomma, è che il bazooka fiscale tedesco annunciato da Berlino non produrrà effetti immediati sulla crescita del PIL dell’Eurozona (e, dunque, anche sull’inflazione dell’area). Lo stesso Fondo Monetario Internazionale (FMI), che ha dato un preciso consiglio all’Eurotower, dovrebbe a questo punto mettersi l’anima in pace.
Inflazione euro ed UE, dove corrono di più (e di meno) i prezzi in Europa
Tornando ai dati diffusi stamattina relativi all’inflazione dell’area euro, l’Eurostat ha annunciato che, nell’intero blocco dell’Unione europea, il tasso annuo di inflazione è stato pari ad aprile al 2,4%, in calo rispetto al 2,5% di marzo, e rispetto al 2,6% dello stesso periodo del 2024.
Il trend di crescita dei prezzi è stato più basso in Francia (0,9%), a Cipro (1,4%) e in Danimarca (1,5%).
L’inflazione è stata invece più calda, su base annua, in Romania (4,9%), Estonia (4,%) e Ungheria (4,2%). Su base mensile, dunque rispetto al mese di marzo del 2025, l’inflazione su base annua è scesa in generale in 13 Stati membri, rimanendo stabile in tre Stati e salendo in 11.
L’Eurostat ha spiegato che, a incidere maggiormente sul suo trend è stata l’inflazione dei servizi (che ha pesato per 1,80 punti percentuali (pp), seguita dall’inflazione dei prezzi dei beni alimentari, alcol e tabacco (+0,57 pp) e dei prezzi dei beni industriali non energetici (+0,15 pp). Ha inciso negativamente invece sull’inflazione la componente dei prezzi energetici (-0,35 pp).
Il dato appena reso noto relativo all’inflazione dell’Eurozona è un tassello cruciale che va ad aggiungersi al puzzle che Lagarde sta interpretando per capire il da farsi nella prossima e imminente riunione del prossimo 5 giugno, insieme agli altri indicatori macro che sono stati diffusi, di recente.
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