Indennità di accompagnamento: spetta anche a chi sbaglia la domanda, lo dice la Cassazione

Antonio Cosenza

14 Gennaio 2020 - 10:30

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L’Inps non può respingere la richiesta di una misura assistenziale o previdenziale per un solo errore formale della domanda, lo ha ribadito la Corte di Cassazione.

Indennità di accompagnamento: spetta anche a chi sbaglia la domanda, lo dice la Cassazione

L’indennità di accompagnamento, così come tutte le misure assistenziali riconosciute dall’Inps, spetta anche in caso di vizi formali presenti nella domanda; l’Inps, quindi, non può respingere l’istanza quando la richiesta presentata dall’invalido civile presenta dei piccoli errori di forma.

A sostenerlo è la Corte di Cassazione (con l’ordinanza n°74 del 2020), secondo la quale le formalità da rispettare nel presentare la domanda per l’indennità di accompagnamento non sono elemento imprescindibile ai fini del buon esito dell’istanza.

Nel dettaglio, la sentenza della Cassazione parte dall’analisi di un caso di specie dove un invalido si è visto respingere la richiesta dell’accompagnamento (qui gli importi riconosciuti nel 2020) semplicemente perché all’interno del modulo da compilare per la domanda ha dimenticato di barrare la casella dove sono individuate quelle condizioni sanitarie necessarie per fruire della misura assistenziale. Condizioni che l’Inps avrebbe potuto comunque accertare dalla certificazione medica che l’interessato ha correttamente allegato alla domanda.

Partendo da questi presupposti, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto del richiedente a fruire dell’indennità di accompagnamento - e dei relativi arretrati - obbligando l’Inps a saldare quanto dovuto.

L’Inps non deve fermarsi ai vizi formali: l’indennità di accompagnamento spetta anche in caso di errore

La sentenza 74/2020 è molto importante in quanto può applicarsi anche in altri casi ove l’Inps respinge la richiesta di una misura previdenziale, o assistenziale, per semplici errori formali all’atto della domanda. Errori per i quali è sufficiente l’analisi della documentazione acquisita per risolverli.

Come nel caso di specie, dove all’Inps sarebbe bastato analizzare la certificazione sanitaria per rendersi conto che il non aver barrato la crocetta relativa è stata una semplice dimenticanza che da sola non può comportare il rifiuto dell’istanza. D’altronde, come si legge nella sentenza, “non esistono formule sacramentali per chiedere l’indennità di accompagnamento”.

In caso di errori, quindi, è sufficiente che l’Inps abbia a disposizione tutta la documentazione necessaria per individuare il tipo di prestazione richiesta. A tal proposito, gli Ermellini hanno riconosciuto il diritto del cittadino a fruire dell’indennità, obbligando l’Inps a pagare tutti i ratei maturati.

Errore della domanda: quando il beneficio spetta comunque

Ricapitolando, la Cassazione ha ribadito che “in tema di prestazioni assistenziali e previdenziali” (quindi non solo nel caso dell’indennità di accompagnamento) “non è necessaria la formalistica compilazione dei moduli predisposti dall’Inps”.

Un errore, quindi, non può condizionare il buon esito dell’istanza quando:

  • la domanda è compilata nella maniera tale da permettere l’individuazione corretta della prestazione richiesta, così che la procedura amministrativa possa essere svolta regolarmente;
  • l’Inps ha disposizione tutti i documenti necessari per accertare che, nonostante il vizio formale, il richiedente possiede i requisiti tali per percepire la misura richiesta.

In presenza di entrambe queste condizioni l’errore commesso è irrilevante, quindi l’Inps non ha il diritto di respingere l’istanza.

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