Il ritiro in massa dei baby boomer rischia di innescare un crollo azionario. Stavolta, la tempesta perfetta potrebbe davvero arrivare.
Per oltre quarant’anni, il mercato azionario statunitense ha vissuto una crescita pressoché ininterrotta, sostenuta da fattori strutturali quali l’aumento della produttività, l’innovazione tecnologica e un contesto politico-economico favorevole.
Tuttavia, oggi una vecchia minaccia sembra riaffacciarsi con forza: la struttura per età della popolazione americana. La generazione dei baby boomer, composta da coloro che sono nati tra il 1946 e il 1964, è ora al centro di un potenziale terremoto finanziario che potrebbe avere ripercussioni globali.
Già negli anni ’90, alcuni economisti avevano avanzato la cosiddetta «ipotesi del crollo del mercato», una teoria che prevedeva un’ondata di vendite di attività finanziarie da parte della generazione post-bellica una volta raggiunta l’età della pensione. Secondo questa visione, durante la fase di accumulo del risparmio previdenziale, i baby boomer avevano contribuito a sostenere la domanda di azioni e obbligazioni, facendo lievitare le valutazioni di mercato. Tuttavia, una volta giunti alla pensione, avrebbero dovuto vendere questi asset per finanziare gli anni della vecchiaia, generando così una pressione ribassista sui prezzi degli strumenti finanziari. [...]
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