Il capo di un’azienda invita al ristorante 180 dipendenti. Ma dopo la cena finisce in tribunale

P. F.

14 Ottobre 2025 - 17:13

L’ex direttore di un ente pubblico trentino è stato condannato a pagare un risarcimento di 6.000 euro. Nel 2019 aveva dichiarato il pagamento di una cena aziendale come spesa di rappresentanza.

Il capo di un’azienda invita al ristorante 180 dipendenti. Ma dopo la cena finisce in tribunale

Una cena aziendale per premiare il lavoro di 180 dipendenti si è rivelata più costosa del previsto per il direttore di una Residenza sanitaria assistita (Rsa), ora condannato a pagare 6.000 euro di risarcimento dalla Corte dei conti di Trento per aver dichiarato il banchetto una “spesa di rappresentanza”.

A finire nel mirino dei giudici è l’Azienda Pubblica di Servizi alla Persona (APSP) di Levico Terme, un ente pubblico trentino che si occupa di assistenza agli anziani. Ecco cosa è successo.

Una cena premio da 6.000 euro finisce sotto accusa

La controversia risale al 2019, quando l’ex direttore della Rsa di Levico ha deciso di organizzare una cena per 180 dipendenti e dirigenti dell’ente per “motivare il personale”. Al termine della serata, è arrivato il conto del ristorante: 5.940 euro, circa 33 euro a persona. L’importo, autorizzato dal capo, è stato poi dichiarato come una “spesa di rappresentanza” aziendale.

Per la Corte dei conti di Trento, tuttavia, non funziona così. Secondo l’organo di rilievo costituzionale, quel momento conviviale non avrebbe nulla a che fare con le attività ufficiali dell’ente e, conseguentemente, chi ha autorizzato il pagamento deve risarcire la spesa.

Oltre alla cena incriminata, sono finiti sotto accusa anche altri acquisti dichiarati come spese di rappresentanza: spille celebrative (3.680 euro), ciotole per i pensionati (300 euro), attestati al merito (109 euro) e composizioni floreali per il ritrovo dei dipendenti (100 euro). Il totale contestato, dunque, ammontava a 10.130 euro. Alla fine, i giudici trentini hanno dichiarato che queste ultime uscite rientravano nelle iniziative previste dal regolamento dell’ente.

Le giustificazioni dell’ex direttore

La difesa dell’ex direttore, rappresentata dall’avvocato Elisa Maccacaro del foro di Verona, ha sostenuto nella costituzione in giudizio depositata il 22 gennaio 2025 che il lavoro in una Rsa è particolarmente complesso: “Si incontrano diverse difficoltà nel reclutare e mantenere in servizio personale dedicato all’assistenza degli anziani”.

Proprio per questo motivo, la direzione dell’ente di Levico Terme ha deciso di investire in cene, regali e attestati per sollevare il morale dei dipendenti, con l’obiettivo di “garantire i livelli sia numerici sia qualitativi degli operatori preposti all’assistenza”.

Queste dichiarazioni, tuttavia, non hanno convinto i giudici. La Corte dei conti ha criticato il pagamento di 5.940 euro, giudicandolo ingiustificato. Secondo la sentenza, la spesa per la cena aziendale non dimostrerebbe alcun beneficio esterno per l’amministrazione.

Il dispendio, infatti, non risulta legato all’obiettivo di valorizzare o accrescere il prestigio dell’ente. Per incentivare il personale o promuovere iniziative di welfare, la Corte ha sottolineato che occorre seguire regole precise definite nella contrattazione collettiva o decentrata che, nel caso dell’APSP, non sono invece state rispettate.

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