I CEO delle Big Tech non parlano d’altro. Il futuro dei data center è nello spazio

P. F.

28 Novembre 2025 - 15:15

Ai colossi tecnologici statunitensi la Terra non basta più. L’obiettivo futuro è costruire data center nello spazio, un’ambiente ideale per l’elaborazione ad alta intensità energetica.

I CEO delle Big Tech non parlano d’altro. Il futuro dei data center è nello spazio

La crescita della domanda di intelligenza artificiale sta spingendo le Big Tech verso soluzioni radicali. Google, in particolare, ha deciso di guardare oltre la Terra per affrontare un problema sempre più evidente: la potenza di calcolo richiesta dall’AI aumenta più velocemente delle infrastrutture disponibili. Per questo motivo, il colosso tecnologico ha dato origine a Project Suncatcher, un nuovo programma di ricerca pensato per la futura costruzione di data center nello spazio.

Secondo i ricercatori di Mountain View, lo spazio rappresenta infatti un ambiente ideale per l’elaborazione ad alta intensità energetica. In orbita bassa, i pannelli solari possono catturare una quantità di energia fino a 8 volte superiore rispetto a quelli collocati sulla superficie terrestre, grazie all’esposizione quasi continua alla luce del Sole e all’assenza di perdite atmosferiche.

Google immagina una costellazione di satelliti dotati dei suoi chip TPU, collegati tra loro tramite fasci ottici ad altissima velocità. L’obiettivo non è semplicemente spostare i server nello spazio, ma creare una nuova generazione di infrastrutture capaci di sostenere la crescita esplosiva dell’AI senza gravare sulle reti elettriche terrestri o richiedere enormi quantità di acqua per il raffreddamento.

Le parole di Sundar Pichai e i primi test attesi per il 2027

A spiegare la portata del progetto è stato il CEO di Alphabet Sundar Pichai, che nel podcast “Google AI: Release Notes” lo ha definito un vero e proprio “moonshot”, un termine utilizzato per descrive un obiettivo estremamente ambizioso e audace che, tuttavia, appare sempre più sensato.

Pichai ha indicato il 2027 come l’anno in cui Google spera di portare la prima TPU in orbita, grazie al lancio di due satelliti prototipo. Saranno test cruciali per verificare se i chip, progettati originariamente per funzionare in ambienti controllati, possono resistere alle radiazioni e alle condizioni estreme dello spazio.

Non solo Google. Anche Musk e Bezos puntano allo spazio

L’interesse verso data center orbitanti non riguarda solo Google. Elon Musk, Jeff Bezos e altri protagonisti della scena tech hanno espresso posizioni simili. Il motivo è semplice: sulla Terra, i limiti stanno diventando evidenti.

I data center consumano enormi quantità di energia e sono tra i principali fattori di stress per le reti elettriche, in particolare negli Stati Uniti. Secondo le stime più recenti, l’intero fabbisogno energetico dei data center globali si attesta intorno ai 59 gigawatt, ma è destinato ad aumentare rapidamente con la diffusione di modelli sempre più grandi.

A lungo andare, è chiaro che non sarà più sostenibile continuare a costruire centinaia di nuove infrastrutture sul pianeta. Lo spazio, dotato di energia solare continua e disponibilità praticamente infinita, diventa quindi un’alternativa sempre più credibile.

I nodi ancora irrisolti: costi, tecnologia e fattibilità

Nonostante l’entusiasmo, restano numerose criticità. I satelliti dovranno mantenere una formazione stabile, comunicare tra loro con grande precisione e garantire affidabilità nel lungo periodo senza manutenzione. Anche il raffreddamento rappresenta una sfida, poiché senza aria la dissipazione del calore diventa più complessa.

Sul fronte economico, i costi di lancio restano elevati, anche se in forte calo rispetto al passato grazie ai razzi riutilizzabili. Perché un’infrastruttura del genere diventi davvero competitiva, servirà una riduzione ulteriore delle spese e un’evoluzione significativa delle tecnologie di miniaturizzazione e dei sistemi ottici.

Project Suncatcher è ancora nella sua fase embrionale, ma il solo fatto che Google abbia pubblicato un documento tecnico e programmato dei test reali indica che non si tratta di una semplice provocazione alle società concorrenti.

Se questa tecnologia dovesse rivelarsi praticabile, potrebbe rivoluzionare la geografia del cloud e dell’AI e sarebbe un vantaggio prezioso per il pianeta Terra e i suoi abitanti, poiché garantirebbe meno pressione sulle reti elettriche, minore impatto ambientale, maggiore scalabilità e la possibilità di sfruttare energia solare quasi illimitata.

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