Ho diritto ai buoni pasto?

Laura Pellegrini

9 Novembre 2025 - 14:37

In Italia sono circa 3,5 milioni i lavoratori che utilizzano i buoni pasto, ma ne hanno diritto tutti i dipendenti pubblici e privati? Facciamo chiarezza.

Ho diritto ai buoni pasto?

La Legge di Bilancio 2026 prevede l’amento della soglia di esenzione dei buoni pasto elettronici da 8 a 10 euro a partire dal 1° gennaio 2026, mentre per i buoni cartacei non è prevista alcuna variazione. La novità punta a modernizzare le procedure e a favorire il controllo fiscale, ma rischia di escludere una buona parte di lavoratori che a oggi percepisce i buoni cartacei (fermi a 4 euro).

I ticket costituiscono un’importante integrazione al reddito delle famiglie, che possono percepire fino a 1.760 euro nell’arco di un anno. Con l’aumento della soglia di esenzione a 10 euro, inoltre, il beneficio potrebbe valere fino a 2.200 euro all’anno, ovvero circa 440 euro in più rispetto al passato.

Ma chi ha diritto ai buoni pasto e come si possono ottenere i ticket? Lavoratori dipendenti pubblici e privati, impiegati part-time o a tempo pieno, apprendisti, stagisti e tirocinanti: facciamo chiarezza sulla normativa alla luce delle nuove regole.

Chi ha diritto ai buoni pasto

La normativa che regola i buoni pasto (D.lgs. 36/2023) consente ai datori di lavoro di riconoscere i buoni pasto, in formato elettronico o cartaceo, ai lavoratori titolari di un rapporto di lavoro subordinato, così come a coloro che hanno instaurato un rapporto di collaborazione, non necessariamente subordinato, con il soggetto che corrisponde i buoni pasto.

Anche l’apprendistato costituisce una forma di contratto di lavoro subordinato e pertanto i lavoratori assunti con questa modalità contrattuale hanno diritto ai buoni pasto. Diversa è la situazione per stagisti e tirocinanti: in questi casi, infatti, è l’azienda a decidere se erogare o meno i buoni pasto come sostegno flessibile insieme al rimborso spese (solitamente viene specificato nell’annuncio di lavoro).

Bisogna ricordare che la legge non impone alcun obbligo per il datore di lavoro, che può decidere liberamente se erogare questi benefit aziendali o meno, eccetto nei casi in cui i ticket sono previsti dal CCNL di riferimento o da specifici accordi individuali con il lavoratore.

I buoni pasto, secondo la normativa, non concorrono alla formazione del reddito fino a 4 euro per quelli cartacei e fino a 8 euro per quelli elettronici. Quest’ultima soglia verrà innalzata a 10 euro grazie a una norma inserita nella Legge di Bilancio 2026.

I lavoratori part-time hanno diritto ai buoni pasto?

L’assegnazione dei buoni pasto non è vincolata all’organizzazione e alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, e neppure all’orario di lavoro.

Anche i lavoratori part-time, quindi hanno diritto ai buoni pasto, con alcune precisazioni necessarie:

  • non è necessario che il lavoratore svolga un turno di lavoro comprensivo della pausa pranzo;
  • i buoni pasto erogati possono essere spesi anche al di fuori della pausa pranzo.

In alcuni casi, all’interno del CCNL specifico per il settore potrebbero essere fissate regole più precise: per esempio, lo svolgimento di un turno minimo di 6 o di 8 ore. In assenza di una norma specifica, si applicano le condizioni generali.

I buoni pasto spettano anche ai dipendenti pubblici

Per quanto riguarda i dipendenti pubblici, l’articolo 35 del CCNL prevede che gli enti, in relazione al proprio assetto organizzativo e compatibilmente con le risorse disponibili, possano istituire un servizio di mensa o, in alternativa, attribuire al personale buoni pasto sostitutivi, previo confronto con le organizzazioni sindacali.

Secondo al normativa, quindi, hanno diritto ai buoni pasto i dipendenti pubblici che:

  • svolgono la propria attività al mattino e proseguono nelle ore pomeridiane;
  • iniziano a lavorare nel pomeriggio e proseguono nelle ore serali;
  • iniziano il turno nelle ore serali e proseguono nella notte con una pausa di almeno 30 minuti.

Una recente sentenza della Cassazione, tuttavia, ha stabilito che i dipendenti pubblici hanno diritto ai buoni pasto se svolgono una giornata lavorativa di almeno 6 ore che comprenda la pausa pranzo, senza distinzione tra turnisti e non.

La normativa non è univoca e applicabile a tutti i settori: per esempio, nel comparto Sanità la Cassazione ha legato il diritto al solo superamento delle sei ore. Al contrario, per i Ministeri, la stessa Corte ha richiesto l’effettiva fruizione della pausa. Per capire se hai realmente diritto ai buoni pasto, quindi, devi verificare il CCNL del settore di riferimento.

E per chi lavora in smart working?

Un’altra distinzione importante per l’erogazione dei ticket riguarda i dipendenti pubblici che lavorano da casa oppure coloro che svolgono la propria attività in modalità ibrida: in questo caso, i lavoratori hanno diritto ai buoni pasto?

L’articolo 14 del CCNL Reparto Funzioni Centrali disciplina l’attribuzione del buono pasto nelle giornate in cui viene svolto lavoro agile. La norma prevede che “ai fini dell’erogazione del buono pasto, le ore di lavoro convenzionali della giornata di lavoro resa in modalità agile, siano pari alle ore di lavoro ordinarie che il dipendente avrebbe svolto per la medesima giornata se avesse reso la prestazione in presenza”.

Ciò significa che, se il dipendente pubblico svolge le ore di lavoro convenzionali anche da casa, ha diritto a un buono pasto per ciascuna giornata lavorativa effettivamente svolta.

Nel settore privato, invece, la norma è più eterogenea e prevede differenze in base a quanto previsto dai diversi CCNL di riferimento: in assenza di altre fonti specifiche, il datore di lavoro non è obbligato a erogare i ticket.

Chi NON ha diritto ai buoni pasto

Dopo aver analizzato quali lavoratori hanno diritto ai buoni pasto, è utile sapere anche in quali casi non è prevista l’erogazione dei ticket. Per esempio, come accennato, nelle aziende o negli enti pubblici dove è previsto un servizio sostitutivo di mensa, reso mediante buoni pasto, il datore di lavoro può erogare a dipendenti e collaboratori una prestazione di vitto.

Non hanno diritto al servizio sostitutivo di mensa, e dunque nemmeno al buono pasto, le seguenti categorie di lavoratori:

  • i lavoratori che si trovano in aspettativa,
  • coloro che prendono un permesso che dura tutta la giornata (anche nel caso della legge 104 per i permessi di un’intera giornata);
  • i lavoratori che si trovano in cassa integrazione;
  • i lavoratori che aderiscono a uno sciopero;
  • i lavoratori che si trovano in malattia.

Nel momento in cui la persona non assolve la sua giornata lavorativa, allora il benefit buono pasto perde la sua funzione e dunque non può essere corrisposto. L’azienda tuttavia può decidere di erogare comunque il buono pasto al lavoratore in cassa integrazione o in aspettativa, ma in tutti questi casi il ticket è interamente a carico del datore di lavoro e concorre alla formazione del reddito imponibile per il percipiente.

Buoni pasto, cosa cambia nel 2026

La novità più importante per il 2026 è l’aumento della soglia di esenzione per i buoni pasto elettronici, che passerà da 8 a 10 euro, secondo quanto previsto dal Governo. Secondo un recente studio effettuato da Teha Group in collaborazione con Edenred che è un grande gruppo del settore, la misura costerà tra i 75 e i 90 milioni di euro e potrebbe far aumentare i consumi tra 1,7 e 1,9 miliardi di euro.

La differenza di trattamento tra i buoni cartacei e quelli digitali non è una novità: già nel 2020, la normativa aveva previsto un abbassamento della soglia per i cartacei da 5,29 a 4 euro, mentre quella per gli elettronici era salita da 7 a 8 euro. La distinzione è legata a motivi tecnici, fiscali e politici.

Attualmente in Italia ci sono 3,5 milioni di lavoratori che utilizzano regolarmente i buoni pasto, dei quali 2,8 milioni nel settore privato a 700mila nel settore pubblico.

A beneficiare della novità sarebbero anche 250 mila società che acquistano ogni anno i servizi e 170 mila esercizi convenzionati tra i quali figurano bar, ristoranti e gastronomie. Il gettito fiscale per le casse statali sarebbe positivo, stimato tra 95 e 110 milioni di euro. Segno che i buoni pasto non sono solo una misura di welfare aziendale, ma anche uno strumento di politica economica.

Gli esclusi

I sindacati hanno segnalato che sono ancora troppi i lavoratori esclusi dai buoni pasto elettronici e quindi si rischia di applicare trattamenti diversi per lavoratori con le stesse mansioni.

Per esempio, i lavoratori impiegati nei settori della logistica, della distribuzione o nelle piccole imprese continuano a ricevere buoni cartacei (fermi a 4 euro dal 2020) e, quindi, restano esclusi dal beneficio. In generale, tutti coloro che lavorano in settori o contesti poco digitalizzati rischiano di rimanere esclusi da novità e agevolazioni statali.

Al momento il Governo non ha previsto alcuna modifica alla soglia dei buoni pasto cartacei, e nemmeno un meccanismo di transizione obbligatoria verso i buoni elettronici. Questi ultimi, comunque, garantiscono maggiore tracciabilità dei pagamenti, riducono le occasioni di utilizzo improprio e favoriscono i controlli fiscali da parte dell’Agenzia delle Entrate, oltre a ridurre i costi di emissione e di utilizzo.

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