Gli Usa non sono in recessione (per ora). E questo è un problema per la Fed

Violetta Silvestri

1 Novembre 2023 - 15:36

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La mancata recessione negli Usa è un problema per la politica della Fed. Quanto è forte l’economia statunitense e cosa significa per Powell e le scelte sui tassi.

Gli Usa non sono in recessione (per ora). E questo è un problema per la Fed

Mentre ci si aspetta che la Fed mantenga i tassi invariati, l’interesse per l’economia Usa è forte.

Il punto cruciale che gli analisti stanno valutando è che nel corso della sua battaglia biennale contro l’inflazione, la banca centrale Usa ha cercato - finora invano - di mettere in difficoltà i consumatori attraverso tassi di interesse più elevati così da fermare la spesa, allineare la domanda all’offerta e spingere la crescita economica statunitense al di sotto del suo livello per allentare la pressione sui prezzi.

Tutto questo, però, non è successo e i politici Fed devono ora giudicare se la performance migliore del previsto dell’economia sia l’ultimo sussulto dell’ondata di consumi che sta iniziato durante la pandemia di COVID-19, o l’evidenza che la politica monetaria non è ancora abbastanza rigorosa da riportare completamente l’inflazione al target del 2%.

La recessione mancata degli Stati Uniti rischia di trasformarsi in un incubo per Powell e gli altri del board.

Negli Usa la recessione non c’è. Cosa rischia la Fed?

Dall’ultimo incontro di politica monetaria di settembre, quando anche i policy maker della banca centrale hanno lasciato i tassi invariati, i dati in arrivo hanno mostrato una crescita occupazionale più forte del previsto, una ripresa economica maggiore delle attese e solo un lento miglioramento del ritmo dell’inflazione che, a livello Il 3,4% a settembre, secondo l’indicatore preferito dalla Fed, resta ben al di sopra dell’obiettivo.

Certo, segnali più allarmanti ci sono. I rendimenti sui titoli del Tesoro Usa a lungo termine sono aumentati dalla scorsa estate e il tasso medio su un mutuo a tasso fisso di 30 anni è salito quasi all’8%, un livello che non si vedeva da quasi un quarto di secolo. In definitiva, i funzionari della Fed ritengono che questi sviluppi rallenteranno la spesa delle imprese e delle famiglie.

Per ora, però, i risparmi dell’era della pandemia, combinati con un basso tasso di disoccupazione e continui e sani aumenti salariali, stanno consentendo ai consumatori di continuare ad alimentare una forte crescita economica. Ciò ha contrastato le preoccupazioni che sviluppi come il rinnovo dei pagamenti dei prestiti studenteschi e l’indebolimento della fiducia dei consumatori avrebbero indotto le persone a moderare le spese.

Invece, le aziende rivolte ai consumatori come McDonald’s e Amazon hanno realizzato utili che superano il consenso, mentre i prezzi delle case hanno continuato a salire nonostante gli alti tassi ipotecari.

Da quando i programmi dell’era della pandemia hanno pompato trilioni di dollari nei conti bancari delle famiglie, gli economisti hanno cercato di fare i conti con quando quei risparmi extra sarebbero stati esauriti. Dopo che la scorsa settimana il governo degli Stati Uniti ha riportato i dati eccellenti sulla crescita economica del terzo trimestre, alcuni analisti hanno rivalutato la situazione e hanno suggerito che rimanessero ancora forse mille miliardi di dollari per alimentare i consumi e, potenzialmente, prezzi più alti.

La spesa, in sintesi, ha continuato a crescere nonostante i livelli di fiducia dei consumatori che, secondo il Conference Board, sono scesi a livelli recessivi in ​​mezzo a una serie di preoccupazioni.

Il problema, adesso, è secondo Powell la crescita deve rallentare e, in caso contrario, significa che il tasso di riferimento della Fed dovrà aumentare. Vedremo cosa dirà in conferenza stampa oggi, 1 novembre, alle ore 19.30 italiane.

A settembre, il governatore aveva sottolineato: “È positivo che l’economia sia forte. È positivo che l’economia sia stata in grado di resistere alla stretta che abbiamo attuato. È positivo che il mercato del lavoro sia forte. Ma se l’economia dovesse rivelarsi più forte del previsto, ciò significa semplicemente che dovremo fare di più in termini di politica monetaria per tornare al 2%.”

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