Il successore di Shigeru Ishiba dovrà affrontare tre nodi cruciali: l’inflazione sul riso, il peso del debito pubblico e la fragilità di un’LDP minacciata dall’ascesa del populismo.
Le dimissioni di Shigeru Ishiba segnano una nuova fase di incertezza per il Giappone. In meno di un anno di governo, l’ex premier ha dovuto cedere il passo dopo due sconfitte elettorali consecutive dell’LDP, travolta dal malcontento popolare. Alla base della crisi, l’aumento dei prezzi al consumo: l’inflazione ha superato il 3% annuo, il livello più alto da oltre 40 anni, e il riso – alimento cardine della dieta giapponese – ha registrato rincari superiori al 15% su base annua in alcune aree urbane.
Dietro a questa fiammata c’è una politica agricola che da decenni favorisce la protezione dei produttori: quote limitate alla coltivazione, sussidi agli agricoltori e dazi sulle importazioni fino al 778% sul riso estero. Una strategia che in passato garantiva voti nelle aree rurali, ma che oggi è percepita come una gabbia che aggrava la scarsità e alimenta i prezzi.
La situazione economica non è meno drammatica sul fronte finanziario. Il Giappone detiene il più alto debito pubblico tra i paesi sviluppati, pari a circa il 260% del PIL. Solo nel 2025, il bilancio statale prevede 32,4 trilioni di yen (circa 219 miliardi di dollari) destinati al servizio del debito. I rendimenti dei titoli di stato trentennali sono vicini al 2%, un livello che non si vedeva da quasi due decenni, segnale di crescente sfiducia dei mercati. [...]
Accedi ai contenuti riservati
Navighi con pubblicità ridotta
Ottieni sconti su prodotti e servizi
Disdici quando vuoi
Sei già iscritto? Clicca qui
© RIPRODUZIONE RISERVATA