Gap supera le attese con vendite in crescita e utili in rialzo, ma il titolo affonda del 16% dopo l’allarme sull’impatto dei dazi USA sulle importazioni dalla Cina.
Gap Inc., colosso statunitense dell’abbigliamento proprietario di marchi come Old Navy, Banana Republic e Athleta, ha pubblicato risultati trimestrali superiori alle aspettative degli analisti. Nel primo trimestre del 2025, la società ha registrato un utile per azione di 0,51 dollari, battendo le stime di 0,44 dollari, e ricavi per 3,46 miliardi di dollari, anch’essi migliori delle attese fissate a 3,41 miliardi. Le vendite comparabili, cioè quelle dei negozi aperti da almeno un anno, sono cresciute del 2% rispetto allo stesso periodo del 2024, segnando il nono trimestre consecutivo di guadagno di quote di mercato.
L’amministratore delegato Richard Dickson ha sottolineato come questi risultati confermino la bontà della strategia di rilancio del gruppo, che da mesi punta su un rinnovamento dell’offerta e su una maggiore efficienza operativa. In particolare, la domanda per i brand Old Navy e Gap si è dimostrata robusta, grazie anche a un restyling che ha intercettato le preferenze dei consumatori.
Gap ha inoltre rafforzato la propria posizione finanziaria, chiudendo il trimestre con 2,2 miliardi di dollari in liquidità e investimenti a breve termine, in aumento del 28% rispetto all’anno precedente, e ha riacquistato 4 milioni di azioni per un controvalore di 70 milioni di dollari.
Il peso dei dazi oscura i risultati: fino a 300 milioni di dollari di costi extra
Nonostante la solidità dei risultati, il titolo Gap ha subito un crollo del 16% a Wall Street subito dopo la pubblicazione dei conti. La causa risiede nell’avvertimento lanciato dal management sull’impatto potenzialmente pesante dei dazi imposti dall’amministrazione Trump sulle importazioni dalla Cina e da altri Paesi. Secondo le stime della società, se le attuali tariffe resteranno in vigore, Gap dovrà far fronte a costi incrementali compresi tra 250 e 300 milioni di dollari nell’anno fiscale 2025.
Sebbene il gruppo abbia già messo in campo strategie per mitigare oltre la metà di questa cifra – ad esempio diversificando la supply chain e riducendo la dipendenza dalla produzione cinese, che oggi rappresenta meno del 10% degli acquisti – l’impatto netto sull’utile operativo è stimato tra i 100 e i 150 milioni di dollari, soprattutto nella seconda metà dell’anno. Una cifra che, secondo gli analisti, rischia di vanificare i progressi fatti sul fronte della redditività e della crescita delle vendite.
Gap sorprende con i conti, ma il mercato guarda ai rischi futuri
Il tema dei dazi non riguarda solo Gap: molte altre aziende del retail USA, da Walmart a Macy’s, hanno già annunciato aumenti selettivi dei prezzi per compensare i maggiori costi di importazione. L’azienda, tuttavia, ha dichiarato di non voler scaricare l’intero peso sui consumatori, evitando per ora rincari generalizzati sui propri prodotti.
Per l’intero anno fiscale 2025, Gap prevede infatti una crescita delle vendite nette compresa tra l’1% e il 2%, con un secondo trimestre atteso stabile rispetto al 2024. L’azienda stima anche un aumento dell’8-10% dell’utile operativo, escludendo però l’impatto dei dazi dalle proprie previsioni ufficiali. Una scelta che ha contribuito ad aumentare l’incertezza tra gli investitori, che temono un peggioramento dei margini e una revisione al ribasso delle guidance nei prossimi mesi.
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