Termosifoni o condizionatore spenti al lavoro, cosa può fare il dipendente?

Simone Micocci

19 Dicembre 2023 - 12:58

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Termosifoni spenti perché guasti o per decisione del datore di lavoro di contenere i costi sul riscaldamento: quando è legittimo e cosa può fare il dipendente per difendersi.

Termosifoni o condizionatore spenti al lavoro, cosa può fare il dipendente?

Lavorare in un posto freddo non è certo una condizione ottimale per il dipendente: tant’è che - così come quando fa troppo caldo - entrano in gioco le norme che tutelano la sicurezza sui luoghi di lavoro.

Termosifoni spenti, nessun condizionatore in grado di riscaldare l’ambiente: in questo periodo dell’anno non è raro imbattersi in posti di lavoro non accoglienti, specialmente in quegli edifici molto grandi in cui i costi per un riscaldamento efficiente possono risultare particolarmente elevati per l’azienda.

Tuttavia, va detto che accendere i termosifoni in inverno non è necessariamente un obbligo per il datore di lavoro, l’importante infatti è che l’ambiente rispetti le norme sulla sicurezza sul lavoro assicurando una temperatura ideale. A partire dall’articolo 2087 del Codice civile che obbliga il datore di lavoro a tutelare la salute e l’integrità fisica e morale dei propri dipendenti, oltre al d.lgs n. 81 del 2008, il cosiddetto Testo unico sulla sicurezza, dove sono raccolte tutte le norme che regolano la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di impiego.

In particolare è l’allegato IV del Testo unico che dobbiamo prendere come riferimento per rispondere alla domanda se è lecito non accendere (o proprio non averli) i termosifoni sul lavoro, così come qualsiasi altra fonte di riscaldamento: è qui, infatti, che si parla di stress termico, ossia quella condizione che si verifica quando il sistema di termoregolazione dell’organismo fallisce (il che può avvenire tanto per il troppo caldo quanto per il troppo freddo).

Vediamo quindi cosa prevedono le regole per il cosiddetto microclima negli ambienti di lavoro, e in quali casi è un diritto del lavoratore che i termosifoni o i condizionatori siano regolarmente funzionanti.

La temperatura ideale in ufficio

È il datore di lavoro a dover garantire il diritto del lavoratore alla tutela della propria salute in ufficio.

Come anticipato, è un allegato al decreto del 2008 su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro a determinare i criteri generali sul microclima negli ambienti di lavoro. Qui si trovano indicazioni per la temperatura in ufficio, stabilendo che:

  • la temperatura degli spazi di lavoro deve essere adeguata all’organismo umano durante le ore di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro usati e degli sforzi fisici da parte dei lavoratori;
  • la temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di sorveglianza, dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso deve essere conforme alla destinazione effettiva di detti locali;
  • laddove non sia possibile modificare la temperatura di tutto l’ambiente, il datore di lavoro deve provvedere alla tutela dei lavoratori contro le temperature troppo basse, per il tramite di misure tecniche specifiche o mezzi personali di protezione.

Va detto che si tratta di obblighi dai contenuti piuttosto generici: tuttavia, sulla base delle precisazioni fatte in questi anni, specialmente in sede giurisprudenziale, possiamo ritenere che il livello ottimale della temperatura in ufficio sia compreso di solito fra i 19 e i 24 gradi centigradi, mentre l’umidità deve essere inclusa tra il 40 e il 60%.

Per il ministero della Salute, tuttavia, per parlare di ambiente freddo bisogna trovarsi al di sotto dei 15 gradi centigradi.

Cosa fare se c’è troppo freddo al lavoro

Secondo quanto stabilito dalla Suprema Corte è giustificata l’assenza del lavoratore o della lavoratrice, che non si reca sul posto di lavoro se l’ambiente è freddo e umido (sent. n. 6631/2015).

Il datore di lavoro resta comunque obbligato a versargli la retribuzione anche nei giorni o nelle ore di assenza, e questo per il semplice fatto per cui il mancato svolgimento della prestazione lavorativa è dovuto proprio all’omessa tutela della salute negli ambienti di lavoro.

Attenzione anche a questo dettaglio: non serve che un gruppo di lavoratori abbia indetto una sorta di “sciopero per il freddo”, perché basta anche che uno solo dei lavoratori abbia scelto di non recarsi in ufficio per le basse temperature e l’impianto di riscaldamento spento o rotto.

Tuttavia è vero che la diminuzione di temperatura deve essere consistente, ovvero occorre comunque che vi sia una proporzione tra l’inadempimento del datore e la reazione del lavoratore subordinato.

Soltanto nel caso in cui l’ambiente di lavoro sia davvero insalubre è possibile assentarsi senza rischi di sanzioni disciplinari o decurtazioni dello stipendio. In altre parole non hanno importanza le soggettive percezioni del freddo di chi, magari essendo più freddoloso di altri, potrebbe rimediare vestendosi in modo più adeguato alle proprie necessità.

Chiaro che in caso di controversia in tribunale, proprio come quella giudicata dalla Cassazione, il lavoratore dovrà portare in giudizio ogni elemento idoneo ad acclarare temperatura troppo bassa in ufficio.

Non dimentichiamo dunque che il lavoratore è legittimato a fare causa di servizio, contro l’azienda che lo abbia obbligato a lavorare in un ambiente a temperature eccessivamente basse e umide. Ma attenzione: onde conseguire un risarcimento per il danno patito, occorre provare che la patologia o problema di salute è scaturito unicamente dalle condizioni inadeguate dell’ufficio e non da altri fattori (come ad esempio possono essere le condizioni di salute pregresse del lavoratore).

Quando ci si può rifiutare di lavorare

Riassumendo, possiamo dire che in ogni caso termosifoni o altre forme di riscaldamento siano obbligatori per l’azienda? Assolutamente no, l’importante è che l’ambiente sia comunque idoneo a garantire una situazione di comfort per il lavoratore.

Se ad esempio una stanza è piccola a tal punto da mantenere una temperatura costante tra i 16 e i 18 gradi anche senza riscaldamento, il datore di lavoro può anche risparmiare sul costo dei termosifoni.

Ovviamente spesso si tratta di due situazioni legate tra loro: è ovvio che quando fa troppo freddo solamente una forma di riscaldamento può rendere l’ambiente salubre.

Tuttavia, per rifiutarsi di lavorare deve fare davvero freddo: ad esempio, secondo quanto specificato dal ministero della Salute un ambiente di lavoro è considerato freddo quando le temperature ambientali sono inferiori a 15° C.

È questa quindi la soglia che possiamo prendere come riferimento, al di sotto della quale il lavoratore o la lavoratrice possono rifiutarsi di svolgere l’attività lavorativa senza rischiare una sanzione disciplinare.

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