Scoppia il caso Mauritius Leaks: un nuovo paradiso fiscale in cui centinaia di aziende eludono le tasse andando a colpire gli Stati africani.
È stato scoperchiato un altro paradiso fiscale: il caso Mauritius Leaks ha messo in luce come centinaia di aziende eludano le tasse, andando ad impoverire, in particolar modo, gli Stati africani.
Basato su 200.000 file e documenti, lo scandalo Mauritius Leaks ha messo in luce un sofisticato sistema che devia le tasse dalle nazioni più povere verso gli oligarchi africani e le grandi aziende occidentali.
A rivelarlo al mondo è stato il giornale francese Le Monde grazie all’operazione dell’ICIJ, l’International Consortium of Investigative Journalists.
Cosa è lo scandalo Mauritius Leaks?
Nell’isola Mauritius, ex colonia olandese, sono nate oltre 2400 compagnie offshore, grazie all’idea di trasformare il Paese nella "Lussemburgo d’Africa" dell’ex ministro delle finanze Rama Sithanen. Prima dell’entrata in vigore di questa legge, che prevede la doppia non imposizione, soltanto due compagnie offshore avevano sede nell’isola.
I Mauritius Leaks hanno mostrato come molte aziende vadano ad impoverire gli stati africani, in quanto le società preferiscono investire in un paradiso fiscale come quello di Mauritius, piuttosto che negli altri Paesi africani. Alcuni stati africani ed in particolare il Senegal, stimano di aver perso ingenti somme di denaro a causa del trattato della doppia non imposizione. Secondo gli ultimi calcoli, il Paese sopra citato avrebbe stimato una perdita di circa 257 milioni di dollari in 17 anni in cui il trattato è stato in vigore. Questo trattato è in corso di rielaborazione e ci sono dei discorsi aperti per rielaborarlo tra Mauritius e diversi stati africani.
Oltre a questo, anche gli stessi investimenti dei Paesi stranieri in Africa provengono spesso da prestiti da parte di imprese con sede in paradisi fiscali: si stima che ogni sei dollari di investimento, uno provenga dall’isola di Mauritius.
Secondo lo studio di Oxfam Africa “i Mauritius Leaks ci forniscono un altro esempio di come le multinazionali stiano prendendo in giro il sistema per ridurre le loro imposte e di come stiano imbrogliando i paesi più poveri del mondo, privandoli di entrate fiscali vitali per mandare i bambini a scuola o per assicurare che la gente possa vedere un dottore quando è malata. Il vero scandalo è che ciò è totalmente legale”.
Dunque è in corso una ottimizzazione dei carichi fiscali su investimenti in Africa che sta sottraendo, ai Paesi in via più poveri del continente, fondi vitali. Tra i nomi coinvolti nello scandalo ci sarebbe anche un personaggio di primo piano a livello musicale.
Bob Geldof coinvolto nei Mauritius Leaks
Tra le aziende coinvolte nello scandalo saltano all’occhio quelle di Bob Geldof, musicista ed attivista. L’irlandese è noto per aver sostenuto la causa africana con continuità: prima volendo salvare il continente africano dai debiti, quindi cercando di contribuire allo sviluppo economico. Tutto è iniziato con l’evento USA for Africa degli anni ottanta, quello del 1985, Live Aid, concerto rock tenutosi a Wembley e Filadelfia, in mondovisione. Nel 2005 è tornato a far parlare di sé con l’evento Live 8, una serie di 10 concerti che avevano l’obiettivo di far pressione, alla vigilia del G8, sui leader politici per cancellare il debito delle nazioni più povere.
A livello imprenditoriale invece, dagli anni novanta, ha fondato una società di produzione televisiva ed una società di viaggi oltre una società chiamata Ten Alps. Inoltre, per contribuire allo sviluppo dell’Africa, ha investito oltre 200 milioni di euro in sanità, educazione, beni immobiliari.
Nei Mauritius Leaks sono state inserite anche altre multinazionali come CFAO, l’ex compagnia francese attiva in Africa Occidentale, ed oggi di proprietà franco-giapponese; la società svizzera Trafigura, colosso del trading di petrolio e materie prime. Nei dossier vengono menzionate anche le multinazionali Whirlpool e Total, come anche Mayo Clinic.
Paradise Papers, il precedente scandalo fiscale
Il precedente scandalo che ha coinvolto le potenze economiche multinazionali è stato quello dei Paradise Papers: questi documenti sono stati pubblicati nel novembre del 2017 e costituiscono un dossier di 13,4 milioni di file. Sono stati resi pubblici un anno dopo lo scandalo dei Panama Papers, ed hanno toccato personaggi di primissimo piano come George Soros, la Regina Elisabetta, Apple e Nike.
Questi documenti sono stati acquisiti e resi pubblici dal quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung, e sottratti alla Appleby. Riguardano conti ed investimenti nelle Bermuda, ma anche attività svolte in altre isole in giro per il mondo, tra cui anche la Repubblica di Mauritius, le Cayman, le Seychelles, le Isole Vergini Britanicche.
Quali sono i migliori paradisi fiscali?
La Repubblica di Mauritius è stata inserita nella lista dei migliori 10 paradisi fiscali al mondo. In questa speciale classifica troviamo attualmente:
- Lussemburgo
- Isole Cayman
- Isola di Man
- Jersey
- Irlanda
- Mauritius
- Bermuda
- Monaco
- Svizzera
- Bahamas
La Repubblica di Mauritius è situata nell’Oceano Indiano a largo delle coste del Madagascar: in questa zona sono accolti numerosi capitali ed investimenti provenienti dall’estero. In grande parte gli investimenti diretti verso l’India: la tassazione per le società è del 15% con ulteriori agevolazioni fiscali in caso di residenza aziendale sull’isola. Le grandi società che vi hanno sede sono JP Morgan Chase, Citigroup, Pepsi.
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