L’Unione europea vuole utilizzare i beni russi congelati, anche se non sa ancora come. Ecco di quanti soldi si tratterebbe.
Tra le più dure sanzioni occidentali c’è il congelamento degli asset russi nelle istituzioni finanziarie dell’Ue, beni che tornerebbero particolarmente utili per finanziare la ricostruzione dell’Ucraina. Concettualmente l’idea non fa una piega, sarebbe un modo per usare gli asset visto che finora non è stato deciso che ne sarà, ma anche per ridurre il carico sull’Ue (che ha speso oltre 113 miliardi di euro soltanto tra il 2022 e il 2024 per Kiev, senza contare gli interventi dei singoli Stati membri).
Oltretutto, non si può ignorare che far letteralmente pagare alla Russia la ripresa ucraina ha un certo senso di giustizia, quantomeno di logicità, soddisfacente. D’altra parte, però, la questione non è così semplice. Appropriarsi in tutto e per tutto dei beni russi per poi utilizzarli, indipendentemente dalla finalità, non può certo essere fatto alla leggera, sicuramente non senza un paracadute valido dal punto di vista legale, finanziario, ma anche diplomatico.
Insomma, da congelare i beni russi a sottrarli deliberatamente il passaggio non è scontato, anche perché altrimenti si rischierebbero effetti devastanti, soprattutto per l’Unione europea stessa. Ciò non esclude, comunque, che siano in campo diverse ipotesi molto allettanti, anche grazie alle impressionanti cifre che Bruxelles potrebbe così ottenere e continuare a fornire sostegno a Kiev, senza dover sacrificare più - come molti temono - i bisogni interni europei.
L’Unione europea può utilizzare i beni russi congelati?
Gli asset russi detenuti presso le istituzioni bancarie Ue sono congelati dal 2022, nell’ambito delle sanzioni internazionali motivate dall’invasione dell’Ucraina. Ciò però non significa che l’Unione europea possa fare ciò che vuole dei beni russi, dovendo al contrario muoversi su un terreno a dir poco scivoloso. I beni russi non sono di proprietà dell’Ue, anche se la Russia non può al momento disporne, e prevedere diversamente appare molto rischioso.
Innanzitutto, c’è l’elevato rischio di violare la normativa internazionale e ignorare deliberatamente un diritto importante come la proprietà privata. Ma anche riuscendo a trovare la motivazione corretta per tentare di giustificare legalmente l’uso dei beni russi, resterebbe un precedente allarmante che scuoterebbe il mondo intero. Senza contare le ritorsioni russe, che sicuramente considererebbero un sostanzioso risarcimento, altri Stati potrebbero adottare politiche analoghe contro gli asset stranieri, facendo così venire a meno - a danno di tutti - fiducia, stabilità e cooperazione internazionali.
Una vera bomba nel diritto internazionale, ma pure nei mercati, che lederebbe soprattutto la credibilità europea. Di fatto, la Commissione Ue ha bocciato la proposta relativa alla confisca dei beni russi congelati, ampiamente supportata dal Belgio e dalla Banca centrale europea.
Non bisogna dimenticare che una parte considerevole delle risorse in questione è detenuta da Euroclear, una società belga, perciò è del tutto comprensibile che il Paese tema delle ritorsioni (mentre la maggior parte del resto della liquidità si trova presso la Bce). Tuttavia, Bruxelles è intenzionata a trovare una soluzione e proprio oggi la Commissione ha presentato due proposte alternative, sempre riguardanti i beni russi congelati.
Di quanti soldi si tratta e come usarli
I beni russi congelati dall’Unione europea ammontano a circa 200 miliardi di euro, motivo per cui Bruxelles fatica a ignorarne il peso. Ci sono quindi delle soluzioni alternative per sfruttare questo denaro senza calpestare palesemente il diritto internazionale e l’equilibrio finanziario. In particolare, sarebbe possibile sfruttare gli interessi generati da questi capitali (come d’altronde l’Unione europea sta facendo per rimborsare la quota del prestito all’Ucraina relativo al G7), ma pure sfruttare lo stratagemma del prestito.
L’Ue potrebbe dare un’obbligazione a Euroclear e ricevere circa 140 miliardi di euro dalla liquidità del fondo russo, da destinare proprio all’Ucraina, impegnandosi a restituirla al termine della guerra a seguito del pagamento delle riparazioni da parte della Russia. Come si evince, il risultato non sarebbe tanto differente, anche se mantenere la titolarità russa dei beni è molto più che una mera formalità. Per intraprendere questa strada bisognerebbe comunque superare la diffidenza del Belgio, soprattutto dal punto di vista delle incontrollabili ritorsioni politiche che potrebbe subire.
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