L’oro è ai massimi storici e la sua quotazione continua a macinare record. Secondo una previsione presto potrebbe raggiungere i 5.000 dollari l’oncia.
Si è conclusa una settimana da record per la quotazione dell’oro. Il bene rifugio per eccellenza ha toccato i 3.508,50 dollari l’oncia il 2 settembre e si avvicina alla soglia dei 3.600 dollari. I motivi sono molteplici, ma certamente la politica dei dazi imposta da Trump e il timore che la Fed possa perdere la propria indipendenza stanno alimentando un clima di incertezza, spingendo sempre più investitori verso il prezioso metallo. Ottime performance anche per l’argento, che ha superato i 40 dollari per la prima volta dal 2011, segnale di un interesse crescente verso i beni rifugio.
Quando l’oro potrebbe arrivare a 5.000 dollari l’oncia: la previsione
In soli sette giorni l’oro ha guadagnato il 5%, con una quotazione che dall’inizio dell’anno è cresciuta di un terzo. Goldman Sachs, in una nuova previsione, ha affermato che presto il metallo giallo potrebbe raggiungere quota 5.000 dollari. Ciò sarà possibile se l’indipendenza della Federal Reserve verrà compromessa e gli investitori trasferiranno anche solo una piccola parte dei propri asset dai titoli di Stato all’oro. Un passaggio di capitale relativamente contenuto, ma con effetti enormi sui mercati internazionali.
La prestigiosa banca d’affari stima un valore di 4.000 dollari l’oncia entro la metà del 2026. Uno scenario alternativo, definito di rischio estremo, prevede addirittura una quotazione di 4.500 dollari. Infine, esiste un terzo scenario che ipotizza un balzo a 5.000 dollari, ma solo se l’1% del mercato privato dei titoli di Stato statunitensi verrà spostato sull’oro. Si tratterebbe di un evento storico, con un impatto enorme sulle dinamiche delle riserve globali e sulle valute.
Insomma, in questo clima di incertezza l’oro è tornato a svolgere il suo ruolo di bene rifugio, capace di condizionare gli equilibri finanziari e monetari mondiali. Da 4-5 anni si assiste infatti a un fenomeno crescente di de-dollarizzazione: le banche centrali stanno riducendo le riserve in dollari per acquistare in media mille tonnellate d’oro all’anno. Questo avviene soprattutto nei Paesi emergenti, che vedono nell’oro un’alternativa solida contro le turbolenze geopolitiche. Un recente rapporto della Bce evidenzia come nelle riserve delle banche centrali arretrino le quote in dollari e yuan cinese, mentre l’euro rimane fermo; solo l’oro continua a crescere, arrivando perfino a superare l’euro per peso nelle riserve globali.
Diversi Paesi hanno già dismesso una parte consistente di dollari in cambio di oro. Tra questi la Germania, che dalle 3.468 tonnellate di metallo è scesa a 3.350. In Italia, invece, la riserva aurea resta stabile a 2.451 tonnellate, confermandosi la terza al mondo.
Tra gli esperti cresce la preoccupazione per lo scenario futuro. Se la Fed dovesse perdere la propria indipendenza, le conseguenze potrebbero essere pesantissime. Come ricordato anche dalla presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, ciò rappresenterebbe un pericolo grave per l’intero sistema finanziario globale, destabilizzando non solo i mercati ma anche la fiducia degli investitori.
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