Abbiamo intervistato Alessandro Aresu, autore de La Cina ha vinto (Feltrinelli), per capire come e perché Pechino sta avendo la meglio nella sfida a distanza contro l’Occidente.
Nel suo ultimo libro, La Cina ha vinto (Feltrinelli), il geopolitologo Alessandro Aresu ci guida in un’analisi che va oltre i cliché della narrazione occidentale sul confronto tra Pechino e Washington. Attraverso la figura di Wang Huning – intellettuale e stratega del Partito comunista cinese – Aresu racconta una “vittoria” che non è (o non è solo) un trionfo netto della Cina sugli Stati Uniti e sull’Europa, ma piuttosto un successo sistemico, maturato nel tempo grazie a scelte strategiche, conoscenza profonda dell’avversario e visione di lungo periodo. Lo abbiamo intervistato per capire meglio dove sta andando il mondo. E fin dove ha intenzione di arrivare la Cina.
Il suo ultimo libro si intitola “La Cina ha vinto”. In che cosa ha vinto?
Nel mio libro la “vittoria” cinese può essere intesa in vari modi. In primo luogo, “La Cina ha vinto” è la citazione di un articolo dell’ex rappresentante commerciale degli Stati Uniti, ora presidente del Council on Foreign Relations. In questo senso, la “vittoria” cinese è la convinzione di una parte dell’establishment degli Stati Uniti. In secondo luogo, attraverso il protagonista del libro, Wang Huning, cerco di ricordare come la conoscenza degli Stati Uniti da parte del potere politico cinese sia superiore rispetto a quella che gli Stati Uniti hanno della Cina. Questa è una “vittoria” di metodo. In terzo luogo, oltre ai fattori di debolezza della Cina, che non bisogna negare, ci sono due grandi elementi di forza, che sono la formazione dei talenti e la capacità manifatturiera. Elementi su cui l’ascesa cinese degli ultimi decenni è stata notevole, con implicazioni per tutto il mondo. [...]
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