Draghi, tutti i nuovi moniti all’Europa su debito, dazi Trump ed energia

Laura Naka Antonelli

14 Maggio 2025 - 16:07

L’ex presidente del Consiglio e della BCE Mario Draghi interviene al simposio Cotec. Le strigliate all’Europa su eurobond, dazi Trump, energia. E la frase sull’Ucraina.

Draghi, tutti i nuovi moniti all’Europa su debito, dazi Trump ed energia

L’ex presidente del Consiglio ed ex presidente della BCE Mario Draghi, autore del Rapporto sulla competitività UE è tornato a lanciare oggi nuovi moniti, appelli e attenti vari all’Europa. Lo ha fatto parlando in occasione del simposio Cotec Europa a Coimbra, in Portogallo.

Dazi Trump, debito UE, energia, Ucraina, AI. L’ex premier ha affrontato con il suo discorso le sfide più attuali a cui l’Europa, impantanata in questi ultimi anni in una letargia che più volte lui stesso ha criticato, deve dare una risposta, e anche con una certa urgenza.

Un attenti all’Europa, subito dopo il discorso di Draghi, è stato lanciato anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, parlando dallo stesso palco, ha tessuto le lodi del Rapporto sulla competitività stilato dall’ex banchiere centrale.

Draghi su eurobond, “emissione debito comune componente fondamentale della tabella di marcia”

Mario Draghi è tornato a sponsorizzare, nel suo discorso proferito all’evento Cotec Europa, gli eurobond:

“L’emissione di debito comune dell’UE per finanziare la spesa comune è una componente fondamentale della tabella di marcia politica. Essa può garantire che la spesa aggregata non sia insufficiente. E può garantire, in particolare per la difesa, che in Europa si spenda di più e che ciò contribuisca all’efficacia operativa e a una crescita economica più elevata rispetto a quanto avverrebbe altrimenti. Inoltre, l’emissione di debito comune colmerebbe il tassello mancante nei mercati dei capitali frammentati dell’Europa, ovvero l’assenza di un’attività sicura comune”.

I vantaggi, per l’Unione europea, sarebbero notevoli. L’emissione degli eurobond, ha spiegato Draghi, “contribuirebbe a rendere i mercati dei capitali più profondi e liquidi, creando un circolo virtuoso tra tassi di rendimento più elevati e maggiori opportunità di finanziamento”. Questo progresso nella “tabella di marcia aumenterebbe la nostra crescita e dimostrerebbe che siamo in grado di produrre ricchezza per i nostri cittadini”.

Debito e spese per la difesa, l’avvertimento di Draghi sulla clausola di salvaguardia

A proposito di debito, non è mancato tra l’altro un avvertimento, rivolto a tutte le economie del blocco. Non si cada nell’illusione che attivare la clausola di salvaguardia per agevolare spese più alte di difesa sia qualcosa di sufficiente.

Nel ricordare che Bruxelles ha di recente “riformato le sue regole di bilancio per consentire maggiori investimenti, oltre ad attivare la clausola di salvaguardia per facilitare un aumento della spesa per la difesa ”, Mario Draghi ha fatto notare che, fino a questo momento, soltanto “5 dei 17 paesi dell’area dell’euro, che rappresentano circa il 50% del PIL, hanno optato per un periodo di aggiustamento più lungo nell’ambito delle nuove regole”.

Molti paesi “hanno inoltre indicato che non ricorreranno alla clausola di salvaguardia a causa della mancanza di spazio di manovra di bilancio ”: una situazione che dimostra, ha avvertito l’ex presidente del Consiglio, che “ quando il debito è già elevato, esentare alcune categorie di spesa pubblica dalle regole di bilancio ha un effetto limitato ”.

Un problema, visto che, con il suo discorso, poco prima Draghi aveva rimarcato la necessità per l’Europa di avviare maggiori investimenti pro-crescita, in un contesto mondiale in cui gli equilibri commerciali sono stati spezzati dai dazi reciproci imposti dal presidente americano Donald Trump. In questa situazione, Mr. Whatever It Takes è tornato a sottolineare la necessità che l’UE si liberi almeno delle barriere interne:

Maggiori investimenti possono generare un forte impulso alla domanda interna, compensando eventuali venti contrari provenienti dalla domanda più debole degli Stati Uniti” (a causa dei dazi).

Draghi ha ribadito che “la riduzione delle barriere interne aumenterà l’elasticità dell’offerta, contribuendo a temperare le pressioni inflazionistiche derivanti dall’aumento degli investimenti, soprattutto se il commercio mondiale diventerà più frammentato”.

Allo stesso modo, “parallelamente un mercato unico ben funzionante aumenterà la crescita della produttività, innalzando i tassi di rendimento e attirando maggiori investimenti privati”.

Il circolo virtuoso non finirà qui, in quanto questi benefici si tradurranno per Draghi in “ un aumento dei salari e dei consumi , sia per compensare la maggiore produttività, sia perché un mercato interno forte comporta una minore attenzione alla competitività esterna”.

L’Europa deve insomma iniziare ad agire, consapevole dell’impatto che i dazi di Trump, per quanto ora in pausa, finiranno per avere sulle sue esportazioni.

Dazi Trump, Draghi: “chiediamoci perché l’Europa è finita nelle mani dei consumatori americani”

Possiamo e dobbiamo cercare di aprire nuove rotte commerciali e sviluppare nuovi mercati”. Detto questo, anche l’ex premier, dall’alto del suo pragmatismo, riconosce che “qualsiasi speranza che l’apertura al mondo possa sostituire gli Stati Uniti rischia di essere delusa”.

A tal proposito, evidente lo sconcerto per come l’Europa sia riuscita a dipendere così tanto dai consumi americani: “Ora dovremmo chiederci”, ha affermato, “perché siamo finiti nelle mani dei consumatori statunitensi per trainare la nostra crescita”. Una riflessione che tuttavia non deve certo fermarsi lì, ma andare avanti, nel senso che “dovremmo chiederci come possiamo crescere e generare ricchezza da soli”.

Detto questo, il danno non è certo di poco conto: “Realisticamente, non possiamo diversificare le nostre esportazioni al di fuori degli Stati Uniti nel breve periodo”.

L’ex banchiere centrale non ha certo minimizzato, infatti, la portata di quanto sta accadendo, avvertendo ancora prima che “è azzardato credere che i nostri scambi commerciali con gli Stati Uniti torneranno alla normalità dopo una rottura unilaterale così grave delle relazioni, o che i nuovi mercati cresceranno abbastanza rapidamente da colmare il vuoto lasciato dagli Stati Uniti”.

Per ora, l’invito all’Europa può comunque riassumersi in queste parole:

Se l’Europa vuole davvero ridurre la sua dipendenza dalla crescita statunitense, dovrà produrla da sé”.

Draghi su energia, “prezzi elevati e carenza rete sono minaccia per sopravvivenza nostra industria”

Occhio anche all’altra grande sfida, rappresentata dai prezzi elevati dell’energia: “I prezzi elevati dell’energia e le carenze della rete sono, in primo luogo, una minaccia per la sopravvivenza della nostra industria, un ostacolo importante alla nostra competitività e un onere insostenibile per le nostre famiglie e, se non affrontati, rappresentano la principale minaccia alla nostra strategia di decarbonizzazione ”.

Di fatto, “siamo ostacolati dall’intermittenza intrinseca delle energie rinnovabili, dall’inadeguatezza delle nostre reti e dai lunghi ritardi burocratici per la realizzazione di nuovi impianti”. Il risultato è che “assistiamo a frequenti aumenti dei prezzi dell’energia quando le energie rinnovabili non producono e devono essere utilizzate costose fonti di energia di riserva”. Ed è anche “ scoraggiante vedere come l’Europa sia diventata ostaggio di interessi acquisiti radicati ”.

L’auspicio dunque dell’ex presidente del Consiglio è che la “Commissione europea, che ha già istituito una task force sulla trasparenza”, avvii magari anche “un’indagine indipendente sul funzionamento complessivo dei mercati energetici dell’UE”.

E visto che “in Europa il sole e il vento non possono garantire la sicurezza dell’approvvigionamento in nessun caso, dobbiamo essere pronti a utilizzare tutte le fonti di energia pulita possibili”, adottando “un atteggiamento neutrale nei confronti delle nuove soluzioni energetiche”.

Ucraina: probabilmente noi spettatori passivi in un negoziato di pace che riguarda il nostro futuro

Per quanto riguarda invece il ruolo che l’Europa potrebbe avere nei negoziati di pace in Ucraina, Mario Draghi ha parlato di una situazione in cui l’Europa potrebbe finire con l’essere semplice spettatrice degli eventi, in un momento in cui le vesti di paciere sono state indossate dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. “Di fatto, potrebbe essere troppo tardi per influenzare gli eventi a breve termine”.

La verità è che, “anche se abbiamo fornito circa la metà degli aiuti militari all’Ucraina, probabilmente saremo spettatori passivi in un negoziato di pace che riguarda il nostro futuro e i nostri valori”.

Detto questo, “non è troppo tardi per cambiare le prospettive per i prossimi 5-10 anni, se oggi adottiamo le misure giuste per sviluppare la nostra capacità industriale nel settore della difesa e le nostre capacità strategiche”.

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