Dopo l’indagine dell’Antitrust sulle condizioni di lavoro dei suoi fornitori, la maison investirà 2 milioni di euro in cinque anni per sostenere le vittime di sfruttamento nella filiera moda.
Il mondo dell’alta moda si trova ancora una volta al centro dell’attenzione per le ombre che si celano dietro le sue vetrine. Christian Dior, uno dei marchi simbolo del lusso internazionale, ha annunciato un piano di sostegno da 2 milioni di euro in cinque anni destinato alle vittime di sfruttamento lavorativo nella filiera produttiva italiana.
L’iniziativa arriva a seguito di un’istruttoria dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), che aveva indagato sulle discrepanze tra le dichiarazioni etiche del brand e le effettive condizioni di lavoro presso alcuni fornitori di pelletteria.
Il fondo sarà utilizzato per finanziare progetti di identificazione, protezione, formazione e reinserimento socio-lavorativo delle persone coinvolte.
L’impegno di Dior dopo l’indagine Antitrust
L’istruttoria dell’AGCM, avviata nel luglio 2024, non si è conclusa con sanzioni formali per Dior, ma ha portato il gruppo a formalizzare una serie di impegni vincolanti.
L’indagine era partita dal sospetto che le comunicazioni pubbliche di Dior in materia di responsabilità sociale non rispecchiassero la realtà della sua catena produttiva, dove erano emerse situazioni di sfruttamento, lavoro in nero e caporalato nei laboratori di alcuni subfornitori, spesso gestiti da cittadini stranieri e con condizioni di lavoro ben lontane dagli standard dichiarati.
Il piano da 2 milioni di euro prevede, infatti, non solo un sostegno diretto alle vittime, ma anche una revisione delle dichiarazioni etiche e delle procedure interne di selezione e controllo dei fornitori.
La società si è inoltre impegnata a rafforzare la formazione interna per i propri dipendenti, soprattutto nell’ambito della comunicazione e del marketing, e ad avviare corsi specifici per fornitori e subfornitori, focalizzati sulle normative del lavoro e sui principi etici previsti dal Codice di Condotta del gruppo. L’obiettivo è quello di garantire una maggiore trasparenza e prevenire il ripetersi di situazioni di sfruttamento lungo tutta la filiera produttiva.
Il contesto: la moda di lusso tra immagine e realtà
Il caso Dior non è isolato, ma si inserisce in un contesto più ampio di crescente attenzione verso la sostenibilità sociale e la trasparenza delle filiere produttive nel settore moda. Negli ultimi anni, numerose inchieste hanno portato alla luce condizioni di lavoro indegne anche tra i marchi più lussuosi del Made in Italy, come Giorgio Armani e Valentino, evidenziando il contrasto tra la narrazione di eccellenza e artigianalità e le realtà spesso opache dei subappalti.
La pressione di consumatori sempre più consapevoli e di investitori sensibili ai criteri ESG (ambientali, sociali e di governance) sta spingendo le maison a rivedere i propri modelli produttivi, riducendo i subappalti e aumentando i controlli sui fornitori.
L’intervento dell’Antitrust e la risposta di Dior rappresentano quindi un segnale per tutto il settore: il fondo da 2 milioni di euro, pur non essendo una sanzione, costituisce un precedente importante e un invito a non abbassare la guardia sui diritti dei lavoratori.
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