Dire “capre” agli avvocati non è reato: la sentenza della Cassazione

Simone Micocci

20 Marzo 2017 - 08:42

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Diffamazione: per la Corte di Cassazione è legittimo dire “capre” agli avvocati. Ecco quali sono le motivazioni della sentenza.

Dire “capre” agli avvocati non è reato: la sentenza della Cassazione

Dare delle “capre” agli avvocati non è reato e per questo la Cassazione ha deciso di non comminare una sanzione disciplinare al magistrato accusato dall’Ordine degli avvocati di Teramo di aver offeso la categoria.

Nel dettaglio, il magistrato era stato accusato di diffamazione dall’Ordine di Teramo per aver commentato su un forum di discussione con la seguente frase:

“Come se l’intera avvocatura, senza distinguere fra avvocati preparati e validi e vere proprie capre, fosse la vittima innocente di un sistema nazi-fascista, despota ed autoreferenziale, che non lascia loro diritti né spazi operativi”.

Per l’Ordine si trattava senza dubbio di un caso di diffamazione, poiché il magistrato ha diviso la categoria degli avvocati in esperti e “capre”. Un’espressione giudicata offensiva e diffamatoria nei confronti della categoria, ed è per questo che l’Ordine degli avvocati di Teramo ha deciso di censurare il commento.

La Corte di Cassazione però, con la sentenza n°6965/2017, ha fatto chiarezza accogliendo il ricorso del magistrato. Vediamo quali sono state le motivazioni che hanno spinto la Corte di Cassazione a prendere questa decisione.

Dire “capre” agli avvocati non è reato, ma al singolo legale sì

Se pensate che d’ora in avanti con la sentenza della Cassazione sarebbe stato possibile insultare un avvocato, ad esempio per una causa andata male, dandogli della “capra”, vi sbagliate. Infatti, la Cassazione non ha detto che è consentito dare della “capra” al proprio avvocato, bensì all’intera categoria degli avvocati.

Facciamo chiarezza; il principio consolidato in giurisprudenza vuole che per esserci reato di diffamazione deve esserci anche un soggetto passivo dell’offesa. Non c’è diffamazione quindi nel caso in cui le espressioni offensive siano rivolte nei confronti di un’intera categoria di persone.

Quindi, nel caso del magistrato, non c’è alcun reato di diffamazione dal momento che le espressioni contestate non sono rivolte né all’Ordine né ad un singolo individuo, ma ad una indistinta minoranza di avvocati. Non essendoci nessuna connessione tra offesa e soggetti determinati o determinabili non sussiste il reato di diffamazione.

Diffamazione su Social e Forum: fate attenzione ai commenti

Anche se il ricorso del magistrato è stato accolto dalla Cassazione, ciò conferma che bisogna fare molta attenzione a ciò che si pubblica sui social network e sui forum di discussione. Infatti, nel caso in cui l’offesa fosse stata rivolta non all’intera categoria ma ad un singolo avvocato, il magistrato poteva essere accusato di diffamazione aggravata.

Nel dettaglio, la Corte di Cassazione con la sentenza 50/2017 ha dichiarato che qualsiasi offesa scritta sulla bacheca di Facebook può tradursi in diffamazione aggravata, poiché scrivere un post offensivo sui social potenzia l’effetto denigratorio dell’offesa dal momento che questa può essere letta da un numero potenzialmente illimitato di persone.

Fate molta attenzione quindi a come vi rivolgete nei confronti di una determinata persona su Facebook, perché rischiate di pagare molto caro il vostro commento; per il reato di diffamazione aggravata, infatti, si rischia una condanna alla reclusione che va dai 6 mesi ai 3 anni, più una multa non inferiore ai 516 euro.

Per maggiori dettagli su quando un commento sui Social Network può tradursi in reato di diffamazione aggravata, vi consigliamo di leggere-Facebook: l’offesa in bacheca è diffamazione aggravata. Ecco la sentenza della Cassazione.

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