Danno da super lavoro: che cos’è e in che modo ottenere il risarcimento

Claudio Garau

16 Maggio 2023 - 13:36

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Se il datore di lavoro non adotta tutte le precauzioni mirate a proteggere la salute dei dipendenti, potrebbe essere costretto al risarcimento danni. Ecco come tutelarsi in caso di ’super lavoro’.

Danno da super lavoro: che cos’è e in che modo ottenere il risarcimento

Non sempre la prestazione di lavoro si svolge rispettando standard conformi alla legge. Pensiamo ad es. a quelle attività effettuate senza che l’azienda o datore di lavoro assicuri il rispetto delle regole in materia di sicurezza sul luogo di lavoro, ma pensiamo anche a tutti quei casi in cui al dipendente è richiesto di lavorare un numero eccessivo di ore, con molti straordinari e la conseguenza - deleteria per la salute - di perdere la chiara distinzione tra lavoro e vita privata.

Sempre più spesso chi lavora troppo si ritrova vittima di quello che oggi viene chiamato ’danno da super lavoro’. Quest’ultimo può concretizzarsi in vario modo: stress, difficoltà di concentrazione, stanchezza fisica, affaticamento mentale e, talvolta, vere e proprie malattie croniche. Ecco allora che chi viene tenuto a lavorare di più, finisce anche per ridurre la qualità delle proprie prestazioni in ufficio - un vero boomerang per la stessa azienda.

Di seguito parleremo proprio di questi temi e vedremo come fare a difendersi nel caso si finisca nel bel mezzo di una situazione di super lavoro e annessi danni. Come fare a tutelarsi? Come provare i fatti che permettono di ricevere un risarcimento? Prosegui nella lettura: troverai le risposte a queste domande sempre più ricorrenti tra i lavoratori.

Cos’è il danno da super lavoro?

Chiariamo subito che nella legge non esiste al momento una definizione di super lavoro e di annesso danno, tuttavia la giurisprudenza ha già affrontato il tema e si può dunque dare una definizione di senso compiuto. Semplicemente, per ’superlavoro’ dobbiamo intendere l’effettuazione di un’attività lavorativa che superi la cd. ragionevole o normale tollerabilità sul piano della salute e del diritto al riposo per un numero minimo di ore.

Tra gli esempi di “superlavoro” e di violazione dei criteri di normale tollerabilità della prestazione di lavoro, abbiamo dunque i seguenti - nient’affatto infrequenti in ufficio o in altro luogo di lavoro:

  • l’obbligo imposto al dipendente di conseguire risultati produttivi incompatibili con l’effettuazione di un’ordinaria attività lavorativa, sia per numero di ore sia per impegno richiesto;
  • la negazione delle ferie;
  • la richiesta di lavorare nei giorni delle festività e/o nei fine settimana;
  • il superamento ripetuto dei limiti dell’orario di lavoro e l’imposizione di straordinari.

La legge fissa specifici obblighi in tema di salute e sicurezza e, perciò, il datore di lavoro non potrà giustificare la situazione di ’super lavoro indicando di aver firmato, con il dipendente, uno specifico accordo - magari su minaccia di conseguenze spiacevoli per il lavoratore stesso (una tra tutte, il licenziamento). In altre parole, ciò che decide o fa il lavoratore assunto non esime il datore di lavoro dal dover applicare le misure di tutela dell’integrità psico-fisica al suo dipendente, comprese quelle che mirano ad evitare lo stress da super lavoro, a causa di orari di lavoro, turni e ritmi eccessivi e intollerabili per la salute.

Le norme a sostegno del lavoratore: alcuni chiarimenti

Abbiamo accennato al fatto che la legge tutela adeguatamente salute e sicurezza del lavoratore, e pertanto quest’ultimo può trovare protezione anche nei casi di ’super lavoro’. In particolare:

  • l’art. 2087 del Codice Civile fissa il principio generale della responsabilità contrattuale del datore di lavoro verso i lavoratori. In breve la disposizione indica che il datore di lavoro è obbligato a adottare tutte le misure mirate a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei dipendenti assunti, assicurando un ambiente di lavoro sicuro e salubre;
  • il d. lgs. n. 81 del 2008, ovvero il ben noto Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro, costituisce invece un importante ed organico apparato di regole su salute e la sicurezza sul lavoro. Il testo recepisce la legislazione europea in proposito e fissa altresì le regole per prevenire gli infortuni sul lavoro e proteggere la salute dei lavoratori. Nel decreto troviamo infatti regole in tema di misure di prevenzione, formazione del personale, valutazione dei rischi e non solo;
  • oltre a quanto previsto nel Codice Civile e nel decreto citato, anche i singoli contratti collettivi nazionali (Ccnl) di settore possono includere norme ad hoc, mirate proprio a dettagliare ulteriormente gli aspetti in tema di salute e alla sicurezza sul luogo di lavoro.

Il lavoratore è tutelato perché il datore di lavoro non deve soltanto rispettare le regole di legge atte a proteggere la salute dei lavoratori, ma deve anche adottare, di volta in volta, tutte le misure che si rivelino necessarie per evitare ogni tipo di rischio per la loro incolumità - in considerazione della specifica attività svolta.

Come richiedere il risarcimento danni? Responsabilità del datore e onere della prova

Nessun dubbio a riguardo: se il datore di lavoro non adotta tutte le precauzioni necessarie a tutelare la salute dei lavoratori, potrebbe essere punito e ritenuto dal giudice responsabile del danno alla salute del lavoratore. Ciò vale anche per tutti quei casi di carico di lavoro eccessivi che, lo dicevamo sopra, oggi non sono così infrequenti - vista anche la diffusione dello smart working e del lavoro a distanza.

I lavoratori che ritengono di essere vittima di ’super lavoro’, perché la loro azienda non rispetta le essenziali regole in tema di orario di lavoro, possono - lo rimarchiamo - tutelarsi e rivolgersi al giudice per domandare il risarcimento danni da super lavoro. A sostegno vi sono infatti le regole sulla salute e sicurezza sul lavoro e sulla tutela della salute mentale, ma anche lo strumento della prova del nesso di causalità tra il super lavoro e il danno alla salute.

In parole semplici, se sei un lavoratore e vuoi ottenere dal datore di lavoro un risarcimento per i danni alla salute, che ritieni di aver patito a causa di ritmi, turni o orari di lavoro troppo serrati, dovrai provare di avere le carte in regola. Ti spetta quello che in gergo è l’onere della prova, ma attenzione perché - dopo aver superato questo step indispensabile per la tutela risarcitoria - sarà il datore di lavoro a dover tentare poi di liberarsi dalla responsabilità e dimostrare che tutto è stato invece normale e sostenibile - e dunque conforme alle regole su salute e sicurezza sul luogo di lavoro.

Come dimostrare di aver patito un danno alla salute?

In concreto, il dipendente che ritiene di essere vittima di ’super lavoro’ dovrà evidenziare in causa, con il supporto del proprio avvocato, tutti gli elementi a fondamento della richiesta di risarcimento danni. Ecco perché è essenziale provare che il danno alla salute è stato causato proprio dall’attività di lavoro, dimostrando che lo stress patito è conseguenza di ritmi o quantità di produzione insostenibili o di un periodo di lavoro troppo lungo, con eventuale negazione delle ferie e con l’obbligo di lavorare anche nei weekend. Ovviamente la stessa esistenza del danno andrà provata in corso di causa: esso infatti va accertato con gli ordinari criteri medico-legali, a partire dai certificati di diagnosi.

Come detto sopra, il dipendente dovrà fornire la prova dello svolgimento della prestazione secondo modalità gravose ed incompatibili con la tutela della salute, ma attenzione perché al lavoratore sarà sufficiente indicare la presenza nell’ambiente di lavoro di uno o più fattori di rischio per la sua salute. Perciò, egli non dovrà impegnarsi nell’individuazione della specifica regola violata dal datore.

Infatti, denunciando lo svolgimento di prestazioni di lavoro oltre la tollerabilità, è in sé evidenziato anche l’inadempimento dell’obbligo di sicurezza di cui all’art. 2087 del Codice civile, che non abbisogna di altri dettagli. Si tratta infatti di responsabilità contrattuale e, di conseguenza, non è necessario provare la colpa del datore di lavoro.

Il lavoratore dovrà piuttosto provare che è proprio dal lavoro svolto che scaturisce il danno patito per il ’super lavoro’. Tecnicamente parlando, è il citato rapporto di causalità tra modalità gravose della prestazione e danno alla salute che ne è scaturito come diretta conseguenza.

Il datore di lavoro può difendersi?

Alla domanda di cui al titolo rispondiamo subito in maniera positiva: d’altronde in corso di causa le parti possono portare tutti gli elementi utili a sostenere la loro tesi. Chiaramente il datore avrà interesse a provare la sua estraneità rispetto al peggioramento delle condizioni di salute del dipendente che chiede i danni da ’super lavoro’.

Ecco allora che, in seconda battuta, spetterà al datore l’onere della prova - liberatoria - di aver fatto tutto il possibile per impedire il danno, vale a dire di aver adottato tutte le misure di sicurezza e/o cautela necessarie per impedire l’insorgenza del danno alla salute.

Che vuol dire questo in concreto? Ebbene, egli dovrà dimostrare che la prestazione di lavoro si è compiuta invece:

  • nel rispetto della particolarità del lavoro, dell’esperienza e della tecnica;
  • con modalità normali, consone e tollerabili;
  • nel rispetto della legge e che, anzi, il danno che colpisce il dipendente deriva da una causa a lui non ricollegabile.

Concludendo, è vero dunque che il singolo dipendente può tutelarsi e chiedere il risarcimento danni da ’super lavoro’, dimostrando di aver patito conseguenze fisiche e/o psicologiche e, dunque, un danno alla salute. Anche il datore di lavoro potrà però tutelarsi, evidenziando di aver fatto tutto il necessario per garantire l’incolumità del suo dipendente. Ovviamente, sulla scorta delle prove ed elementi raccolti dalle parti, l’ultima parola spetterà al giudice competente, chiamato a valutare a chi a dar ragione a chi, invece, torto.

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