Perché i curdi rischiano ora una pulizia etnica in Siria

Alessandro Cipolla

21 Ottobre 2019 - 13:49

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Il cessate il fuoco che ha fermato la guerra tra la Turchia e le milizie Ypg sembrerebbe reggere: per i curdi c’è ora però il rischio di una pulizia etnica, visto che stando agli accordi per la tregua dovrebbero abbandonare la safety zone per lasciare spazio ai rifugiati presenti nel territorio turco.

Perché i curdi rischiano ora una pulizia etnica in Siria

Sembrerebbe reggere il cessate il fuoco stipulato nei giorni scorsi tra Turchia e Stati Uniti, con la tregua che ha stoppato la guerra nel Nord della Siria tra l’esercito di Ankara e le milizie curdo-siriane del Ypg.

L’accordo prevede un ritiro del Ypg ad almeno 32 chilometri del confine turco-siriano, creando così i presupposti per la creazione di quella zona cuscinetto voluta da Recep Tayyip Erdogan per allontanare, a sua detta, la minaccia dei terroristi curdi e dare un posto in cui stare agli oltre 3 milioni di rifugiati che al momento si trovano nei centri d’accoglienza turchi.

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Nelle ultime ore, i curdi hanno abbandonato la città di Ras al-Ain dove ancora si erano registrati degli scontri, iniziando così quel ritiro previsto dal patto siglato dalla Turchia con la Casa Bianca.

Se questa intesa può fermare la guerra, ci sarebbero comunque altre problematiche che ben presto potrebbero sorgere. “Ci sarà una pulizia etnica del popolo curdo dalla Siria - ha dichiarato al New York Times Mazlum Kobani, il leader militare dell’alleanza curdo araba delle Forze democratiche siriane - e l’Amministrazione americana sarà responsabile di questo”.

I curdi a rischio pulizia etnica in Siria

Quando c’è una guerra di solito gli accordi vengono firmati dalle parti in conflitto. La scorsa settimana invece è stato il segretario alla Difesa americano Mark Esper a siglare un patto con la Turchia per un cessate il fuoco.

Stando all’intesa, le milizie curde hanno cinque giorni di tempo per indietreggiare di 32 chilometri lasciando così che si possa creare una zona cuscinetto, gestita da Ankara, lungo il confine turco-siriano.

Recep Tayyip Erdogan ha così in sostanza ottenuto quello che voleva con questa offensiva, con le sanzioni decise dagli Usa contro tre ministeri turchi che andranno a stopparsi se la tregua dovesse reggere.

Tutti felici quindi tranne i curdi che, oltre alle bombe dell’aviazione di Ankara che gli sono piovute addosso per giorni, adesso dovranno anche abbandonare parte delle terre in loro possesso e che erano state sottratte, con il sacrificio di 10.000 soldati e la sofferenza dei civili, al sedicente Stato Islamico dell’Isis.

La zona che in teoria rimarrebbe sotto il controllo del Ypg sarebbe però ora rivendicata dal governo centrale siriano, con Assad adesso molto meno disposto a concedere quella sostanziale autonomia ai curdi visto che in quella parte di territorio ci sono la maggior parte delle ricchezze petrolifere del Paese.

Il rischio dello scoppio di un nuovo conflitto tra i miliziani curdi e Damasco è quindi molto concreto, tanto che Donald Trump starebbe pensando di mantenere dei militari americani a guardia dei pozzi per stoppare le velleità della Siria che è una storica alleata della Russia.

Nell’immediato però per i curdi il pericolo più grande è quello di una sorta di pulizia etnica ai danni della popolazione che vive in quella che, stando al patto tra Usa e Turchia, dovrà diventare una safety zone gestita da Ankara.

Erdogan infatti vorrebbe trasferire in quella zona i milioni di rifugiati presenti da tempo nel proprio territorio da quando, a suon di miliardi provenienti dall’Europa, ha deciso di chiudere la cosiddetta rotta balcanica.

La popolazione curda locale potrebbe essere quindi costretta a lasciare il posto ai rifugiati trasferendosi altrove. Chi dovesse rimanere potrebbe essere invece oggetto di discriminazioni e violenze.

Ecco perché il leader militare curdo Mazlum Kobani ha parlato di una “pulizia etnica” nei confronti del proprio popolo, puntando il dito contro gli Stati Uniti che con la loro decisione di voltare le spalle al Ypg, dopo aver combattuto con successo l’Isis insieme, di fatto hanno dato il via a questa guerra.

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