La crisi economica della Russia spiegata

Ilena D’Errico

12 Ottobre 2025 - 23:37

La Russia è davvero in crisi, anche se non se si fa mettere alle strette. L’economia è al collasso, soltanto la guerra va avanti.

La crisi economica della Russia spiegata

Molto spesso raccontiamo di quanto la Russia, nonostante l’invasione dell’Ucraina non si sia risolta rapidamente come pronosticato, possa ancora sostenere la macchina bellica. Le contromisure internazionali e le sanzioni occidentali non fermano Mosca, che può sostenere a questo ritmo almeno altri due anni di guerra. Non bisogna però cadere nell’errore di credere che la Russia non stia patendo conseguenze, risultando nei fatti molto più colpita di quanto vorrebbe far credere.

La tenuta del Paese è notevole e anche sorprendente per certi versi, ma non riflette davvero la salute dell’economia russa, in profonda crisi a dispetto dei numeri record della difesa. Tutto l’impegno del Cremlino è sulla guerra, con una produzione bellica tanto elevata da trascinare l’aumento del Pil anche mentre i settori civili sono al collasso e la cittadinanza viene bellamente dimenticata. L’industria arranca, carburanti e beni alimentari diventano beni di lusso, ma Putin non arretra di un millimetro e anzi spinge per finire la guerra il prima possibile, ovviamente alle sue condizioni.

La crisi economica della Russia è reale

Dall’inizio del conflitto in Ucraina si parla continuamente della crisi economica della Russia, che ogni giorno sembra restare in piedi nonostante previsioni tragiche e allarmistiche. Sicuramente c’è una certa tendenza all’esasperazione di alcuni segnali di criticità, forse nella speranza di avvicinare l’ipotesi di una tregua, ma non è solo questo. La resistenza del Paese sorprende, indubbiamente, ma si perdono di vista due fattori: ogni giorno l’economia russa si deteriora sempre di più e la tenuta è solo apparente.

La Russia sembra reggere, ma è soltanto perché la guerra con l’Ucraina è la priorità assoluta di Mosca, in cui fa convergere ogni sforzo, a discapito di tutto il resto. Piaccia o meno, le mire espansionistiche di Putin non stanno tutelando gli interessi interni del Paese e questo è sotto gli occhi di tutti. Anche le più grandi aziende russe stanno cedendo, costrette a diminuire il personale e in difficoltà nei pagamenti degli stipendi. Tra licenziamenti di massa e arretrati salariali per oltre 1,64 milioni di rubli, la speranza di risalire è sempre più lontana, impossibile con le pregresse difficoltà, la dipendenza dall’import e il logoramento della nazione sotto l’impegno bellico.

Un impegno che richiede sempre più risorse senza garantire in alcun modo un ritorno o un ricircolo del denaro, il tutto mentre le sanzioni occidentali ostacolano le importazioni e la produzione patisce sotto gli attacchi mirati di Kiev. Le incursioni mirate ucraine agli impianti di raffinazione hanno dato un duro colpo al settore energetico, portando la benzina a prezzi record e costringendo a imporre limiti stringenti, per non parlare delle aree rimaste completamente a secco di carburante come le isole Kurili.

Il costo della guerra per i russi

Per i lavoratori la situazione è sempre più critica, quando non sono licenziati (o in attesa dello stipendio) subiscono congedi e ferie forzati, proprio mentre le famiglie sono schiacciate dall’inflazione e da tassi di interesse stellari. Nel settore metallurgico, uno dei più solidi, molte realtà stanno cercando di limitare i danni con congedi e riduzione dell’orario lavorativo settimanale, senza poter però intervenire concretamente sul preoccupante tasso di disoccupazione. Ma il problema va ben oltre, senza risparmiare la produzione automobilistica, l’edilizia, l’immobiliare, il settore ferroviario, quello minerario e nemmeno l’agricoltura.

La cartina tornasole di questa gravità ci viene data dal riconoscimento delle difficoltà da parte di Mosca. Putin ha ammesso pubblicamente il calo dei raccolti, il ministro dell’Economia Maxim Reshetnikov è preoccupato per l’imminente recessione, mentre il Centro russo per l’analisi macroeconomica e le previsioni a breve termine ha dichiarato senza mezzi termini che tutti i settori economici non legati alla guerra sono in grosse difficoltà.

Soltanto negli ultimi 9 mesi c’è stata una contrazione del 5,4%, che allarma le banche ma non il Cremlino. La Russia è davvero in crisi, oggi più che mai, sta solo scegliendo di non sacrificare gli interessi bellici per risollevare la nazione. In un altro contesto si discuterebbe del peso politico di una simile strategia, ma appare poco appropriato vista la gestione dei dissensi e la propaganda che ledono i cittadini russi tanto quanto i tagli.

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