Papa Leone rivoluziona lo IOR e gli investimenti del Vaticano. Cosa cambia ora?

Flavia Provenzani

7 Ottobre 2025 - 10:09

Papa Leone XIV riforma la finanza vaticana: con il motu proprio Coniuncta Cura lo IOR perde l’esclusiva sugli investimenti. Nasce una gestione trasparente e condivisa del patrimonio della Santa Sede.

Papa Leone rivoluziona lo IOR e gli investimenti del Vaticano. Cosa cambia ora?

Con il motu proprio Coniuncta Cura - reso pubblico il 6 ottobre - papa Leone XIV pone fine al monopolio gestionale dello IOR sulla struttura finanziaria della Santa Sede. Il documento, motu proprio poiché pubblicato “di propria iniziativa” da Prevost, segna una svolta radicale nella governance patrimoniale vaticana: non più una gestione esclusiva, bensì una “corresponsabilità” fra le istituzioni curiali, con un Comitato per gli Investimenti dotato di poteri rafforzati.

Dietro la forma apparentemente tecnica del provvedimento si cela una vera e propria rivoluzione: è la prima volta che un Pontefice ripensa dall’interno l’assetto finanziario centrale in modo così drastico. Con questa mossa Leone XIV mira non solo a rendere la gestione più trasparente ed efficiente, ma anche a ridurre i rischi tipici derivanti dalla concentrazione del potere gestionale in capo a un unico attore.

Cosa prevede il motu proprio “Coniuncta Cura” di Leone XIV

Il testo papale “Coniuncta Cura” abroga il “Rescriptum ex Audientia SS.mi” del 23 agosto 2022, che attribuiva allo IOR la gestione esclusiva delle attività di investimento finanziario della Santa Sede.

Al suo posto viene introdotto un principio guida: la corresponsabilità nella communio. L’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA), insieme ad altri enti curiali, potrà partecipare direttamente alle decisioni e - quando necessario - delegare compiti ad intermediari esterni ritenuti più efficienti. Il motu proprio stabilisce che l’APSA “generalmente faccia effettivo uso” dell’infrastruttura interna dello IOR, a meno che il Comitato per gli Investimenti non ritenga più opportuna la collaborazione con operatori esterni.

In altri termini: lo IOR non viene eliminato, ma perde il privilegio esclusivo e diventa una delle opzioni operative, non il monopolista indiscusso. La decisione viene motivata con la necessità di “convergenza, mutua collaborazione e chiarezza nei ruoli” tra le varie istituzioni vaticane.

Come cambia ora la finanza del Vaticano

La vera rivoluzione, con Coniuncta Cura, sta tutta nella possibilità (mai formalmente sancita prima) che l’APSA, o altri enti curiali, operino con operatori specializzati esterni - se giudicati più efficienti - pur restando soggetti ai vincoli della Politica di investimento approvata dal Comitato per gli Investimenti.

E cosa significa? In un contesto globale fortemente volatile, una simile flessibilità consente di cogliere opportunità migliori e di godere di una maggiore professionalizzazione e gestione attiva del patrimonio. Ma nulla è esente da rischi: le scelte esterne potranno essere percepite come potenzialmente meno controllabili ed esporre la Santa Sede a conflitti d’interesse o a una maggiore dipendenza da terzi.

Inoltre, il motu proprio rafforza implicitamente il ruolo del Comitato creato da Praedicate Evangelium, che ora diventa un filtro essenziale fra le proposte operative e l’esecuzione. Il Comitato deve non solo autorizzare la politica, ma valutare l’efficienza degli intermediari scelti. Se opererà con rigore tecnico e indipendenza, potrà ridurre l’arbitrarietà decisionale interna e assicurare che le scelte siano valutate sotto il profilo dell’efficacia, del rischio e della coerenza con i valori ecclesiali.

Ma attenzione. Una gestione distribuita porta con sé il pericolo che le responsabilità si frammentino e che le performance ne risentano. Se non ben coordinato, il modello può generare inefficienze, duplicazioni o conflitti fra enti. Il successo dipenderà dall’organizzazione dei processi e dalle regole di governance che verranno messe a punto.

Andando oltre gli aspetti tecnici, non ancora chiariti, è utile sottolineare ancora una volta la portata rivoluzionaria del provvedimento: il Vaticano, sotto papa Leone XIV, intende “normalizzare” le finanze interne, armonizzandole alle pratiche gestionali moderne. È un passo che, se ben realizzato, potrebbe consolidare la credibilità della finanza ecclesiale agli occhi di investitori, banche e istituzioni internazionali.

Il ruolo dello IOR fino a oggi

Fondato da papa Pio XII il 27 giugno 1942, lo IOR (Istituto per le Opere di Religione) è un ente con personalità giuridica canonica pubblica, concepito per custodire e amministrare beni affidati alla Chiesa, soprattutto per scopi religiosi o caritativi.

Nel corso del ‘900 ha assunto un ruolo sempre più preponderante nel panorama finanziario vaticano e internazionale, con importanti partecipazioni azionarie e investimenti immobiliari - talvolta con esiti, per così dire, controversi.

Nel simbolico ma significativo mosaico delle finanze vaticane, lo IOR è stato spesso considerato “la banca vaticana”, pur non essendo una banca commerciale e non operando con finalità di profitto: non ha azionisti, ma è governato da uno statuto che lo pone al servizio della Chiesa.

Negli anni non sono mancati scandali e critiche, in particolare per la scarsa trasparenza, l’uso di conti cifrati e operazioni off-shore. Alcuni casi celebri - come quelli che coinvolsero Michele Sindona, Roberto Calvi, o rapporti con il Banco Ambrosiano - hanno alimentato il sospetto che lo IOR potesse essere utilizzato come strumento finanziario parallelo, con scarsi controlli esterni.

Per questo motivo, nel tempo, il Vaticano ha messo in campo delle riforme per modernizzarne la struttura, aumentarne la conformità agli standard internazionali anti-riciclaggio e riconciliarla con principi etici, migliorando la governance interna. Così, lo IOR ha dichiarato che gli investimenti sono tradizionalmente prudenti, volti a non intaccare eccessivamente il capitale depositato, e ha sviluppato collaborazioni con più controparti finanziarie (oltre 45) per diversificare il rischio.

Nel 2022, con il Rescriptum approvato da papa Francesco, si era formalizzata una fase di centralizzazione: ogni entità della Santa Sede doveva convogliare le proprie attività finanziarie verso lo IOR, che divenne il gestore unico designato.
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