Dal V-Day al premier tecnico, cosa è rimasto del vecchio Movimento 5 Stelle?

Alessandro Cipolla

24/05/2018

Una volta c’erano i comizi infuocati di Beppe Grillo, ora le dirette Facebook di Luigi Di Maio: cosa è rimasto del vecchio Movimento 5 Stelle?

Dal V-Day al premier tecnico, cosa è rimasto del vecchio Movimento 5 Stelle?

Neanche nove anni dopo la sua formazione ufficiale, datata 4 ottobre 2009, il Movimento 5 Stelle da primo partito del paese si appresta ora a guidare il paese in tandem con la Lega.

Ma cosa è rimasto dei principi e delle battaglie del Movimento creato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio? Da forza di protesta i pentastellati sono diventati forza di governo, mandando a Palazzo Chigi un professore come Giuseppe Conte: con un mutamento graduale ma costante, vediamo come i 5 Stelle hanno cambiato la propria pelle in questi anni.

La storia del Movimento 5 Stelle

Dopo il grande successo televisivo ottenuto negli anni ‘80, Beppe Grillo pagò qualche battuta poco gradita ai socialisti venendo in pratica fatto fuori dal piccolo schermo. Da quel momento quindi il comico intraprese di conseguenza in maniera costante la via degli spettacoli live.

Oltre che la politica in senso stretto, gli argomenti dei suoi monologhi iniziarono a concentrarsi soprattutto su tematiche legate all’ambiente e alla società civile: nacque quindi il Grillo di forte protesta così come lo conosciamo tuttora.

Grazie anche al grande successo riscosso dai suoi spettacoli e alla creazione del famoso blog, nel 2005 nascono in tutta Italia 40 Meetup Amici di Beppe Grillo che nel giugno 2007 daranno vita a una grande kermesse nazionale: il V-Day che nella sua prima edizione si tenne a Bologna.

Venne quindi coniato il termine grillismo che divenne sinonimo di antipolitica, con alcune liste civiche che fecero il proprio esordio alle amministrative del 2008. Un anno più tardi, nell’ottobre del 2009, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio fondano ufficialmente il Movimento 5 Stelle.

Il primo grande risultato arrivò alle amministrative del 2012 dove il candidato pentastellato Federico Pizzarotti divenne sindaco di Parma, con i grillini che alle politiche del 2013 sbarcano in massa in Parlamento dopo aver ottenuto il 25,55% alle urne.

Da quel momento la crescita è costante, nonostante un primo passo indietro alle europee del 2014 dove il Movimento si fermò al 21,15%. Le vittorie però alle amministrative del 2016 a Roma e Torino sancirono la definitiva affermazione dei 5 Stelle anche nelle più importanti città italiane.

Il resto è storia recente, con il 32,68% ottenuto alle politiche dello scorso 4 marzo e l’accordo di governo stretto con la Lega di Matteo Salvini. Partendo dal blog di un comico, il Movimento 5 Stelle in meno di una decade è riuscito ad arrivare alla guida del paese.

Il V-Day

Chi vi scrive il 14 giugno del 2007, mosso soprattutto dalla curiosità, si recò al Parco Schuster a Roma dove si teneva il raduno capitolino del primo V-Day, con un maxi schermo collegato con Bologna dove si svolgeva la kermesse principale.

L’atmosfera era simile a una Festa dell’Unità ma in salsa ambientalista e apartitica, con i banchetti che erano stati predisposti per la raccolta di firme in vista di una legge di iniziativa popolare fondata su tre punti: nessun condannato in Parlamento, massimo due mandati e la preferenza diretta per la scelta dei parlamentari.

Quando nel 2009 il Movimento 5 Stelle diventò partito scelse di dotarsi anche di un ferreo regolamento: chi sgarrava era fuori senza tanti complimenti, con i tagli agli stipendi dei politici, la democrazia dal basso e il voto online, principi cardine che ancora oggi sono i punti chiave dei pentastellati.

Qualcosa è cambiato.

Il grande passo avvenne alle politiche del 2013, quando il Movimento arrivò in Parlamento con tanti deputati e senatori al seguito anche se all’epoca preferivano essere chiamati in un altro modo: portavoci dei cittadini.

Cinque anni più tardi da corpo estraneo al palazzo i grillini ne sono diventati i protagonisti, muovendosi ormai con piena dimestichezza nella tentacolare capitale tanto da essere considerati quasi i nuovi divi.

Non è un caso che un paparazzo qualche tempo fa confidò che a Roma adesso non si corre più appresso agli attori o ai volti noti della TV, anche per mancanza di materia prima, ma i veri vip sono i vari politici specie quelli dei 5 Stelle.

Tolto il divieto di andare negli odiati salotti televisivi e di rilasciare interviste, gli esponenti pentastellati sono sempre più a loro agio con i grandi mezzi comunicativi senza considerare la rete, ambiente dove possono essere considerati dei maestri.

Anche i contenuti e il modo di far politica però sono mutati. I candidati ai collegi uninominali li ha scelti il nuovo capo politico, Luigi Di Maio, mentre è venuto meno anche il rifiuto a ogni accordo politico post voto.

Senza dubbio dal punto di vista strategico non c’è nulla da eccepire. Visto il Rosatellum, era fondamentale scegliere candidati adatti nei vari collegi, così come era palese che per governare sarebbe stato necessario far fronte comune con altre forze politiche.

Peccato però che prima del 4 marzo Di Maio abbia chiesto il voto agli italiani garantendo tre cose: il premier sarebbe stato lui (soprattutto mai un tecnico), con il Movimento che avrebbe chiesto l’appoggio di altri partiti sul proprio programma e squadra dei ministri.

Adesso invece ci troviamo di fronte a un governo guidato da un professore, anche se vicino ai 5 Stelle e presente nella ipotetica squadra di governo pre voto, un programma scritto a quattro mani con la Lega e a dei ministri scelti sempre in tandem con il carroccio.

Beppe Grillo che infiammava le piazze urlando che i vecchi partiti erano morti, ora si è fatto da parte spostandosi anche in un blog tutto suo dove ha ripreso a parlare di ambiente e tecnologia.

Dalla richiesta della diretta streaming a Bersani nel 2013 siamo passati ai vertici a porte chiuse con la Lega di questi giorni. I nostri portavoce sono cresciuti e adesso sono pronti a guidare il paese.

Anche se sono cambiati i modi, molte delle battaglie grilline sono presenti nel programma del futuro esecutivo. Non rimane che aspettare di vedere questo “governo del cambiamento” all’opera, con i 5 Stelle che però devono sempre aver ben presente che anche Renzi nel 2014 prese il 40%: niente può essere più nocivo del tradire le aspettative dei propri elettori, dalle parole ora si deve passare ai fatti.

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