Cos’è il risarcimento in forma specifica?

Giorgia Dumitrascu

18 Settembre 2025 - 13:17

Non sempre i soldi bastano: il risarcimento in forma specifica restituisce al danneggiato la cosa com’era prima, entro i limiti fissati dalla legge.

Cos’è il risarcimento in forma specifica?

Un’auto distrutta in un incidente, un appartamento invaso da infiltrazioni, un elettrodomestico nuovo ma già difettoso: in questi casi non sempre il denaro basta. La legge prevede che il danno possa essere risarcito “in natura”, cioè con la riparazione o la sostituzione del bene. È il cosiddetto risarcimento in forma specifica, che restituisce al danneggiato la cosa nella sua utilità originaria.

Non è però un diritto illimitato, il giudice lo concede solo se la reintegrazione non è impossibile o eccessivamente onerosa per il debitore.

Cos’è il risarcimento in forma specifica: significato e definizione

Il risarcimento in forma specifica è il ristoro che reintegra direttamente la situazione lesa, riparando o sostituendo il bene danneggiato invece di liquidare denaro. In pratica significa riportare la situazione allo stato in cui si trovava prima dell’illecito. Ad esempio, la riparazione di un’auto incidentata o la ricostruzione di un muro abbattuto.
L’art. 2058 c.c. stabilisce che:

“Il danneggiato può chiedere la reintegrazione in forma specifica, ma il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente se la reintegrazione risulta impossibile o eccessivamente onerosa per il debitore.”

Il principio è quello della integrale reintegrazione del danno, la somma di denaro è rimedio sostitutivo, non alternativo, e diventa prevalente solo in caso di impossibilità o eccessiva onerosità. Quindi, occorre che ci sia un bilanciamento tra l’interesse del danneggiato a riavere il bene com’era e l’interesse del debitore a non sopportare un costo eccessivo rispetto al risultato ottenuto. È il caso delle “riparazioni antieconomiche”, dove il costo dell’intervento supera il valore di mercato del bene. Il risarcimento in forma specifica risponde a una logica di giustizia riparativa, non si limita a compensare con il denaro, ma punta a restituire al danneggiato l’utilità concreta che aveva prima del danno.
La Corte di Cassazione ha chiarito come non sia sempre escluso il risarcimento in forma specifica quando la riparazione costa più del valore del bene. Infatti, ciò che conta è evitare un arricchimento ingiustificato del danneggiato, se la riparazione non comporta un plus-valore ma semplicemente riporta il bene alle condizioni originarie, il risarcimento in natura resta possibile, anche se il costo è superiore (Cass. Civ. ord. n. 10686 del 2023).

Come funziona il risarcimento in forma specifica?

Il danneggiato può procedere in via stragiudiziale, inviando al responsabile una diffida scritta con cui chiede la riparazione o la sostituzione del bene. Nella diffida occorre descrivere il danno, quantificare l’intervento necessario e si assegna un termine di adempimento. Se la controparte non risponde o rifiuta, resta solo la strada del giudizio.
In tribunale il danneggiato dovrà specificare di volere il risarcimento in forma specifica. L’attore, cioè il danneggiato, deve dimostrare:

  • l’esistenza del danno e il nesso causale con la condotta del convenuto;
  • la concreta possibilità di ripristinare la situazione originaria;
  • la proporzione tra l’intervento richiesto e l’utilità che ne deriva.

Spesso il giudice affida la valutazione a una Consulenza tecnica d’ufficio (CTU). L’ingegnere o il perito nominato verifica se la riparazione è realizzabile, stima i costi e valuta se l’intervento comporti un miglioramento che vada oltre il semplice ripristino.
Il giudice conserva una discrezionalità piena, può ordinare la riparazione in natura quando la ritiene possibile e non eccessivamente onerosa, oppure convertire la pretesa in un risarcimento monetario se la riparazione appare sproporzionata o impraticabile.

Cosa cambia rispetto al risarcimento per equivalente?

Nel diritto civile il risarcimento del danno può assumere due forme: in forma specifica o per equivalente. Sono strumenti diversi, ma accomunati dalla stessa finalità, compensare la perdita subita dal danneggiato. Nel caso di un’auto incidentata, con il risarcimento in forma specifica, il danneggiato non riceve denaro, ma ottiene il bene o l’utilità che aveva perso. Invece, il risarcimento per equivalente consiste nella liquidazione monetaria del danno.

“Il danneggiato riceve una somma di denaro che sostituisce l’utilità perduta.”

È la forma più comune, perché spesso la riparazione o la restituzione non sono possibili, oppure comportano un costo eccessivo rispetto al bene danneggiato. L’auto che non conviene più riparare viene indennizzata con una somma pari al suo valore commerciale al momento del sinistro.

Il discrimine pratico tra le due forme di risarcimento è dato da due fattori, la possibilità tecnica di riparazione e la proporzione dei costi. Quando la riparazione è fattibile e non eccessivamente onerosa, il giudice può disporre la reintegrazione. Se invece la riparazione è impossibile o sproporzionata, la tutela si sposta sul denaro.

Quando si usa il risarcimento in forma specifica: i casi più frequenti

Il risarcimento in forma specifica trova applicazione soprattutto in alcune aree tipiche della vita quotidiana e dei rapporti contrattuali. Sono i casi in cui la riparazione o la sostituzione del bene risponde meglio all’interesse del danneggiato rispetto a una semplice somma di denaro.

Auto e riparazioni antieconomiche

Uno degli esempi è quello delle riparazioni antieconomiche. Succede quando il costo per riparare un’auto danneggiata supera il valore commerciale del veicolo. La giurisprudenza più recente ha chiarito che questo non basta a escludere la possibilità di chiedere il risarcimento in forma specifica. Conta l’interesse del danneggiato a recuperare l’utilità del mezzo, non il mero confronto economico tra valore e costi di riparazione.

Condominio ed edilizia: infiltrazioni e opere comuni

Nel settore immobiliare, il risarcimento in forma specifica è spesso legato ai casi di infiltrazioni d’acqua o di difetti strutturali che compromettono l’abitabilità. Se le infiltrazioni rendono inutilizzabili ambienti di una casa o danneggiano parti comuni di un condominio (ad esempio un terrazzo che perde acqua), il giudice può ordinare il ripristino delle opere, in modo da restituire agli occupanti il pieno godimento dell’immobile. Anche qui vale la regola della proporzione, non bastano piccoli disagi, serve un difetto grave che incida concretamente sull’uso pattuito.

Appalti: opera difettosa e rimedi

Un altro terreno classico è quello degli appalti. Se l’opera realizzata presenta vizi o difformità, il committente ha diritto a pretendere che l’appaltatore elimini i difetti o ricostruisca la parte difettosa. È l’applicazione più lineare del risarcimento in forma specifica: non denaro, ma esecuzione corretta dell’opera promessa. Solo se l’eliminazione dei difetti è impossibile o eccessivamente onerosa si apre la strada al risarcimento per equivalente.

Consumatori: garanzia legale di conformità

Un capitolo a sé riguarda i beni di consumo. Il Codice del Consumo D.lgs. n. 170/2021, prevede che il consumatore abbia diritto, in caso di difetto di conformità del bene acquistato, alla riparazione o sostituzione. La logica è simile a quella del risarcimento in forma specifica: il bene deve essere riportato allo stato conforme al contratto. Solo se riparazione e sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose, si passa ai rimedi successivi, cioè la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto. Anche qui i tempi sono fondamentali: l’intervento deve avvenire “entro un termine congruo” e senza spese per il consumatore.

Procedura per ottenere ed eseguire il risarcimento in forma specifica

Il primo passaggio è la domanda giudiziale. L’attore deve indicare di voler ottenere la reintegrazione in forma specifica e non soltanto il risarcimento in denaro. Dopo la fase introduttiva, si apre l’istruttoria, nella quale si raccolgono le prove e, se necessario, disposta una CTU per verificare costi e fattibilità. Il giudice può ordinare la riparazione o, se la ritiene impossibile o eccessivamente onerosa, convertire la pretesa in risarcimento monetario.

La sentenza di condanna costituisce titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c. ed è provvisoriamente esecutiva ex art. 282 c.p.c., salvo sospensione.
A quel punto si applicano le regole dell’esecuzione degli obblighi di fare e non fare (artt. 612-614 c.p.c.). Se il debitore non adempie, il creditore notifica l’atto di precetto e presenta ricorso ex art. 612 cp.c. al giudice dell’esecuzione.

Astreintes: quando il giudice fissa le somme di coercizione

Un ruolo centrale è svolto dalle astreintes , previste dall’art. 614-bis c.p.c.

“Si tratta di una misura coercitiva che il giudice può disporre per indurre il debitore ad adempiere: una somma di denaro da versare per ogni giorno di ritardo o per ogni violazione.”

Non è un ulteriore risarcimento, ma di una misura coercitiva che spinge il debitore a rispettare l’ordine giudiziale. Se, nonostante tutto, l’esecuzione resta impossibile o il debitore continua a sottrarsi, la legge consente la conversione in denaro. Il giudice liquida un importo che sostituisce la reintegrazione originariamente richiesta, al quale può aggiungersi un ulteriore risarcimento per i danni causati dal ritardo o dall’inadempimento.

In questo modo, la procedura garantisce al danneggiato una tutela effettiva, prima attraverso la reintegrazione, poi se necessario con strumenti coercitivi e, in ultima istanza, con la conversione monetaria. L’obiettivo resta sempre lo stesso: restituire al danneggiato, nel modo più efficace, l’utilità perduta.

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