Coronavirus: stato di emergenza in Giappone, ma senza obbligo. Cosa significa?

Violetta Silvestri

07/04/2020

14/07/2021 - 17:13

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Il Giappone si appresta a dichiarare lo stato di emergenza nella lotta al coronavirus. Nella nazione asiatica, però, questa condizione non imporrà obblighi e sanzioni ai cittadini. Cosa significa?

Coronavirus: stato di emergenza in Giappone, ma senza obbligo. Cosa significa?

Il primo ministro giapponese, Shinzo Abe, è pronto a dichiarare lo stato di emergenza a Tokyo e in altre sei prefetture entro martedì 7 aprile, nel tentativo di arginare un forte aumento dei casi di coronavirus nella capitale e in diverse grandi città.

Cosa significa questa misura per la nazione asiatica? La domanda è quanto mai pertinente, considerando che i poteri straordinari concessi alle autorità per affrontare situazioni eccezionali, quali appunto il diffondersi di un’epidemia, non si traducono in ordini imposti ai cittadini.

Il caso Giappone, infatti, si discosta dal resto del mondo proprio per questo: le misure restrittive saranno soltanto “richieste” ai cittadini e non comporteranno alcun meccanismo sanzionatorio.

Anche dinanzi all’avanzare della pandemia, la nazione asiatica si affida, quindi, al senso di obbedienza del popolo. Cosa significa?

Stato di emergenza in Giappone è “richiesto”, non ordinato. Cosa significa?

Con quasi 4.000 casi positivi confermati e circa 100 decessi, il Giappone ha deciso di adottare misure più rigorose per arginare i contagi da COVID-19.

Tokyo ha riportato un record di 148 nuovi casi domenica, portando il totale a oltre 1.000, secondo l’emittente pubblica NHK. La maggior parte dei malati confermati nel fine settimana ha coinvolto persone di età inferiore ai 50 anni, molte delle quali tra 20 e 30 anni.

A livello nazionale, i numeri risultano piuttosto bassi in confronto agli Stati Uniti, alla Cina e ad alcuni Stati d’Europa, ma i funzionari sono preoccupati che un’ondata di infezioni possa mettere a dura prova gli ospedali del Paese. E l’economia interna.

Per questo, il primo ministro si è deciso e a breve annuncerà lo stato di emergenza. Una misura, questa, che non ha nulla a che fare con il lockdown imposto a livello europeo. Il sistema di imposizione di provvedimenti sui cittadini è molto particolare in Giappone.

La decisione di Shinzo Abe, infatti, significa che i governatori delle 47 prefetture del Giappone possono invitare le persone a rimanere a casa e le imprese a chiudere, ma non avranno l’autorità legale per imporre questo tipo di blocco, come sta accadendo in altri Paesi. Non sono ammesse neanche sanzioni speciali per chi non rispetta le misure.

In Giappone, quindi, non si vedranno scene di pattuglie di militari o forze dell’ordine a controllare strade e persone. Secondo la tradizione e la concezione culturale giapponese, infatti, lo stato di emergenza porterà a specifiche “richieste”, intese proprio come suggerimenti, con una forte aspettativa che la popolazione obbedirà alle direttive.

Il sistema legale giapponese, influenzato dall’eredità degli eccessi di guerra, limita il potere del Governo sui suoi cittadini. Yasutoshi Nishimura, il ministro incaricato della legge di attuazione dello stato di emergenza, ha affermato che:

“Il nostro sistema legale è istituito in modo tale che le persone nel loro insieme si uniscano e condividano l’onere di prevenire la diffusione dell’infezione piuttosto che ricorrere a misure forzate.”

Quali misure sono adottate in Giappone

Cosa possono fare, quindi, i governatori con lo stato di emergenza? I poteri delle prefetture in casi eccezionali come questo della diffusione del coronavirus comprendono la confisca forzata delle proprietà terriere private per costruire strutture mediche temporanee o l’ordine alle imprese di liberare spazio per ricoverare i pazienti.

I governatori possono anche chiudere istituzioni pubbliche come le scuole, come è già accaduto a partire da febbraio in molte parti della nazione. Inoltre, le prefetture possono imporre ai fornitori di medicinali e prodotti alimentari di vendere i loro beni alle autorità. Se i fornitori rifiutano, i Governi prefettizi hanno il potere di ottenerli con la forza.

Per il resto, ci sarà soltanto un invito a restare a casa, prediligere lo smart working, chiudere gli esercizi commerciali non essenziali tenere le distanze di sicurezza. Senza obbligo per legge.

Da considerare, inoltre, che lo stato di emergenza non è, al momento, rivolto a tutto il Paese. La disciplina e il senso di responsabilità dei giapponesi basterà per arginare i contagi da coronavirus?

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