Controlli del Fisco, basta richieste inutili ai cittadini

Patrizia Del Pidio

12 Agosto 2025 - 15:57

Se il Fisco chiede al contribuente di esibire documenti di cui è già in possesso la richiesta è ridondante. Basta richieste inutili ai contribuenti durante i controlli fiscali.

Controlli del Fisco, basta richieste inutili ai cittadini

La sentenza 137 del 28 luglio 2025 della Corte Costituzionale è destinata a segnare il passo nei controlli fiscali. La Corte, infatti, pone precisi limiti alle richieste del Fisco ai cittadini: in sede di contenzioso il contribuente avrà diritto a maggiori tutele per quel che concerne le richieste del Fisco di documenti già in suo possesso.

L’amministrazione tributaria, in caso di controlli fiscali, non può richiedere al contribuente documenti come fatture elettroniche o altre informazioni che siano già presenti nelle banche dati fiscali. Grazie all’evoluzione tecnologica, infatti, il Fisco dispone autonomamente di moltissime informazioni delle quali non può chiedere una prova documentale al contribuente.

La sentenza in questione affronta il tema della preclusione probatoria e sottolinea che c’è necessità di correttezza anche da parte dell’amministrazione tributaria.

Il Fisco non può chiedere documenti che ha già

Il Fisco ha a sua disposizione numerosi documenti che utilizza nelle attività di controllo fiscale, ma nonostante la mole di informazioni di cui è in possesso, l’amministrazione fiscale non alleggerisce le richieste di documenti ai contribuenti. Nello specifico la sentenza prende in esame l’utilizzo di documentazione richiesta e non trasmessa dal contribuente.

Il caso riguarda un ricorso presentato contro l’Agenzia delle Entrate dopo un avviso di accertamento. Il Fisco contestava al contribuente di non aver dichiarato nell’anno di imposta 2015 una plusvalenza e richiedeva di documentare eventuali spese che potessero giustificare l’aumento del valore dei terreni edificabili posti in vendita.

L’Agenzia delle Entrate, non ricevendo documenti dal contribuente aveva determinato la plusvalenza solo basandosi sul prezzo di vendita e di acquisto. Durante il ricorso, però, il contribuente aveva presentato le fatture relative a tali spese, ma l’amministrazione fiscale ne aveva eccepito l’inutilizzabilità per non averle presentata in fase di controlli.
La Corte Costituzionale, poi, è stata chiamata a giudicare la legittimità di questa preclusione.

La sentenza della Corte Costituzionale

I giudici hanno evidenziato come la preclusione possa operare solo se non riguarda documenti di cui il Fisco è già in possesso e a patto che vengano richiesti con largo anticipo con specifica domanda al contribuente stesso. Il non aver prodotto la documentazione richiesta, inoltre, è scusabile solo nel caso di forza maggiore o nel caso in cui la stessa provenga da soggetti terzi (come ad esempio il consulente fiscale).

Se il Fisco è già in possesso della documentazione richiesta, secondo i giudici, deve utilizzarla agendo secondo correttezza e buona fede.

La portata della sentenza è particolarmente rilevante nei controlli fiscali, visto che l’amministrazione tributaria può attingere alle proprie enormi banche dati per consultare la maggior parte della documentazione necessaria senza dover presentare richieste inutili al contribuente.

Il problema principale è che richiedere documentazione superflua potrebbe non solo aggravare il procedimento, ma anche esporre al rischio di maggiori errori, visto che nella maggior parte dei casi la mancata presentazione di un documento va ricondotta più a una svista (spesso a sfavore del contribuente) che a una vera volontà di occultamento.

Quando l’informazione richiesta al contribuente, quindi, è già in possesso del Fisco o è accessibile, la richiesta è considerata ridondante.

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