Come va oggi Cirio, dopo il crac da oltre €1 milardo che mise in ginocchio 35mila risparmiatori

Violetta Silvestri

21 Agosto 2025 - 14:00

La saga di Cirio, dal crac alla rinascita: come va oggi l’azienda? Storia del marchio che fece perdere soldi a 35.000 risparmiatori.

Come va oggi Cirio, dopo il crac da oltre €1 milardo che mise in ginocchio 35mila risparmiatori

Che fine ha fatto l’azienda Cirio? La domanda riaccende alla memoria una delle storie imprenditoriali più significative in Italia.

Il fallimento della Cirio, infatti, è uno degli episodi finanziari più emblematici accaduti nel nostro Paese nei primi anni 2000, per il coinvolgimento di migliaia di piccoli risparmiatori, le responsabilità manageriali e le dinamiche finanziarie opache.

Oggi, però, si può affermare che l’azienda non è completamente scomparsa poiché il marchio è gestito da Conserve Italia, un consorzio cooperativo agricolo.

Il brand ha così recuperato reputazione e attualmente è un attore importante del settore conserve italiane, anche all’estero.

Cirio e il cambiamento dopo il crac: l’azienda oggi

L’azienda Cirio è oggi una solida realtà nel comparto dell’industria alimentare italiana e fa parte del consorzio Conserve Italia, che nel 2023 ha chiuso con un fatturato di circa €1,2 mld e un utile netto di €12,3 mln, registrando una crescita del 5% annuo.

La società agricola collegata (Cirio Società Agricola S.r.l.) nel 2023 ha registrato un fatturato di €15,6 mln e un utile netto di €1,49 mln.

Cirio è uno dei marchi di punta del gruppo, specializzato in conserve (pomodoro, legumi) e rappresenta una componente fondamentale nell’export (47% del fatturato Conserve Italia). I prodotti Cirio sono presenti in almeno 60 Paesi in tutto il mondo.

Nel 2019 il marchio è tra i primi in Italia a ottenere la certificazione EPD (Environmental Product Declaration) Process per l’impegno nel rispetto ambientale in ogni fase della produzione.

L’anno seguente, 2020, vede la nascita della linea Cirio Selezioni, con lo scopo di esaltare i pomodori tipici delle terre italiane di Puglia, Sicilia, Toscana.

Non risultano notizie di crisi gestionali o economiche attuali. Al contrario, l’azienda mantiene una crescita stabile e una forte attenzione a innovazione e mercato estero. In parallelo, Conserve Italia continua a investire in sostenibilità e modernizzazione.

Il crac Cirio, storia di un fallimento storico

Riavvolgendo il nastro di anni, la storia di Cirio assume un tono assai più grave e pesante.

Alla fine del 1999 il debito dell’azienda superava il miliardo di euro, con circa l’85% verso le banche. Tra il 2000 e il 2002 furono emessi bond in Lussemburgo — privi di rating — inizialmente destinati a investitori istituzionali, ma poi acquistati anche da circa 35 000 piccoli risparmiatori.

Le obbligazioni avevano rendimenti troppo bassi rispetto al rischio e molti risparmiatori persero ingenti somme di denaro. Nel 2003 fu iscritta la società in procedura di amministrazione straordinaria, con l’obiettivo di separare le attività produttive dai debiti finanziari.

Nell’estate del 2003, l’azienda fu dichiarata ufficialmente in liquidazione. Furono nominati liquidatori incaricati di gestirne lo smantellamento controllato. Nel 2004, il ramo conserviero (Cirio–De Rica) fu venduto a Conserve Italia per circa 168 milioni di euro. Dal 2004 il marchio Cirio è passato sotto la proprietà del consorzio cooperativo.

La vicenda ebbe anche conseguenze guidiziarie. Bancarotta fraudolenta, falso in bilancio, manipolazione del mercato furono le accuse principali del caso. Nel primo grado (2011), Sergio Cragnotti fu condannato a 9 anni di reclusione, mentre Cesare Geronzi ebbe una pena di 4 anni.

In appello, la pena fu ridotta a circa 8 anni e 8 mesi, poi ulteriormente rivista in Cassazione: nel 2019, fu confermata la pena ridotta a 5 anni e 3 mesi per Cragnotti, posizione definita definitiva nel 2021.

Cragnotti è stato inoltre condannato al pagamento di 300 mln di euro a creditori e risparmiatori, soprattutto in relazione alla cessione del ramo lattiero-caseario a Parmalat.

Da sottolineare che nel 1993, Cragnotti rileva Cirio–De Rica da SME (società statale) nell’ambito delle privatizzazioni italiane. Punta a costruire un grande polo agroalimentare italiano, esportando in Europa e Sud America e finanzia l’espansione non con capitali propri, ma con prestiti bancari e emissioni obbligazionarie, accumulando un debito superiore al miliardo di euro. Usa fondi di Cirio per sostenere altre società del suo gruppo, tra cui la Lazio.

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