Cambio destinazione d’uso immobili, come si fa e quanto costa

Nadia Pascale

29 Maggio 2025 - 09:05

Cos’è il cambio di destinazione d’uso? In quali casi è necessario un preventivo permesso di costruire per poter procedere al cambio? Ecco novità, importi e oneri di urbanizzazione dovuti.

Cambio destinazione d’uso immobili, come si fa e quanto costa

Cos’è il cambio di destinazione d’uso di un immobile? Quali sono i limiti e i costi?

Vuoi trasformare il tuo ufficio in un’abitazione civile? In questo caso, se è rispettata la normativa prevista per l’abitabilità, è necessario richiedere il cambio di destinazione d’uso dell’immobile, ma come si fa? Quali sono i passaggi burocratici che è necessario porre in essere per raggiungere questo obiettivo?

Quando si desidera utilizzare un immobile per scopi diversi rispetto a quelli previsti per la categoria funzionale assegnata, è necessario procedere a un cambio di destinazione d’uso. In pratica non si può pensare di trasferire la propria famiglia a vivere in un immobile che risulta al catasto come garage o locale commerciale. Per ottenere il cambio di destinazione d’uso è necessario comunque adeguare l’immobile rispetto allo scopo per il quale deve essere utilizzato.

Vediamo ora come cambiare la destinazione d’uso di un immobile, quanto costa questa operazione e in quali casi è necessario versare gli oneri di urbanizzazione.

Cos’è il cambio di destinazione d’uso? Le differenze

L’espressione “destinazione d’uso” indica la specifica funzione attribuita ad un determinato immobile (ad es. residenziale, agricola ecc...), che è stabilita sulla base di quanto indicato nel titolo abilitativo che ne ha consentito la costruzione (art. 9 bis Testo unico dell’edilizia). Nel corso del tempo si può modificare tale destinazione, sia mediante la realizzazione di opere edilizie e sia senza opere.
L’articolo 23Ter del testo Unico Edilizia rubricato “Mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante” sancisce:

1. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate:

a) residenziale : sono immobili di ogni genere a uso abitativo (condomini, villette, appartamenti, ecc). In questo caso è possibile l’utilizzo promiscuo (abitazione-studio) quando la maggior parte della superficie viene comunque utilizzata a scopo abitativo;
a-bis) turistico-ricettiva : riservata ad alberghi, campeggi, ostelli, e tutte le attività simili;
b) produttiva e direzionale : è la destinazione d’uso utilizzata da industrie e uffici, magazzini, laboratori di riparazioni e officine, e in generale ogni attività che si occupa di produrre o trasformare beni e servizi, comprese banche e uffici privati;
c) commerciale : sia all’ingrosso sia nella media e piccola distribuzione, quindi dai mercati ai negozi di quartiere. Comprende anche ristoranti, pub, e locali in generale.
d) rurale : riguarda sia gli immobili utilizzati per produzione, forestazione, e allevamento (i campi o i boschi, per esempio), sia alcune attività annesse, come serre, abitazioni rurali, o allevamenti zootecnici e agriturismi.

Nel caso in cui un immobile sia interessato da più destinazioni d’uso, allora quella assegnata riguarda l’attività prevalente, ovvero quella che occupa più superficie. Le due attività, comunque, devono essere legate tra di loro.

Generalmente, quando il cambio di destinazione d’uso avviene all’interno della stessa categoria funzionale, non è necessario avere il permesso di costruire, ma basta una semplice SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio attività) o CILA.

Diverso è il caso in cui il cambio di destinazione d’uso avvenga tra categorie funzionali diverse, in questo caso può essere richiesto il permesso di costruire. Nel primo caso l’esempio classico è la trasformazione di un appartamento, quindi uso residenziale, in un B&B, struttura turistico ricettiva.

Il cambio di destinazione d’uso nel decreto Salva casa di Salvini

Con il decreto Salva Casa la normativa è stata oggetto di semplificazione e ora non sempre in caso di opere edilizie, è necessario procedere alla richiesta di permesso di costruire per il cambio di destinazione d’uso.
La nuova disciplina prevede che sia sempre consentito il mutamento della destinazione d’uso della singola unità immobiliare senza opere, nel rispetto delle normative di settore e ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni.

Per quanto riguarda la documentazione, basta la sola SCIA nel caso di

  • manutenzione ordinaria;
  • alcuni interventi di eliminazione delle barriere architettoniche;
  • tutte le casistiche indicate come attività libera nel Dpr 380/2001 (articolo 6), nel Glossario dell’attività libera (Dm 2 marzo 2018) e nelle diverse leggi regionali.

Ad esempio, non è necessario il permesso di costruire nel caso in cui il mutamento di destinazione d’uso avvenga all’interno della stessa categoria, cambio orizzontale, è, invece, necessario il permesso di costruire nel caso in cui il cambio avvenga tra categorie diverse, in questo secondo caso si parla anche di cambio verticale.

Ricordiamo che in caso di cambi verticali, il Comune può fissare specifiche condizioni per ottenere il permesso di costruire e di conseguenza anche per il cambio di destinazione d’uso.
In alcuni casi, quando il cambio di destinazione richiede il permesso di costruire, è necessario versare al Comune, oltre al contributo per il permesso stesso, anche gli oneri di urbanizzazione.

Quindi riassumendo, le categorie funzionali sono cinque: residenziale; turistico-ricettiva; produttiva e direzionale commerciale; rurale. Per tutte è sempre necessaria la verifica costante della la normativa regionale per trovare conferma sia della fattibilità del mutamento, sia dell’individuazione del titolo abilitativo necessario.
Il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito, salvo le eventuali diverse disposizioni delle leggi regionali.

Il passaggio da una categoria funzionale all’altra, o il semplice cambio di destinazione all’interno della stessa categoria, possono richiedere o meno opere edilizie; in quest’ultimo caso si parla appunto di cambio di destinazione d’uso senza opere.

Destinazione prevalente, cosa cambia con il decreto Salva-casa

A questo punto è importante anche determinare gli effetti relativi alla destinazione prevalente.
La destinazione prevalente è quella maggiormente ricorrente in una determinata zona, ad esempio zone A, B e C (centro storico, zone edificate, zone nuovi insediamenti).

Con le modifiche apportate con il decreto Salva-casa, che mira promuovere il recupero del patrimonio edilizio esistente, ridurre il consumo del suolo e fornire una soluzione al crescente fabbisogno abitativo, è sempre possibile il cambio di destinazione d’uso con cambio verticale. Non è possibile, invece, nelle zone rurali.

Ad esempio, in zona A l’uso prevalente è residenziale, ma è possibile convertire un locale residenziale in direzionale, ad esempio la trasformazione in uffici. Prima del decreto Salva-Casa vi erano dei limiti a tale possibilità, in sede di conversione del decreto sono state aggiunte norme che consentono di effettuare questa operazione indipendentemente dalla destinazione d’uso prevalente dell’immobile.

Procedura di modifica della destinazione d’uso di un immobile

La variazione di destinazione d’uso di un immobile è regolata da norme specifiche e il mancato rispetto delle stesse costituisce un abuso edilizio anche nel caso in cui i lavori effettuati siano di modesta entità. Proprio per questo motivo è bene fare attenzione ed evitare sanzioni.

Il cambio di destinazione d’uso di un edificio è una pratica amministrativa che deve essere richiesta per modificare la finalità d’uso di una unità immobiliare.

In tutti i casi in cui si effettua un cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, è necessario ottenere l’autorizzazione corrispondente dal Comune competente mediante l’approvazione di un titolo edilizio. Si tratta di un’autorizzazione preventiva, non si possono eseguire lavori e non si può procedere al cambio senza prima ottenere il Titolo.

Nel caso in cui la variazione non sia da considerate urbanisticamente rilevante, basta una comunicazione al Comune: CILA (Comunicazione Inizio lavori asseverata) o SCIA (Segnalazione Certificata Inizio attività).
Sebbene questi due atti rientrino nell’alveo della semplificazione amministrativa, si tratta comunque di documenti che devono seguire una certa ritualità.

La CILA comprende un elaborato progettuale e la comunicazione di inizio dei lavori asseverata da un tecnico abilitato, il quale attesta, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti, inoltre certifica che sono compatibili con la normativa in materia sismica e con quella sul rendimento energetico nell’edilizia e che non vi è interessamento delle parti strutturali dell’edificio. La comunicazione contiene, infine, i dati identificativi dell’impresa alla quale si intende affidare la realizzazione dei lavori.

La semplificazione risiede nel fatto che il soggetto interessato non deve attendere l’autorizzazione per l’inizio dei lavori, è l’Amministrazione a dover negare espressamente l’autorizzazione, in caso contrario vale il principio del silenzio-assenso.
La SCIA, invece, è una dichiarazione amministrativa da presentare in Comune che permette alle imprese di iniziare, modificare o cessare un’attività produttiva (artigianale, commerciale, industriale). Produce effetto immediato, in quanto non è necessario attendere i tempi, l’esecuzione delle verifiche sui requisiti e i controlli preliminari da parte degli enti competenti.

Effettuata questa prima fase si eseguono eventuali lavori necessari per adeguare l’immobile alla nuova destinazione d’uso e si procede alla variazione catastale DOCFA all’Agenzia delle Entrate. Con la DOCFA si deposita la planimetria catastale aggiornata e vengono modificati i dati di categoria, classe e rendita necessari all’aggiornamento dell’unità immobiliare ai fini fiscali.

In caso di variazione di destinazione d’uso è urbanisticamente rilevante, dopo l’aggiornamento dei dati al Catasto è necessario chiudere l’iter comunale con il deposito del certificato di agibilità. Questo garantisce il rispetto delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico degli edifici e degli impianti tecnici dell’immobile oggetto del cambio di destinazione d’uso (art. 24 del Testo Unico dell’Edilizia DPR 380/2001).

Quali sono i costi di una variazione della destinazione d’uso di un immobile?

Non è possibile delineare in modo preciso i costi per una cambio di destinazione d’uso di un immobile. Possiamo però elencare le diverse vioci di cui si compone:

  • costo delle opere di ristrutturazione necessarie per effettuare la modifica degli immobili al fine di renderli consoni alla nuova funzione (cambio di destinazione d’uso con opere);
  • costo dei professionisti (ingegneri e geometri tecnici) incaricati ad espletare le pratiche urbanistiche, energetiche etc.;
  • oneri di urbanizzazione;
  • costo delle pratiche catastali.

In quali casi sono dovuti gli oneri di urbanizzazione?

Gli oneri di urbanizzazione non sono altro che un contributo da versare al Comune ogni volta che si richiede il permesso a costruire, quindi per eseguire interventi di costruzione e trasformazione edilizia.

La definizione arriva da due sentenze del Consiglio di Stato (n. 4576/2017, n. 2881/2017) con le quali si ribadisce che gli oneri di urbanizzazione non sono una tassa, ma

corrispettivo di diritto pubblico posto a carico del concessionario a titolo di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione e in proporzione all’insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae

Si è detto in precedenza che nelle zone A, B e C è sempre possibile il cambio di destinazione d’uso anche verticale e quindi da una categoria funzionale all’altra, abbiamo sottolineato che il Comune può richiedere il rispetto di specifiche condizioni, ma in quali casi è necessario anche versare gli oneri di urbanizzazione?

In genere gli stessi sono dovuti nel caso in cui per il Comune ci sia un maggiore carico urbanistico. La valutazione viene effettuata caso per caso in base alle peculiarità dell’intervento.

Generalmente se vi è una modifica importante è necessario versare gli oneri di urbanizzazione: se un magazzino viene trasformato in ristorante è molto probabile che aumenti il flusso di persone in quella determinata zona e, quindi, c’è un maggiore uso di infrastrutture e impianti. Ne consegue che il Comune potrebbe richiedere gli oneri di urbanizzazione.

Per il calcolo degli oneri di urbanizzazione si utilizzano tabelle regionali che tengono in considerazione diversi parametri, tra cui;

  • superficie dell’immobile;
  • destinazione dello stesso;
  • numero di abitanti del Comune;
  • ampiezza del territorio comunale;
  • piano regolatore e altri strumenti urbanistici.

Come ottenere il permesso di costruire?

Il permesso di costruire deve essere richiesto al Comune, allegando alla richiesta il progetto sottoscritto da un tecnico accompagnato da una relazione tecnica che descriva le caratteristiche dell’intervento e le motivazioni del mutamento di destinazione d’uso.

Ulteriore documentazione, se pertinente, può essere richiesta dal Comune.
Nel caso in cui non si rispettino tali norme, si rientra nell’ambito dell’abuso edilizio con tutte le conseguenze che ne derivano tra cui anche l’obbligo di ripristino dello stato originario dell’immobile.

In quali casi non è permesso il cambio di destinazione d’uso?

Non è sempre possibile modificare la destinazione d’uso di un immobile, per una serie di ragioni.

Le motivazioni principali possono essere:

  • inadeguatezza dell’immobile. Non tutti gli immobili possono venire utilizzati per tutto. Per esempio, è obbligatorio che vengano rispettate specifiche norme igienico sanitarie per alcune attività, situazione non sempre possibile malgrado i lavori, così come il rapporto di aeroilluminazione;
  • i piani urbanistici del Comune. Non è sempre possibile fare queste modifiche anche se l’immobile tecnicamente lo permetterebbe. Può essere che sia direttamente il Comune a vietare l’apertura di specifiche attività in particolari zone;
  • infine, se ci si trova in un appartamento, può essere il regolamento del condominio a impedire le modifiche alla destinazione d’uso. In questo caso si può esporre il problema all’assemblea condominiale, e modificare le regole tramite votazione.

Utilizzare un immobile con usi vietati può far ricadere nel reato di abuso edilizio.

Esempi pratici di cambio di destinazione d’uso.

Per capire meglio le norme applicate, nel caso in cui si intenda trasformare un garage in un’abitazione civile, non basta la Scia, è necessario un permesso di costruire. A stabilirlo è il TAR della Campania con la sentenza 848 del 14 aprile 2023. Viene richiesto il permesso di costruire in quanto vi è un cambio di categoria funzionale.

Nel caso in cui si intenda trasformare un appartamento in B&B non è necessario il permesso di costruire, ma basta una Scia perché il cambio è all’interno della stessa categoria funzionale.

È considerato cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante anche la trasformazione di un magazzino in negozio. A stabilirlo è il TAR Lombardia nella sentenza 843 del 2023.

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