La negoziazione assistita è una procedura prevista dalla legge che, in determinate controversie, condiziona l’accesso al giudice e l’esito della causa.
L’avvocato ti ha parlato di negoziazione assistita, ma non sai esattamente di cosa si tratta né perché bisogna farla prima della causa. E’ una procedura che, in alcuni casi, può anche evitare il giudizio.
Che cos’è la negoziazione assistita e quando è obbligatoria
La negoziazione assistita è una procedura stragiudiziale.
“Un accordo col quale le parti, assistite da uno o più avvocati, cooperano in buona fede e lealtà per risolvere in via amichevole una controversia” (Decreto Legge n. 132 del 2014, convertito in legge n. 162 del 2014).
La sua funzione per le parti è quella di tentare una soluzione concordata, evitando il contenzioso. La legge prevede che in alcune materie la negoziazione assistita sia obbligatoria ed è condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria. Significa che, la parte prima di depositare un atto in tribunale, deve dimostrare di aver tentato la strada della negoziazione.
La negoziazione assistita è obbligatoria in caso di:
- domande di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti;
- controversie aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro entro la soglia stabilita dalla legge (attualmente fino a 50.000 euro, al netto degli interessi e accessori).
In questi casi, la mancata attivazione della procedura comporta che il giudice non può esaminare la causa. Ad esempio, dopo un incidente stradale, prima di fare causa all’assicurazione per il risarcimento dell’auto, la legge impone la negoziazione assistita.
In tutti gli altri casi la negoziazione assistita è facoltativa. Può servire come tentativo di composizione del conflitto. È il caso, ad esempio, di molte liti contrattuali o di rapporti economici che possono essere ricomposti senza l’intervento immediato del giudice.
Come funziona la negoziazione assistita: invito, convenzione e ruoli
La procedura di negoziazione assistita inizia con l’invito alla negoziazione assistita (art. 2 D. l. n. 132/2014).
L’invito deve indicare l’oggetto della controversia, le ragioni della pretesa e la volontà di risolverla con l’assistenza degli avvocati. Un invito generico o ambiguo rischia di non produrre gli effetti voluti, specie se la negoziazione assistita è condizione di procedibilità.
La convenzione di negoziazione assistita: cos’è e chi deve firmarla
Se l’altra parte aderisce all’invito, si passa al cuore della procedura, la convenzione di negoziazione assistita.
“Un accordo con cui le parti si impegnano a cooperare in buona fede per risolvere la controversia senza ricorrere al giudice. (art. 2, co. 2, D.l. n. 132/2014)”.
La convenzione deve essere redatta per iscritto e sottoscritta dalle parti e dai rispettivi avvocati. All’interno della convenzione sono indicati l’oggetto della negoziazione, la durata della procedura e le regole di comportamento, incluse quelle sulla lealtà e sulla riservatezza.
La convenzione distingue la negoziazione assistita da altri strumenti di composizione, senza questo atto, non si può parlare di procedura validamente instaurata. E, nei casi di negoziazione obbligatoria, l’assenza o l’irregolarità della convenzione può rendere improcedibile l’azione giudiziaria successiva.
Chi partecipa e cosa fanno davvero gli avvocati
Il ruolo degli avvocati è centrale e obbligatorio. Gli avvocati non si limitano a “presenziare” agli incontri. Verificano la correttezza degli atti, orientano le parti sulle possibili soluzioni e valutano i rischi di un eventuale contenzioso.
“Gli avvocati trasformano la negoziazione da semplice trattativa privata a percorso regolato dalla legge, con effetti giuridici certi”.
Negoziazione assistita: quali sono i termini e da quando decorrono
I termini della negoziazione assistita non coincidono con “quanto dura una trattativa”, ma con il tempo concordato nella convenzione.
“La convenzione di negoziazione assistita deve indicare un termine non inferiore a 1 mese e non superiore a 3 mesi, con possibilità di proroga di ulteriori 30 giorni se le parti lo concordano. (art. 2, co. 2, lett. a) del D. l. 132/2014)”.
Se la negoziazione assistita è obbligatoria, una volta decorso quel termine (e l’eventuale proroga), la condizione di procedibilità si considera soddisfatta e la parte può valutare la via giudiziale senza restare “bloccata” nella procedura.
Da quando partono i termini e come si calcolano
Per capire da quando decorrono i termini, bisogna distinguere:
- il termine di risposta all’invito, infatti l’invito deve contenere l’avvertimento che la mancata risposta entro 30 giorni dalla ricezione o il rifiuto possono essere valutati dal giudice (anche ai fini delle spese). Questi 30 giorni non sono la durata della negoziazione, sono il tempo entro cui l’altra parte accetta o rifiuta l’avvio;
- la durata della procedura, che parte dalla sottoscrizione della convenzione (quando l’invito è accettato) e si sviluppa per il periodo indicato: 1–3 mesi, prorogabili di 30 giorni.
| Passaggio | Termine “di legge” | Da quando decorre | Perché conta |
|---|---|---|---|
| Invito alla negoziazione | 30 giorni per rispondere (accettazione/rifiuto) | Dalla ricezione dell’invito | Se non c’è risposta o c’è rifiuto, la parte può andare avanti e il comportamento può incidere su spese/valutazioni del giudice. |
| Convenzione (durata procedura) | Min 1 mese – Max 3 mesi | Dalla sottoscrizione della convenzione | È la durata formale della procedura: entro quel tempo si negozia davvero |
| Proroga | Fino a 30 giorni | Su accordo delle parti, prima della scadenza | Utile quando la soluzione è vicina ma serve tempo per documenti/bozza finale |
Termini e cause urgenti: attenzione a prescrizione e decadenze
Se la controversia è urgente, il punto non è solo quanto dura la negoziazione assistita, ma se la procedura evita la perdita del diritto. Prescrizione e decadenza incidono in modo concreto, se il termine scade, non si può più agire.
La legge prevede che dalla comunicazione dell’invito a concludere la convenzione, o dalla sottoscrizione della convenzione di negoziazione assistita, sulla prescrizione si producano gli stessi effetti della domanda giudiziale. In pratica, il tempo si blocca come se la causa fosse già iniziata.
Dalla stessa data, la decadenza è impedita una sola volta. Se l’invito viene rifiutato o non è accettato entro trenta giorni, la domanda giudiziale deve essere proposta entro il termine previsto, che decorre dal rifiuto o dalla mancata risposta.
Che succede se non si fa la negoziazione assistita (o se la si fa male)
Se la negoziazione assistita è obbligatoria, ignorarla o gestirla in modo superficiale produce effetti processuali.
Improcedibilità: cosa significa davanti al giudice
Se la negoziazione assistita è condizione di procedibilità e non viene esperita correttamente, il giudice non entra nel merito della domanda. La causa è improcedibile.
Ciò non equivale a perdere la causa, il giudice rileva il difetto e non può proseguire finché la condizione non è soddisfatta.
Si può rimediare? Quando sì e quando no
La possibilità di rimediare dipende da come e quando l’errore viene rilevato. In alcuni casi, il giudice può assegnare un termine per consentire alle parti di avviare la negoziazione assistita e sanare il difetto. Tale soluzione, però, non è automatica né garantita: presuppone che l’irregolarità sia emersa tempestivamente e che non vi siano altri ostacoli, come la maturazione di una decadenza.
Diverso il caso in cui la negoziazione sia stata avviata in modo scorretto. Qui il rischio è che la procedura venga considerata inesistente o inefficace, con la conseguenza che la condizione di procedibilità non risulti soddisfatta.
Il rifiuto dell’altra parte e le possibili conseguenze
Un altro snodo delicato riguarda il rifiuto della negoziazione assistita. La legge non obbliga la controparte ad accettare l’invito, ma attribuisce al rifiuto un rilievo giuridico.
Il contegno della parte che rifiuta senza giustificazione può essere valutato dal giudice, ai fini delle spese di lite e nella ricostruzione della correttezza delle condotte processuali.
Il rifiuto non paralizza il percorso, una volta decorso il termine previsto, la condizione di procedibilità si considera superata e l’azione giudiziaria può essere intrapresa.
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Mediazione o negoziazione assistita? Le differenze che contano
La prima distinzione riguarda chi governa il procedimento. Nella mediazione, il confronto è affidato a un organismo terzo e a un mediatore imparziale, iscritto in appositi registri e chiamato a facilitare il dialogo tra le parti.
Invece, la negoziazione assistita è una procedura gestita direttamente dalle parti, con l’assistenza obbligatoria degli avvocati.
Dal punto di vista normativo, mediazione e negoziazione assistita rispondono a logiche diverse, ma possono incontrarsi sullo stesso terreno. La mediazione è obbligatoria in specifiche materie individuate dal D.lgs. n. 28/2010 (come condominio, diritti reali, successioni, locazioni, responsabilità medica), mentre la negoziazione assistita è obbligatoria nei casi previsti dal D. l. n. 132/2014, in particolare per alcune controversie risarcitorie e per il pagamento di somme entro determinati limiti.
La sovrapposizione può verificarsi quando una stessa vicenda sembra astrattamente rientrare in entrambi i perimetri. In questi casi, occorre individuare quale procedura la legge impone come condizione di procedibilità e qual è facoltativa.
Costi, modalità online e novità: cosa sapere prima di iniziare
La legge non prevede tariffe fisse né un contributo unificato, il costo dipende dall’attività professionale svolta e dalla complessità della controversia. Quindi, ciascuna parte sostiene il compenso del proprio avvocato, salvo diverso accordo tra le parti o una diversa regolazione nell’accordo finale.
“La negoziazione assistita non è gratuita, ma può essere economicamente più sostenibile di una causa lunga e incerta”.
A incidere sul costo sono fattori concreti: valore economico della lite, numero e durata degli incontri, quantità di documentazione da esaminare, necessità di bozze e contro-proposte.
La negoziazione assistita online dopo il correttivo Cartabia 2025
Con il correttivo alla riforma Cartabia, in vigore dal 25 gennaio 2025, il legislatore ha chiarito e rafforzato la possibilità di svolgere la negoziazione assistita anche in modalità telematica. La normativa consente che incontri e scambi avvengano da remoto, purché siano rispettati i requisiti di forma, tracciabilità e sottoscrizione degli atti.
Resta fermo:
- l’obbligo della forma scritta per invito, convenzione e accordo;
- l’assistenza degli avvocati;
- la necessità che le firme siano apposte con strumenti idonei (firma digitale o modalità equivalenti previste dalla legge).
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