Come funziona il divieto di lavoro quando fa troppo caldo

Simone Micocci

1 Luglio 2025 - 13:00

Come funziona il divieto di lavoro quando fa caldo in base alle nuove ordinanze regionali e cosa dice la legge.

Come funziona il divieto di lavoro quando fa troppo caldo

Il troppo caldo compromette la salute dei lavoratori, soprattutto coloro che passano molto tempo all’aperto o comunque in condizioni di scarso riparo dall’afa.

Il datore di lavoro da parte sua è tenuto a ridurre i rischi, individuando misure e sistemi di protezione contro lo stress termico e l’esposizione prolungata alla luce solare. Gli orari di lavoro sono un aspetto doveroso da valutare, a seconda del luogo e delle mansioni, che possono amplificare l’effetto del troppo caldo. Ad esempio, in alcuni casi, durante le ore più calde viene previsto un sistema di turnazione serrato oppure i dipendenti vengono adibiti a mansioni che richiedono minore sforzo fisico o possono essere svolte al riparo. In altre occasioni è necessario sospendere del tutto l’attività lavorativa a causa del caldo, per esempio con un cambiamento dell’orario o anche ricorrendo alla Cassa integrazione guadagni ordinaria per eventi meteo, se le temperature superano i 35 °C o su disposizione del responsabile della sicurezza.

Le regole cambiano quindi a seconda dell’impiego, posto che tutti i datori di lavoro sono obbligati per legge a salvaguardare la salute psicofisica del personale, anche riguardo agli effetti del caldo. Possono però intervenire provvedimenti più specifici e generali in situazioni di particolare rischio, proprio come sta accadendo in questi giorni. Le temperature estreme dell’estate 2025, infatti, hanno richiesto l’emanazione di diverse ordinanze comunali e regionali per tutelare i diritti dei lavoratori, con divieti di lavoro al caldo per molti dipendenti.

Divieto di lavoro per il troppo caldo in Lombardia

La Lombardia è una delle Regioni che è intervenuta più duramente sull’emergenza dovuta alle alte temperature. Il presidente regionale Attilio Fontana ha infatti firmato un’ordinanza che vieta il lavoro all’aperto dalle 12:30 alle 16:00 per i lavoratori di:

  • aree edili;
  • cave;
  • aziende florovivaistiche;
  • aziende agricole.

Il divieto, in vigore dal 2 luglio al 15 settembre, viene applicato soltanto quando le condizioni meteorologiche riportano un rischio alto secondo la mappa di Workclimate per l’attività fisica all’aperto. Non sono inclusi nel divieto i lavoratori che si occupano di attività urgenti e di pubblica utilità, purché vengano adottate le opportune precauzioni, come pure a pubbliche amministrazioni, ai concessionari di pubblico servizio e ai loro appaltatori, agli interventi di protezione civile e di salvaguardia della pubblica incolumità.

Divieto di lavoro al caldo in Abruzzo

Anche l’Abruzzo ha previsto un divieto valido per tutto il territorio regionale riguardante i lavoratori di aree edili, cave, settore agricolo e florovivaistico dalle 12:30 alle 16:00, fino al 31 agosto.

L’ordinanza è stata firmata dal governatore Marco Marsilio, su iniziativa dell’assessorato alle Attività produttive (guidato da Tiziana Magnacca) con gli assessori alla Salute, Nicoletta Verì, e all’Agricoltura, Emanuele Imprudente. In questo caso il divieto riguarda espressamente l’esposizione prolungata al sole, ma sempre quando è attiva una classificazione del rischio alto secondo Workclimate. Ovviamente, anche questo divieto esclude i lavori di urgenza, pubblica utilità, protezione civile e affini, a patto che siano predisposte misure organizzative e operative per contenere i rischi a un livello “accettabile”.

Divieto di lavoro al caldo nel Lazio

Anche la Regione Lazio ha stabilito, con un’ordinanza del presidente Francesco Rocca, che alcuni lavoratori possano non lavorare nelle ore più calde, tra le 12:30 e le 16:00, nei giorni in cui il rischio è considerato alto secondo la mappa Workclimate. Questa misura riguarda in particolare chi lavora in agricoltura, nei cantieri edili e nelle cave, poiché sono più esposti alle alte temperature e non esistono precauzioni sufficienti per proteggerli del tutto.

Restano invece esclusi dal divieto i lavoratori pubblici impegnati in attività di pubblica utilità, protezione civile o salvaguardia della sicurezza collettiva, i quali devono però essere tutelati attraverso misure organizzative che riducano i rischi legati al caldo.

Vietato lavorare se fa troppo caldo anche in Emilia Romagna

Infine, anche in Emilia Romagna vige un divieto di lavoro nelle ore più calde nelle giornate di caldo estremo o anomalo.

L’ordinanza regionale prevede la sospensione delle attività lavorative all’aperto dalle 12:30 alle 16:00, non soltanto in cantieri edili, agricoltura e florovivaismo ma anche nei piazzali della logistica. Secondo il vicepresidente regionale, Vincenzo Colla, e l’assessore regionale al Lavoro, Giovanni Paglia, questa misura si è resa necessaria per una regolamentazione uniforme e omogenea nella Regione. Oggi, infatti, ogni azienda attua le proprie forme di tutela del personale, con regole diverse tra loro anche nello stesso territorio.

Come funziona il divieto di lavoro

In presenza di un’apposita ordinanza che vieta il lavoro in determinate condizioni dovute al caldo i lavoratori possono astenersi e il datore di lavoro che non rispetta le regole può essere sanzionato. I dipendenti possono quindi rifiutarsi di lavorare quando previsto e adire le vie legali, preferibilmente con mediazione sindacale o dell’Ispettorato del lavoro per far valere al meglio i propri diritti di sicurezza. In assenza di disposizioni specifiche i lavoratori hanno però comunque diritto a lavorare in un ambiente salubre, senza essere esposti a lungo al sole rovente o con sistemi di protezione adeguati.

Per esempio, l’azienda potrebbe collocare le attività al chiuso nelle ore più calde, assicurare la dotazione di acqua potabile e un abbigliamento consono alle temperature. Se invece non è possibile ridurre il pericolo delle temperature a un livello accettabile deve essere prevista la sospensione delle attività lavorative. Queste indicazioni devono essere contenute nell’obbligatorio Documento di valutazione del rischio, in mancanza del quale il personale può agire legalmente per pretendere condizioni di sicurezza (od obbligare l’azienda a rispettare le misure se il Documento è stato redatto).

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