Un sistema idroelettrico, il più grande al mondo, costruito nel cuore dell’Himalaya. Una sfida ingegneristica senza precedenti.
La Cina sta portando avanti uno dei progetti più ambiziosi e controversi della sua storia: la costruzione di una centrale idroelettrica da 168 miliardi di dollari nel cuore dell’Himalaya che, una volta a regime, è destinata a diventare la più potente del mondo. Una complessa opera ingegneristica composta da varie dighe sul fiume Yarlung Tsangpo, in Tibet. Secondo Pechino, quest’opera è di particolare importanza per ridurre la dipendenza del Paese dai combustibili fossili e avviarsi verso una transizione energetica totale.
Secondo il leader cinese Xi Jinping, il progetto va portato avanti in modo vigoroso ed efficace. Tuttavia, nonostante le rassicurazioni, molte informazioni restano coperte da segreto e non mancano polemiche legate a una zona altamente pericolosa dal punto di vista geografico, oltre ai rischi ambientali e geopolitici.
Un progetto mastodontico non esente da rischi e polemiche
Il progetto mastodontico della costruzione di un impianto elettrico nel cuore dell’Himalaya punta a sfruttare un tratto particolare del fiume noto come la «grande curva», dove il corso d’acqua perde circa 2.000 metri di quota in appena 50 chilometri. Un dislivello di questo tipo potrebbe generare fino a 300 miliardi di chilowattora all’anno grazie alla costruzione di diverse dighe. Si tratterebbe del più grande impianto idroelettrico al mondo.
Il progetto prevede un complesso sistema di bacini artificiali e tunnel scavati sotto le montagne, con almeno cinque centrali idroelettriche sotterranee collegate in cascata per un’estensione complessiva di circa 150 chilometri. L’inizio dei lavori risale allo scorso luglio e, secondo alcuni documenti ufficiali e ricostruzioni basate su immagini satellitari, nell’area sono già in corso opere di costruzione di strade e altre infrastrutture. Tuttavia, secondo diversi esperti, si tratta di un’opera di ingegneria senza precedenti ma anche estremamente complessa e rischiosa, poiché l’area è una delle più sismiche del pianeta, soggetta a terremoti, frane e improvvise inondazioni causate dallo scioglimento dei ghiacciai, fenomeni aggravati dal cambiamento climatico.
C’è poi il problema ambientale, sul quale le preoccupazioni sono enormi, dal momento che il fiume attraversa una riserva naturale con una biodiversità straordinaria, dove vivono animali rari in habitat unici che potrebbero essere minacciati dalla costruzione della gigantesca diga. Esiste inoltre una conseguenza sociale rilevante, poiché migliaia di persone appartenenti a piccole minoranze etniche che vivono nell’area potrebbero essere costrette a lasciare la zona, e le stesse autorità cinesi hanno già ammesso che saranno necessari trasferimenti forzati, promettendo alle comunità locali nuove abitazioni e benefici economici. Tuttavia, diverse testimonianze mostrano come molti residenti non siano disposti ad abbandonare la propria terra e si interrogano sull’impatto che questi spostamenti avranno sulla vita culturale e spirituale delle popolazioni tibetane.
Questione geopolitica, la più delicata
A questo si aggiunge la questione geopolitica, forse la più delicata. A valle, infatti, il fiume entra in India e Bangladesh con il nome di Brahmaputra. È un corso d’acqua fondamentale da cui dipendono decine di milioni di persone per l’agricoltura, la pesca e l’approvvigionamento idrico. In questi Paesi cresce la preoccupazione che la Cina possa trattenere grandi quantità d’acqua a fini strategici attraverso le dighe, causando problemi a valle. Pechino respinge le accuse, affermando di aver studiato il progetto per decenni e di aver adottato misure per garantire l’approvvigionamento idrico e addirittura ridurre il rischio di inondazioni. Tuttavia, molti esperti ritengono che sia impossibile, al momento, avere certezze sugli effetti reali che l’infrastruttura avrà sul flusso del fiume.
In definitiva, se i benefici per la Cina potrebbero essere enormi grazie alla produzione di una quantità imponente di energia elettrica pulita, non mancheranno rischi, tensioni con i Paesi confinanti, problemi ambientali e interrogativi sul rispetto dei diritti delle comunità locali.
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