Un conto corrente in banca non è mai segreto, e ci sono diversi soggetti che possono spiarne i movimenti e le giacenze. Ecco perché bisogna rimanere sempre in linea con quanto prevede la normativa
Chi può spiare il conto in banca? Fino a qualche anno fa il conto corrente era visto come una sorta di scrigno segreto, in cui poteva curiosare solo la banca e il titolare. Il segreto bancario assoluto, però, in Italia non esiste più dal 1991 e le banche sono tenute a fornire a diversi soggetti i dati dei propri correntisti.
Il segreto bancario, di fatto, esiste ancora: un privato cittadino non può sapere quanti soldi ha sul conto il vicino di casa. Il dovere di riservatezza esiste ancora, ma è limitato nei confronti dell’autorità fiscale e quella giudiziaria.
Non solo il Fisco, anche altri soggetti possono controllare il conto corrente dei contribuenti, per avere informazioni su entrate, spese e giacenza media.
In linea di massima, occorre sapere che diversi i soggetti che possono vedere il vostro conto corrente. Si tratta di:
- l’Agenzia delle Entrate;
- l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, che ha sostituito Equitalia nella riscossione dei crediti tributari dal primo luglio 2017;
- Guardia di Finanza;
- Tribunali.
Con la direttiva europea 2019/1153, inoltre, si allarga ancora di più la platea di soggetti autorizzati all’anagrafe tributaria. In questo caso, però, l’accesso ai conti bancari viene dato in caso di reati come riciclaggio di denaro o finanziamento del terrorismo.
Vediamo quindi quali sono le autorità competenti che hanno accesso ai dati dei conti correnti, e che quindi possono sapere in qualsiasi momento quanti soldi ci sono su un determinato conto.
Conto corrente: i dati che guarda l’Agenzia delle Entrate
La prima autorità che ha accesso ai dati dei conti correnti dei contribuenti è l’Agenzia delle entrate. L’Amministrazione finanziaria non guarda solo entrate, uscite e prelievi, ma ha accesso a tutte le informazioni che riguardano:
- conti deposito;
- deposito titoli;
- buoni fruttiferi postali;
- conto terzi;
- prodotti assicurativi;
- investimenti di vario genere;
- carte di credito.
È la banca stessa a dare accesso all’Agenzia delle Entrate: i dati si trovano nell’Archivio dei rapporti finanziari, più famoso come “anagrafe dei conti correnti”, una sorta di enorme database con tutte le informazioni di cui sopra. L’Agenzia delle Entrate ha accesso a questi dati per controllare che non ci siano in atto operazioni volte all’evasione fiscale, comparando quanto presente sul conto e quanto dichiarato nel modello 730.
L’accesso della Guardia di Finanza ai conti bancari
L’altra autorità che ha accesso ai conti correnti è la Guardia di Finanza, che opera insieme all’Agenzia delle entrate per scovare sia gli evasori fiscali che i soggetti che si occupano di riciclaggio di denaro.
I dati analizzati dalle Fiamme Gialle sono:
- tutti i movimenti fatti dal conto, sia in entrata che in uscita;
- il saldo del conto sia a inizio che a fine anno;
- la giacenza media.
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Enti locali: dal Comune alla Regione, chi può controllare i conti correnti
Oltre ad Agenzia delle entrate e Guardia di Finanza, anche gli enti locali hanno accesso ai dati dei conti correnti. Come mai? È semplice: Comuni, Province e Regioni possono controllare i conti bancari per facilitare la riscossione dei tributi e delle tasse di loro competenza.
Anche i creditori possono avere accesso al conto corrente
Hanno accesso ai conti correnti anche i creditori, ma solo previa autorizzazione da parte del giudice. In caso di debiti verso un soggetto, il creditore può procedere con un decreto ingiuntivo, o con una causa, e ottenere una condanna da parte del giudice.
In questo caso, il creditore ottiene l’accesso all’Archivio dei rapporti finanziari e sapere presso quale banca il debitore ha aperto il conto corrente, e procedere quindi con un pignoramento.
Polizia, questori e non solo: la direttiva europea
Il 5 agosto 2021 è stato approvato dal Consiglio dei Ministri lo schema di decreto legislativo inerente la “Attuazione della direttiva (UE) 2019/1153, che reca disposizioni per agevolare l’uso di informazioni finanziarie e di altro tipo a fini di prevenzione, accertamento, indagine o perseguimento di determinati reati, e che abroga la decisione 2000/642/GAI”.
Tale direttiva, insieme ad altre due (2019/878 e 2018/1673), costituisce il cosiddetto Action Plan pubblicato dalla Commissione Europea il 7 maggio 2020. Tramite questo progetto, l’Unione Europea vuole potenziare gli strumenti contro il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo internazionale.
Come si concretizza questa direttiva, cosa cambia per gli italiani? La conseguenza principale è che ci sono più soggetti (sempre competenti) autorizzati all’accesso all’Anagrafe tributaria dei conti correnti. È l’articolo 3 del decreto a stabilire le autorità competenti, ovvero:
- l’ufficio nazionale per il recupero dei beni (Aro);
- l’autorità giudiziaria;
- gli ufficiali di polizia giudiziaria;
- il ministero dell’interno;
- il Capo della polizia;
- i questori;
- il direttore della Direzione investigativa antimafia (Dia, comunque già autorizzata dal dlgs 231/07).
I suddetti soggetti potranno consultare le informazioni dell’anagrafe tributaria dei conti bancari, rimanendo sempre nel proprio ambito di competenza, se necessario per lo svolgimento di un procedimento penale oppure se serve applicare le misure di prevenzione patrimoniali delle leggi antimafia. Vale però anche la possibilità inversa, cioè l’UIF (Unità d’Informazione Finanziaria di Banca d’Italia), la Guardia di Finanza e la DIA possono chiedere informazioni nel rispetto del segreto delle indagini.
In ogni caso gli accessi alle informazioni sui conti correnti si baseranno su convenzioni tra l’Agenzia delle Entrate e le Autorità competenti.
Eppure, tra il dire e il fare c’è di mezzo la burocrazia italiana: la direttiva avrebbe dovuto essere recepita già entro il 1° agosto 2021.
Non sempre si possono avere le informazioni
Tutte le autorità elencate non possono accedere indiscriminatamente ai conti correnti degli italiani. Per farlo devono essere in possesso di elementi concreti che sostengano il sospetto di evasione fiscale. Solo quando emergono gli indizi concreti, l’amministrazione finanziaria e gli altri organi, possono accedere a informazioni dettagliate su saldo, giacenze e movimentazioni.
Oltre questo, va precisato anche che i chiarimenti possono essere richieste solo sulle somme accreditate. Le informazioni possono essere ottenute grazie a due principali canali:
- la consultazione dell’Anagrafe Tributaria;;
- indagini bancarie mirate.
I creditori privati, invece possono indagare solo sulla disponibilità economica del debitore, ma solo a determinate condizioni:
- deve essere in possesso del decreto ingiuntivo;
- ha intimato un pagamento entro un termine tramite atto di precetto;
- ha ottenuto l’autorizzazione dal Tribunale per accedere all’Anagrafe Tributaria.
Il creditore, in ogni caso, può ottenere il saldo del conto corrente, ma non le movimentazioni.
Il conto cointestato
In conclusione, oggigiorno la situazione è completamente mutata a favore di una politica mirata alla maggiore trasparenza. Questa scelta dipende dall’alta percentuale di evasione fiscale che avviene nel nostro Paese ogni anno.
Alcuni dati, come le stime della “Relazione sull’Economia Non Osservata e sull’evasione fiscale e contributiva” dell’Istat presentata alla NADEF 2019, indicano che in media, nel triennio 2014-2016, sia rilevabile un divario tra le imposte e i contributi effettivamente versati rispetto a quanto i contribuenti avrebbero dovuto versare pari a circa 109,7 miliardi di Euro.
Per questo motivo, seppure solo in determinate circostanze e da parte di specifiche persone fisiche o giuridiche, i dati relativi al nostro conto corrente possono diventare accessibili.
Per finire ricordiamo che nell’agosto del 2021 il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di decreto legislativo inerente l’attuazione della direttiva UE 2019/1153. Proprio quest’ultima, come già detto, amplia la platea dei soggetti che possono effettuare controlli.
Oltre ai soggetti poc’anzi citati, infatti, si annoverano anche polizia giudiziaria, questura, direttore della Direzione investigativa antimafia, ovvero DIA, ma anche Ministero dell’Interno e l’Aro, ovvero l’ufficio nazionale per il recupero dei beni.
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