Preoccupazioni sulla privacy di ChatGPT. Ecco cosa “vede” e “sente” davvero l’AI di OpenAI e le implicazioni per la protezione dei dati personali.
L’intelligenza artificiale di OpenAI continua a evolversi a ritmi vertiginosi, e con essa crescono le preoccupazioni degli utenti riguardo alla privacy e alla sicurezza dei propri dati personali. ChatGPT, il chatbot più utilizzato al mondo con oltre 200 milioni di utenti attivi mensili, si trova al centro di un dibattito sempre più acceso sulla trasparenza delle sue funzionalità di raccolta dati.
Recenti dichiarazioni di esperti del settore, o sedicenti tali, hanno sollevato interrogativi su cosa effettivamente «veda» e «senta» questo sistema di intelligenza artificiale, spingendo molti a chiedersi se le loro conversazioni private siano davvero al sicuro.
La questione assume particolare rilevanza in un momento storico in cui la protezione dei dati personali è diventata una priorità assoluta per consumatori e regolatori, specialmente nell’Unione Europea dove il GDPR stabilisce standard rigorosi per il trattamento delle informazioni sensibili.
ChatGPT vede e sente gli utenti?
Ciclicamente, spuntano video in cui alcuni creator sui social media promuovono l’idea che l’intelligenza artificiale ci osservi e la possibilità che ChatGPT ci veda attraverso la telecamera anche senza che la accendiamo.
Si tratta di dichiarazioni allarmistiche che arrivano in un momento in cui le applicazioni di intelligenza artificiale sono diventate parte integrante della nostra vita quotidiana. Le utilizziamo per la ricerca, la scrittura, la progettazione e a volte persino per “parlare” un po’ con qualcuno. Ma con l’espansione delle loro enormi capacità, aumenta anche il mistero e l’incertezza.
In questo contesto, l’ingegnere Rami Al-Meligy, esperto di intelligenza artificiale e sicurezza informatica, ha recentemente condiviso con Sky News Arabia alcune considerazioni.
Quando si scarica un’applicazione su un telefono, vengono visualizzate una serie di richieste di autorizzazione, tra cui l’autorizzazione all’accesso al microfono e alla fotocamera, che rappresenta l’aspetto più pericoloso.
“Consigliamo sempre agli utenti di revocare le autorizzazioni concesse a qualsiasi applicazione immediatamente dopo averla utilizzata”, dichiara l’esperto. Una pratica raccomandata anche dalla guida utente di OpenAI, che invita a revocare i permessi concessi una volta terminato l’uso delle funzionalità.
In pratica, ChatGPT non utilizza informazioni personali identificabili dell’utente. Utilizza solo alcune semplici informazioni che possono essere consultate nelle conversazioni successive, come nome, età e cibi preferiti, ad esempio. Tuttavia, è possibile impedire il salvataggio di queste informazioni nelle impostazioni.
Nella pratica, ChatGPT non attiva il microfono o la fotocamera per raccogliere dati sulla persona.
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La privacy degli utenti su ChatGPT
Un’analisi approfondita delle funzionalità tecniche di ChatGPT rivela una realtà più sfumata rispetto alle preoccupazioni spesso amplificate dai media. Il sistema di OpenAI non possiede capacità di sorveglianza attiva nel senso tradizionale del termine: non può accedere alle telecamere o ai microfoni dei dispositivi degli utenti senza esplicita autorizzazione, né può «vedere» o «sentire» oltre i confini delle conversazioni testuali che gli vengono sottoposte direttamente.
Tuttavia, la situazione si complica quando consideriamo le modalità di funzionamento dell’intelligenza artificiale e i processi di apprendimento automatico che la alimentano. ChatGPT analizza e processa ogni singola interazione per migliorare le proprie prestazioni e crea un archivio di conversazioni che, seppur anonimizzate secondo le dichiarazioni di OpenAI, rappresentano comunque un patrimonio informativo di valore inestimabile.
Gli esperti di cybersecurity sottolineano che il vero rischio non risiede in una presunta capacità di spionaggio diretto, ma piuttosto nella capacità del sistema di reperire informazioni sensibili attraverso l’analisi dei pattern conversazionali e dei metadati associati alle interazioni.
Questa forma di intelligenza deduttiva può potenzialmente rivelare dettagli personali, preferenze, abitudini e persino stati emotivi degli utenti, creando profili digitali estremamente dettagliati anche senza accesso diretto a telecamere o microfoni.
Parola chiave: trasparenza
La trasparenza di OpenAI riguardo alle proprie pratiche di gestione dei dati rappresenta un elemento cruciale per valutare l’affidabilità del servizio. L’azienda di Sam Altman ha implementato diverse misure di protezione, inclusa la possibilità per gli utenti di disattivare la memorizzazione delle conversazioni e di richiedere la cancellazione dei propri dati attraverso specifiche procedure.
Tuttavia, esperti legali specializzati in privacy digitale evidenziano alcune zone grigie nelle politiche di OpenAI, particolarmente riguardo ai tempi di conservazione dei dati e alle modalità di anonimizzazione. La società californiana dichiara di utilizzare le conversazioni degli utenti per addestrare i propri modelli di intelligenza artificiale, ma i dettagli tecnici di questo processo rimangono spesso opachi e alimentano delle preoccupazioni legittime sulla possibilità che informazioni personali possano essere inavvertitamente incorporate nei dataset di training.
Il paradosso della privacy nell’era dell’AI emerge chiaramente: per offrire risposte sempre più accurate e personalizzate, i sistemi di intelligenza artificiale necessitano di accedere a quantità crescenti di dati personali. Il risultato? Una tensione intrinseca tra utilità del servizio e protezione della privacy individuale.
I dati valgono. E tanto
Le implicazioni economiche e sociali di questa dinamica si estendono ben oltre le preoccupazioni individuali sulla privacy e toccano aspetti fondamentali del mercato digitale europeo e delle strategie di investimento nel settore tecnologico. Il valore dei dati generati dalle interazioni con ChatGPT è stimato in miliardi di dollari. Rappresenta un asset strategico che potrebbe influenzare significativamente la posizione competitiva di OpenAI nel panorama dell’intelligenza artificiale globale.
Per gli investitori italiani e europei, questa situazione presenta opportunità e rischi in egual misura: da un lato, le aziende che sviluppano soluzioni di AI privacy-focused potrebbero beneficiare di una crescente domanda di alternative più trasparenti; dall’altro, l’eventuale inasprimento delle regolamentazioni europee potrebbe limitare l’accesso a tecnologie innovative sviluppate oltreoceano.
La questione della sovranità digitale europea assume così una dimensione economica concreta, con potenziali ripercussioni sui mercati finanziari e sulle strategie di diversificazione degli investimenti tecnologici. La capacità di distinguere tra preoccupazioni legittime e allarmismo infondato diventa essenziale per prendere decisioni informate, sia come consumatori che come investitori in un settore in rapida evoluzione.
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