Startup Act

Startup Act

di Cristina Crupi

Cedere il codice sorgente del software: che fare?

Cristina Crupi

30 gennaio 2023

Cedere il codice sorgente del software: che fare?

Il codice sorgente è proprietà dello sviluppatore, ma a volte le aziende ne richiedono la cessione. Cosa fare e come tutelare la proprietà del software?

Sempre più spesso accade che le società di ingegneria di software ricevano da parte delle società clienti la richiesta di cessione non soltanto del software ideato e sviluppato ma anche del relativo codice sorgente.

Un bel cambiamento in questo mercato poiché, fino a qualche tempo, fa il software veniva concesso in licenza d’uso e il tema del codice sorgente non si poneva neppure.

Ma le esigenze di interconnessione dei software con sempre maggiori database esterni, altri programmi, hardware in uso alle società, o l’attività di diagnostica e manutenzione, o semplicemente la necessità di tutelare l’investimento economico sopportato dal cliente per la realizzazione del software stesso, spinge sempre di più le società a richiedere la messa a disposizione del codice sorgente, che può essere definito come il flusso di esecuzione del programma, ovvero il testo di un algoritmo di un programma scritto dal creatore del software.

Che fare allora? Concedere il codice sorgente, con il rischio che esso sia modificato, elaborato, copiato e quant’altro oppure non concederlo con il rischio di perdere l’accordo con il cliente?

Un bel dilemma, al quale però è possibile dare una risposta giuridicamente idonea e che consenta di contemperare le esigenze di tutti.
Innanzitutto va brevemente ricordato che il software, così come il codice sorgente, sono asset intangibili dai quali spesso dipendono la vita e le prospettive aziendali e, in linea generale, sono tutelati dal diritto d’autore, alla stregua quindi di ogni altra opera dell’ingegno originale e di carattere creativo.

Affinché, invece, un software possa godere della tutela brevettuale, è necessario che esso abbia la funzione di risolvere un problema tecnico e che quindi, secondo l’European Patent Office (EPO), abbia “un ulteriore effetto tecnico che vada al di là della normale interazione fisica tra programma e computer”.

Il diritto d’autore sul software e sul codice sorgente è costituito dai diritti morali, che rimangono sempre attribuiti all’autore/sviluppatore, e i diritti patrimoniali, che riguardano lo sfruttamento economico dell’opera e che possono essere oggetto di cessione.

Ecco quindi che nei rapporti commerciali tra sviluppatore e società cliente può trovare opportunamente spazio un contratto di cessione del software con riserva di alcuni diritti e facoltà.

Un contratto atipico, che può annoverarsi tra i contratti del software, con il quale si può prevedere la cessione del software e la messa a disposizione del codice sorgente esclusivamente per le esigenze interne alla società cliente, con la riserva pertanto in capo allo sviluppatore della proprietà intellettuale, quindi dei diritti morali del diritto d’autore.

Naturalmente è fondamentale declinare bene nel contratto i diritti concessi e quelli che restano invece in capo allo sviluppatore, così come è necessario declinare tutti gli obblighi ai quali si dovrà attenere la società cliente, ad esempio il divieto di divulgazione a terzi del codice sorgente, e le eventuali penali da prevedere in caso di violazione.

Questa tipologia di contratto, quindi, da un lato soddisfa le richieste delle società clienti di ottenere anche il codice sorgente, dall’altro tutela in modo opportuno la proprietà intellettuale degli sviluppatori. Se si desidera avere maggiore certezza probatoria in ordine alla paternità e alla data di creazione del programma, sarà anche possibile e utile registrarlo presso la Siae.

Cristina Crupi

Avvocato specializzata in diritto societario, esperta di startup, PMI e innovazione. È autrice del “Codice delle Startup” e del “Codice delle PMI”.

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