Casa familiare, l’assegnazione non è per sempre. Ecco quando si deve lasciare

Patrizia Del Pidio

13 Agosto 2025 - 16:20

L’assegnazione della casa familiare non è per sempre dopo la separazione o il divorzio. Ecco quando l’ex coniuge è costretto a lasciarla e perchè.

Casa familiare, l’assegnazione non è per sempre. Ecco quando si deve lasciare

Con la sentenza di separazione o divorzio, la casa familiare viene assegnata a uno dei due coniugi. In presenza di figli minori, la casa coniugale è assegnata a quello con cui convivono indipendentemente da chi ne sia il proprietario. Il diritto riconosciuto all’ex coniuge, però, non è permanente, poiché si tratta di una misura temporanea che viene meno quando i figli diventano maggiorenni e iniziano a lavorare.

A ribadirlo è la sentenza 316 del 16 giugno 2025 con la quale il Tribunale di Asti ha chiarito che l’assegnazione della casa familiare è legata alla non autosufficienza dei figli. Quando questo presupposto viene meno il diritto di vivere nella casa in questione viene meno sia per il figlio che per il genitore che viveva con lui.

L’assegnazione della casa coniugale non rientra nel mantenimento dell’ex coniuge e l’unica funzione che ha è quella di tutelare i figli durante la crescita: si vuole evitare che oltre al trauma della separazione dei genitori la prole debba vivere anche lo sradicamento dall’ambiente di vita, come la scuola frequentata o le amicizie consolidate.

La revoca dell’assegnazione della casa coniugale

Quando il figlio maggiorenne è economicamente autonomo il diritto a vivere nella casa coniugale viene revocato perché viene meno il presupposto che ne giustifica l’assegnazione. Il beneficiario dell’assegnazione della casa coniugale è il figlio e non l’ex coniuge che può abitarla solo per il fatto di convivere con il figlio.

Come ha chiarito la sentenza del Tribunale di Asti, l’assegnazione viene revocata una volta che il figlio diventa economicamente autonomo poiché viene meno il bisogno di tutela. A revocare l’assegnazione, però, deve essere il giudice e il diritto di abitare nella casa viene meno sia per il figlio che per l’ex coniuge.

In questo caso, se l’immobile è in comproprietà i due ex coniugi dovranno decidere se venderlo o come gestirne l’uso. Se, invece, è di proprietà esclusiva dell’ex coniuge che non ci vive, quest’ultimo torna in pieno possesso dell’immobile e può chiedere all’altro di lasciarlo libero.

Come si stabilisce se un figlio è economicamente autosufficiente?

Per stabilire quando il figlio è autosufficiente economicamente non esiste un limite di reddito stabilito dalla legge, la cosa deve essere valutata caso per caso dal giudice. Non è necessario avere un lavoro a tempo indeterminato o un reddito alto, è sufficiente che il figlio maggiorenne abbia la capacità di produrre reddito. Anche un lavoro precario permette di avere la possibilità concreta di mantenersi da soli.

La casa coniugale rimane un diritto per il figlio (e per il genitore che con lui convive) fino a quando non riesce a camminare sulle proprie gambe.

La casa coniugale assegnata deve essere, quindi, considerata una tutela temporanea e non un’eredità anticipata. Non è un diritto a vita per il figlio, né per l’ex coniuge al quale è stata assegnata.

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